04-05-2015
I MOCA, “materiali a contatto con gli alimenti” sono tutti quei materiali e oggetti destinati a venire a contatto con il cibo: dagli imballaggi, ai contenitori per il trasporto, agli utensili, utilizzati in cucina ma anche all’interno della filiera produttiva. Sono materiali vari come la plastica, la gomma, la carta e il metallo. In questa categoria sono inclusi anche i materiali a contatto con l’acqua destinata al consumo umano, come le bottiglie di plastica. Negli ultimi anni, molti esperti si sono pronunciati in merito alla pericolosità di packaging e utensili da cucina. I rischi sono legati soprattutto alla migrazione di sostanze pericolose all’interno degli alimenti e alla conseguente assimilazione da parte dei consumatori.
Secondo Maria Caramelli, direttrice dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Torino, “Dei circa 3.500 casi di “allerta” che arrivano ogni anno al sistema RASFF, quelli che si riferiscono ai MOCA sono in continuo aumento. Succede perché molte plastiche e contenitori per alimenti arrivano dalla Cina e spesso si tratta di prodotti a basso costo di dubbia qualità. È certo che i materiali a contatto con i cibi, dalla bottiglia di plastica alla pellicola per il microonde, “cedano” sostanze agli alimenti, però ancora non sappiamo con precisione che cosa passa, quanto e in quali condizioni d’uso”. Il Rasff è il Sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi, istituito per fornire uno strumento di scambio delle informazioni circa le misure adottate in risposta a eventuali rischi connessi appunto con alimenti o mangimi a tutte le autorità preposte al controllo degli stessi nei diversi Paesi.
Esistono numerose ricerche che evidenziano i rischi derivanti dal consumo di cibi preconfezionati a contatto con plastica o alluminio. L’ultimo citato è uno studio pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health. Secondo gli esperti che hanno condotto la ricerca sono veramente tanti i materiali a contatto con gli alimenti e ancora di più le sostanze chimiche pericolose, utilizzate negli imballaggi per la conservazione degli alimenti o durante la preparazione dei cibi. Gli studiosi ammettono che la quantità di queste sostanze è regolamentata, ma che è difficile riuscire a stabilire con precisione le dosi immesse realmente nell’organismo, considerati i diversi canali di esposizione e le diverse abitudini alimentari. Inoltre, i danni vengono riconosciuti solo quando è ormai troppo tardi, come è avvenuto ad esempio con il bisfenolo A contenuto nei biberon e poi vietato.
Tra le sostanze chimiche più utilizzate e pericolose, oltre al Bisfenolo A presente in plastiche per contenitori e stoviglie, troviamo ad esempio la formaldeide che, a dosi elevate, può causare il cancro, gli ftalati delle bottiglie, il teflon delle padelle antiaderenti, l’allumino nei fogli per avvolgere il cibo. Per quest’ultimo, in particolare, Luciano Atzori, biologo esperto di sicurezza alimentare, raccomanda: “Meglio, ad esempio, non usarlo a contatto con cibi proteici o grassi, come carne e pesce, perché la cessione di alluminio è facilitata. E le scoperte sono continue: uno studio svedese ha da poco dimostrato che molti frullatori a immersione rilasciano paraffine clorurate; si sa invece da tempo che non si devono usare detersivi a base di varechina in lavastoviglie, perché i residui restano sui piatti e da lì vanno nel cibo”.
http://jech.bmj.com/content/early/2014/01/28/jech-2013-202593