DIABETE: LA SOMMINISTRAZIONE DI INSULINA E’ DAVVERO SICURA?

23-04-2015

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue e dovuta a un’alterata funzione dell’insulina, un ormone, prodotto dal pancreas, che regola l’utilizzo del glucosio come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel sangue. In Italia, secondo i dati riportati nell’annuario statistico ISTAT 2013, il 5,4% della popolazione soffre di questa patologia: sono circa 3 milioni di persone. Le terapie tradizionali per il diabete prevedono la somministrazione di insulina per iniezione, i farmaci orali, la dieta e l’esercizio. In questi ultimi anni, però, si sta accendendo un ampio dibattito su quanto l’insulina sintetica possa essere realmente “salutare” per i pazienti affetti da diabete e quali possano essere i suoi effetti collaterali. Soprattutto se si tratta di diabetici di tipo 2 per i quali, in una buona parte dei casi, il rispetto di una dieta specifica e la pratica costante di attività fisica possono portare ottimi risultati in termini di controllo dei valori di glicemia.
La somministrazione dell’insulina, considerata indispensabile per chi è affetto da diabete di tipo 1, è spesso usata come coadiuvante anche per chi soffre di quello di tipo 2. Le ricerche in questo senso sono varie. Secondo uno studio intitolato “Glucose-lowering with exogenous insulin monotherapy in type 2 diabetes: dose association with all-cause mortality, cardiovascular events and cancer”, esisterebbe un’associazione tra l’aumento della dose di insulina esogena e un aumento del rischio di mortalità e, per le persone con diabete di tipo 2, di sviluppare il cancro. Secondo un altro studio, condotto dalla Vanderbilt University di Nashville e pubblicato sulla rivista scientifica Jama, “tra i pazienti con diabete di tipo 2 che ricevevano metformina, l’aggiunta di insulina rispetto a una sulfonilurea è stato associato ad un aumentato rischio di eventi cardiovascolari non fatali e di mortalità per molteplici cause”. I dati, che sono stati estrapolati in maniera retrospettiva da tre database statunitensi mostrerebbero quindi che la somministrazione di insulina, in alcuni casi, può incrementare il rischio di mortalità.
I ricercatori americani hanno comparato i risultati di due terapie contro il diabete su un campione preso da 180.000 pazienti in cura con la sola metformina nel periodo tra il 2001 e il 2008. Per quattordici mesi a un gruppo di 2.500 di loro è stata aggiunta l’insulina, mentre ad altri 12.000 la sulfonilurea. Il gruppo che aveva ricevuto metformina abbinata all’insulina ha mostrato un tasso più alto di decessi per svariate cause, mentre i casi di ictus, infarto e altre patologie cardiovascolari è rimasto pressoché identico nei due campioni di individui censiti. Andando indietro nel tempo, uno studio osservazionale di coorte condotto tra il 1991 e il 1996 su 12.272 nuovi utilizzatori di antidiabetici per bocca, in cui i pazienti erano suddivisi tra coloro che non venivano trattati con insulina (soggetti di controllo) e quelli che ne avevano fatto uso con maggiore o minore intensità (da meno di tre a più di 12 prescrizioni all’anno), suggerirebbe una possibile associazione tra dosaggi elevati di insulina e maggiore rischio di mortalità. Un ulteriore studio, pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, ha invece ipotizzato che la somministrazione di insulina a pazienti affetti da diabete di tipo 2 può innescare l’insorgenza del diabete di tipo 1. Nonostante i dati delle ricerche vadano presi con le dovute cautele, i risultati ottenuti hanno aperto un ampio dibattito su quali siano le dosi ottimali di insulina per controllare la malattia e ridurre gli effetti avversi, ma anche su quali siano i casi particolari in cui somministrarla o meno.
La scoperta dell’insulina avvenne negli anni Venti. Nello stesso periodo, si arrivò anche alla sua produzione in laboratorio a partire da un ceppo di Escherichia coli. All’inizio, a venire usati a scopi terapeutici erano soprattutto gli ormoni di origine suina e bovina. Fino a quando non divenne disponibile quella umana, grazie all’ingegneria genetica, alla fine degli anni Settanta. L’insulina sintetica è diventata nel corso degli anni il fiore all’occhiello del settore biotech, essendo il primo prodotto di successo realizzato attraverso la tecnologia del DNA ricombinante. Eppure c’è chi afferma che, la struttura dell’insulina sintetica e la sua funzione divergano radicalmente dal tipo di insulina che il nostro corpo produce naturalmente. Questo porterebbe con sé conseguenze ed effetti collaterali, come abbiamo visto nei diversi studi precedentemente presentati.
Ovviamente questa non è una consulenza medica, tantomeno un suggerimento a interrompere le terapie per tenere sotto controllo il diabete e procedere all’auto-trattamento con rimedi naturali. È solo un modo per attirare l’attenzione sui rischi che possono comportare gli interventi farmacologici e sulla necessità di cercare alternative naturali controllate attraverso la ricerca clinica. Cosa che, anche se molto lentamente, sta già avvenendo. La ricerca in questi ultimi anni si è focalizzata sia su alcune sostanze che possono contribuire a peggiorare le condizioni di salute dei malati, che su altre che possono invece aiutare a migliorarle. Oltre naturalmente a pratiche, come lo yoga, regimi alimentari attenti ed esercizio fisico, che possono avere un impatto positivo sulla condizione.
La curcuma, ad esempio, è un ottimo alleato naturale che interviene per curare e prevenire l’insorgenza del diabete in soggetti predisposti. Se un semplice intervento basato sull’utilizzo di una spezia può impedire lo sviluppo di una malattia che affligge un numero importante di persone in tutto il mondo, allora la scienza dovrebbe concentrare maggiormente i propri sforzi in questa direzione. Soprattutto se interventi farmaceutici appaiono in alcuni casi peggiori delle malattie per le quali vengono utilizzati. Ma forse, in questo, l’industria farmaceutica non è così disposta a investire!

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25399739

http://jama.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=1878717

http://press.endocrine.org/doi/abs/10.1210/jc.2014-1759

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