VITAMINA D E K: QUESTE SCONOSCIUTE.

30-04-2015

VITAMINA D

Ancora non per molto potremo chiamare vitamina D il calciferolo. Questa sostanza, infatti, non è una vitamina nel vero senso della parola, anzi, per molti mammiferi non può neanche essere considerata una sostanza nutrizionale: essa è un precursore degli ormoni steroidei non presente naturalmente negli alimenti. Il calciferolo è liposolubile e viene prodotto dal nostro corpo durante l’esposizione ai raggi ultravioletti solari. La vitamina D esiste in diverse forme ognuna con differenti attività anche se alcune forme sono relativamente inattive nell’organismo con una funzionalità limitata in qualità di vitamina. Fegato e reni convertono la vitamina D nella sua forma ormonale attiva. Come risaputo, la funzione biologica principale della vitamina D è quella di mantenere normali i livelli ematici di calcio e fosforo. Essa aiuta l’assorbimento del calcio promovendone le varie funzioni specialmente a livello osseo.
L’esposizione ai raggi ultravioletti è la fonte più importante per attivare la sintesi cutanea di vitamina D. La stagione, la latitudine, l’ora del giorno, la nuvolosità, lo smog e le creme protettive con protezione superiore a 8, limitano grandemente l’esposizione ai raggi UV e, ci crediate o no, le persone con un livello scarso di questa vitamina sono molto più di quello che si possa immaginare anche perché la sua supplementazione è consigliata solo per i neonati allattati al seno in quanto il latte materno non contiene tale vitamina. Prima di considerare un’eventuale supplementazione a base di vitamina D, è consigliabile conoscere il suo livello ematico. Sono disponibili due test differenti nei laboratori: il dosaggio dell’1-25(OH)D e del 25(OH)D. L’analisi corretta è quella del 25(OH)D chiamata anche 25-idrossivitamina D e i valori normali differiscono da quelli ottimali. Il dottor Michel Holick, una della principali autorità mondiali sulla vitamina D, ha studiato i livelli ottimali necessari per la salute definendone l’intervallo. I livelli di vitamina D NON devono mai scendere sotto i 32ng/ml; valori inferiori a 20ng/ml sono considerati gravi carenze che incrementano il rischio di sviluppare patologie come tumori mammari e prostatici e malattie autoimmuni come MS e artrite reumatoide.
Livelli ottimali di 25(OH)D: 45-50 ng/ml oppure 115-128 nmol/l.
Intervallo di normalità: 20-56 ng/ml oppure 50-140 nmol/l.

VITAMINA D E MINERALIZZAZIONE OSSEA

Solo negli Stati Uniti si stima che oltre 25 milioni di persone siano affette o a rischio di sviluppare osteoporosi, malattia caratterizzata da una marcata fragilità ossea con rischio aumentato di fratture. Il rachitismo e l’osteomalacia, sono patologie analoghe che già da 75 anni sono state riconosciute provocate da una carenza di vitamina D: la loro prevenzione e cura con olio di fegato di merluzzo costituisce uno dei primi trionfi della scienza nutrizionale. Mantenere una riserva organica efficace di calciferolo aiuta a mantenere bilanciata la mineralizzazione ossea prevenendo l’osteoporosi negli anziani, nelle donne in post-menopausa e in individui in trattamento cronico con steroidi.
Ma il calcio è proprio necessario per rimineralizzare le ossa? Ebbene, sono circa 30 anni che numerosissimi ricercatori continuano a dire l’opposto senza successo: ora ne abbiamo un’ulteriore conferma grazie ad un lavoro pubblicato sull’America Journal of Nutrition che conferma l’importanza della classificazione metabolica nell’uso dei nutrienti. I parasimpaticotonici, infatti, non hanno beneficio alcuno nell’assumere calcio. Il calcio, inoltre, è largamente dipendente dall’azione dell’1-25-diidrossivitamina D per il suo trasporto attivo, specialmente se assunto a basse o moderate dosi. Una carenza di vitamina D provoca una riduzione dell’assorbimento del calcio, incrementa i livelli ematici di paratormone ed aumenta la velocità di riassorbimento osseo che eventualmente potrebbe portare a fratture ossee.

VITAMINA D E CANCRO

Al giorno d’oggi sappiamo per certo che, a prescindere dal ruolo fondamentale nella regolazione del calcio corporeo, la forma attiva della vitamina D agisce in qualità di effettiva regolatrice della crescita cellulare e della differenziazione in un vasto numero di tipologie cellulari incluse quelle cancerose. Diversi studi clinici dimostrano infatti una netta relazione fra la carenza di vitamina D e quattro delle neoplasie più comuni; mammarie, prostatiche, del colon e cutanee. Una forma particolare di vitamina D (analogo della vitamina D EB 1089) è in grado di incrementare notevolmente l’efficacia della radioterapia nei tumori mammari specialmente nei confronti di cellule cancerose resistenti alle radiazioni.

VITAMINA D E DIABETE

Una carenza di vitamina D è stata associata ad una carenza di insulina e a resistenza insulinica: la carenza di questa vitamina è il fattore principale eziologico per lo sviluppo del diabete Tipo I nei bambini.

VITAMINA D E CARDIOPATIE

La resistenza insulinica è una delle cause principali di sviluppo delle malattie cardiocircolatorie. Nei paesi nordici, queste patologie sono più diffuse e gli attacchi cardiaci sono molto più comuni nei mesi invernali.

VITAMINA D E INFIAMMAZIONE

Alcuni ricercatori del Belgio hanno dimostrato che piccoli quantitativi di vitamina D (circa 500 UI) sono in grado di ridurre i livelli di Proteina C-Reattiva (PCR) e di Interleuchina-6 (IL-6) in pazienti in fase infiammatoria acuta. Come ulteriore dimostrazione del legame diretto, tali pazienti risultavamo marcatamente carenti in calcidiolo [25(OH)D], unico vero marker per la vitamina D, nonché in calcitriolo, la forma attiva che è carente solo in caso di severa deficienza. Questo dato è avallato da altri lavori che hanno dimostrato come una carenza di vitamina D sia associata ad un aumento del processo infiammatorio in individui per altro apparentemente sani. Questo è un dato molto importante perché associa la carenza di vitamina D a numerose patologie a componente infiammatoria come ipertensione, cardiopatie, diabete e malattie autoimmuni.

VITAMINA D E ARTRITE

La progressione dell’artrite degenerativa del ginocchio e dell’anca è più veloce negli individui con un livello basso di vitamina D ematica.

VITAMINA D, INFERTILITA’ E PMS

E’ stata trovata una relazione fra infertilità e carenza di vitamina D. La sindrome pre-mestruale (PMS) è trattata con successo con una supplementazione di calcio, magnesio e vitamina D.

VITAMINA D, ASTENIA, DEPRESSIONE

L’attivazione della vitamina D a livello delle ghiandole surrenali regola la tirosin-idrossilasi, enzima necessario per la produzione di dopamina, adrenalina e noradrenalina. Bassi livelli di vitamina D contribuiscono all’insorgenza di fatica cronica e depressione. Uno studio pubblicato recentemente ha evidenziato come la somministrazione di vitamina D, comparandola a fototerapia (2 ore al giorno di lampada “light box”), abbia risolto completamente la depressione del gruppo in esame al contrario di quello sottoposto a fototerapia.

VITAMINA D E MALATTIE AUTOIMMUNI

Sclerosi Multipla, morbo di Sjogren, artrite reumatoide, tiroidite e morbo di Crohn sono tutte patologie legate ad un livello scarso di vitamina D. Nelle malattie autoimmuni, di base è sempre presente uno squilibrio di funzione del nostro sistema immunitario. Esposizioni a raggi UV-B singole, infrequenti e molto intense sono dannose e in grado di sopprimere il sistema immunitario. Al contrario un’esposizione cronica di bassa intensità, normalizza la funzione immunitaria e incrementa la produzione di cellule immunitarie deputate a ridurre le risposte infiammatorie anomale connesse con le malattie autoimmuni. Ciò vale specialmente per gli individui affetti da Sclerosi Multipla. La vitamina D è in grado di regolare alcune sostanze chiamate citochine a loro volta modulatrici del sistema immunitario e queste regolazioni sono benefiche per questi pazienti.

VITAMINA D E OBESITA’

Una carenza di vitamina D è stata associata all’obesità. Recentemente è stato pubblicato uno studio che dimostra come la vitamina D riduca la secrezione di leptine, ormoni prodotti dalle cellule adipose coinvolti nella regolazione del peso corporeo. In aggiunta, essendo la vitamina D liposolubile e quindi maggiormente depositata nel grasso corporeo, in caso di obesità può peggiorare la sua biodisponibilità sia a livello cutaneo che alimentare.

VITAMINA D E STEROIDI

Gli steroidi, come ad esempio il prednisone, sono potenti farmaci antinfiammatori essenziali per alcune patologie, ma che presentano notevoli effetti collaterali fra cui una diminuzione dell’assorbimento del calcio. Esistono alcuni dati che evidenziano come gli steroidi possano alterare anche il metabolismo della vitamina D, contribuendo ulteriormente alla perdita di tessuto osseo e allo sviluppo di osteoporosi associata a terapia steroidea. Per questo motivo si consiglia vivamente agli individui in trattamento steroideo cronico di supplementarsi con integratori a base di vitamina D.

VITAMINA K

Per quanto riguarda la vitamina K (chiamata la vitamina “dimenticata”), tutti sanno che è la vitamina regolatrice della coagulazione sanguigna e nulla più. Le cose, invece, non stanno proprio così. Dei tre isomeri, quello più utile per la salute umana è il fillochinone o vitamina K1.
La vitamina K è una vitamina liposolubile non facilmente assorbibile dal nostro corpo. Ciò significa che, per poterla assorbire efficacemente è necessario somministrarla con un pasto che contenga un certo quantitativo di grassi. Le fonti alimentare migliore per questa vitamina sono i cibi fermentati come ad esempio il natto che contengono svariati milligrammi di vitamina K anche superiori alla dose media raccomandata di 3000 mcg al giorno. Problematiche come scarsa alimentazione o diete restrittive; morbo di Crohn, colite ulcerosa, morbo celiaco e patologie che interferiscono con l’assorbimento dei nutrienti; patologie epatiche che interferiscono con l’immagazzinamento; assunzione di farmaci come antibiotici ad ampio spettro, statine e aspirina, sono in grado di provocare una carenza della vitamina. Non è consigliabile assumere la vitamina K in gravidanza al di sopra della dose media consigliata (65 mcg al giorno) o in presenza di ictus, patologie cardiocircolatorie e negli individui predisposti alla produzione di trombi.

VITAMINA K E OSTEOPOROSI

La supplementazione con vitamina K è l’intervento terapeutico nutrizionale più importante per migliorare la densità ossea. Questa vitamina è fondamentale affinché il calcio si inserisca all’interno della matrice ossea. L’osteocalcina è una proteina specificamente prodotta dagli osteoblasti e utilizzata all’interno del tessuto osseo come parte fondamentale del processo di formazione. Questa proteina, però, deve essere carbossilata per poter essere funzionale. La vitamina K è un cofattore dell’enzima che catalizza la carbossilazione dell’osteocalcina. Alcuni studi recenti hanno dimostrato l’equivalenza di effetti fra la vitamina K e i farmaci bifosfonati senza però provocarne i gravi effetti collaterali fra cui ricordiamo infiammazioni in vari tessuti corporei fra cui l’occhio (con alcuni casi di conseguente cecità), scompenso renale ed epatico. Forse la maggior parte dei medici non sa che questi farmaci sono tossici e che contengono gli stessi tipi di sostanze chimiche usate per rimuovere lo strato di sporco che si accumula negli scarichi dei lavabi.

VITAMINA K E ATEROSCLEROSI

La vitamina K aiuta a prevenire l’indurimento arterioso. I dati della ricerca suggeriscono che il suo ruolo sia quello di impedire la deposizione del calcio all’interno sia delle pareti vasali sia in altri tessuti corporei.

VITAMINA K E CANCRO

Vari studi hanno dimostrato che la vitamina K1 e K2 sono efficaci contro il cancro. Un lavoro pubblicato sull’International Journal of Oncology (settembre 2003) ha dimostrato che l’uso di vitamina K2 in pazienti affetti da cancro polmonare ha rallentato la crescita delle cellule cancerose. Vari studi precedenti hanno evidenziato i benefici della vitamina nel trattamento delle leucemie. La maggior parte delle ricerche si sono basate sull’uso di vitamina K3 (quella sintetica) assunta ad alte dosi, spesso utilizzata contemporaneamente alla chemioterapia per aumentarne l’efficacia.Tuttavia i maggiori esperti consigliano l’utilizzo delle due forme naturali K1 (fillochinone) e K2 (menachinone). In uno studio pubblicato su Alternative Medicine Review (agosto 2003), 30 pazienti affetti da carcinoma epatocellulare, sono stati trattati con vitamina K1. La patologia si è stabilizzata in 6, 7 hanno avuto una risposta parziale, 7 hanno avuto un miglioramento della funzionalità epatica e 15 una normalizzazione della protrombina. E’ dunque consigliabile supplementarsi con questa vitamina specialmente in presenza di una storia familiare di neoplasie.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10986622

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12540413

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