01-05-2015
Non si è soliti ammetterlo, ma uno dei principali effetti dell’esplosione dei servizi online nella vita di tutti giorni è stato il moltiplicarsi dell’offerta per adulti. Venuti meno i paletti dovuti alla vergogna di doversi recare in edicola per acquistare una rivista hard, la fruizione dei contenuti porno è diventata a portata di click, lontana da giudizi e sguardi indiscreti. Stando a uno studio condotto in Germania, però, l’aumentato ricorso degli ultimi anni avrebbe degli effetti negativi sulle normali attività del cervello. La ricerca, pubblicata su JAMA Psychiatry e per la verità limitata a un campione piccolo di soggetti, ha voluto verificare se vi fosse un collegamento tra consumo di materiali pornografici, dimensioni e funzionalità del cervello. E i risultati sembrano essere, per quanto preliminari, del tutto preoccupanti: un abuso di materiali per adulti potrebbe essere d’intralcio al normale mantenimento dell’area dell’encefalo deputata alla soddisfazione.
I ricercatori hanno analizzato 64 uomini dai 21 ai 45 anni, i quali – tramite questionario – hanno confermato di ricorrere a media pornografici per diverse ore alla settimana. Con l’aiuto della risonanza magnetica, si è quindi verificata la reazione del cervello all’esposizione a immagini per adulti, per capire quale area fosse coinvolta. Dall’indagine è emersa una significativa associazione negativa tra il consumo di pornografia e la materia grigia del caudato destro, così come della funzionale connettività della corteccia dorsolaterale prefrontale sinistra. Si tratterebbe di regioni particolarmente attive quando le persone vengono esposte al normale stimolo erotico, perché legate alla soddisfazione. Negli uomini che usufruiscono di troppi contenuti per adulti, tuttavia, tale attivazione è inferiore, si ipotizza per una sorta di assuefazione allo stesso stimolo.
Al momento, però, non vi sono indicazioni sufficienti per elaborare delle linee guida precise sul consumo di certe forme di intrattenimento privato, anche perché ulteriori studi si renderanno necessari. Oltre al bisogno di verificare queste scoperte su un campione decisamente più ampio, interessante sarà vagliare se si tratti di una condizione reversibile: rimuovendo l’abuso, il cervello ripristina le sue normali funzionalità? Nel frattempo, vale sempre il principio cautelativo: meglio non esagerare.
http://archpsyc.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=1874574