01-05-2015
Secondo lo studio condotto dai ricercatori dell’Ospedale di San Daniele del Friuli di Udine e presentato durante i lavori dell’incontro annuale dell’European Society of Cardiology, nei soggetti ipertesi la normale azione preventiva offerta dalla bevanda si trasformerebbe invece in un effetto tutt’altro che positivo. Sugli effetti benefici del caffè nei confronti del diabete di tipo 2 si era espressa la Harvard University’s School of Public Health, i cui risultati avevano indicato una riduzione del rischio di sviluppare la patologia pari a circa l’11%. Tale condizione muterebbe però in caso di ipertensione, come sostenuto dai ricercatori italiani. Inserita all’interno dello programma “HARVEST” (Hypertension and Ambulatory Recording VEnetia STudy), la ricerca italiana condotta dal Prof. Lucio Mos ha coinvolto 639 pazienti ipertesi inseriti nel macro-studio, di età compresa tra i 18 e i 59 anni. Il 74% di loro consumava caffè, il 13% dei quali oltre le 3 tazzine al giorno.
Alle statistiche sul consumo di caffè sono stati abbinati test sul genotipo CYP1A2, l’enzima responsabile dell’assimilazione della caffeina, riscontrando come la bevanda venisse metabolizzata in maniera lenta dal 58% dei partecipanti. Tale schema conduce nel tempo, spiegano i ricercatori, a un aumento del glucosio nel sangue e a conseguenti situazioni di pre-diabete. Il rischio per chi consuma più tre tazzine aumenterebbe fino al 34%. Come ha spiegato lo stesso Mos: “I nostri risultati contraddicono studi precedenti secondo cui il consumo di caffè può ridurre il rischio di diabete di tipo 2. I dati di HARVEST suggeriscono invece che nei pazienti ipertesi il consumo di caffè dovrebbe essere considerato un fattore di rischio per il pre-diabete.
http://www.sciencedaily.com/releases/2014/09/140902093427.htm
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-09/esoc-cip082214.php