05-05-2015
L'abuso di paracetamolo è legato a un aumento significativo del rischio di ictus e infarto. Lo dice uno studio del Leeds Institute for Rheumatic and Musculoskeletal Medecine che sarà pubblicato a breve e annunciato dal quotidiano Daily Mail. Il paracetamolo - uno degli antidolorifici e antipiretici da banco più utilizzati al mondo - aumenta del 68 per cento il rischio di eventi cardiocircolatori gravi se assunto tutti i giorni con un alto dosaggio. Il farmaco agisce inibendo l'azione delle prostaglandine - mediatori dei processi infiammatori - e aumenta anche il rischio di ulcere ed emorragie. I ricercatori britannici hanno realizzato una metanalisi su un campione totale di 666 mila pazienti che hanno costituito l'oggetto di studio di 8 ricerche. I soggetti hanno assunto quotidianamente paracetamolo fino a un massimo di 14 anni a causa dei dolori artritici o per lenire il mal di schiena. Intanto un gruppo di ricercatori dell'Università di Liverpool ha messo a punto un nuovo test in grado di stabilire il tipo di danni riportati dal fegato in caso di intossicazione da paracetamolo. Il test si basa su alcune proteine e su un tipo di Rna individuati nel sangue del paziente. “I medici lavorano duramente per trattate le overdose da paracetamolo il più velocemente possibile, ma è molto difficile dosare il trattamento senza un test che predica il rischio di sviluppare danni al fegato", spiegano gli autori in un comunicato. Il paracetamolo è uno dei farmaci più utilizzati al mondo per il trattamento di febbre, raffreddore e dolori articolari, ma mostra comunque una certa dose di rischio nell'assunzione esagerata. Per questo motivo, ormai 15 anni fa in Gran Bretagna una normativa introdusse un limite alle dimensioni della confezione dei farmaci contenenti paracetamolo. Un gruppo di ricercatori dell'Università di Oxford ha fatto un bilancio degli effetti prodotti dalla legge, fra cui la messa al bando di mega-confezioni con centinaia di compresse che, se avevano il pregio di abbattere i costi del farmaco, spingevano anche le persone al sovradosaggio.
La ricerca, coordinata dal dott. Keith Hawton e pubblicata sul British Medical Journal, si è dedicata allo studio delle overdose di paracetamolo verificatesi fra la fine del 1998 e la fine del 2009, confrontando il numero dei morti con quello del periodo precedente l'introduzione della normativa. I numeri dicono che la nuova legge ha ridotto del 43 per cento i decessi causati dal sovradosaggio del farmaco. Nello specifico, si tratta di 17 morti in meno per trimestre, pari a 765 vite salvate negli 11 anni presi in considerazione dall'analisi. L'effetto è stato verificato sia riguardo l'assunzione volontaria sia per i casi di morte accidentale. Inoltre, va considerata anche una riduzione del 61 per cento delle richieste di trapianto dovute a intossicazione del fegato e compromissione irrimediabile dell'organo. Spiega il dott. Hawton: “la normativa che ha portato alla riduzione delle dimensioni delle confezioni di paracetamolo è stata seguita da una riduzione significativa nel numero di decessi dovuti a overdose di questo principio attivo, ma non basta: il bilancio attuale fa pensare che siano necessari altri e più drastici provvedimenti per ridurre le morti da sovradosaggio”. Il sovradosaggio da paracetamolo costituisce infatti la causa principale di insufficienza epatica acuta in Occidente e la prima causa di trapianto di fegato negli Stati Uniti. A rivelarlo è un altro studio presentato a Boston nel corso del congresso dell'Associazione americana per lo studio delle malattie epatiche (American Association for the Study of Liver Diseases - AASLD).
Lo studio ha coinvolto 249 pazienti appena dimessi da un ospedale di Chicago o clienti di una farmacia di Atlanta. Per 4 giorni i volontari hanno registrato ogni singolo farmaco assunto. Nel 10,8 per cento dei casi, i pazienti hanno riferito l'assunzione di più medicinali contenenti paracetamolo, nella maggior parte dei casi in associazione con degli analgesici. Anche un'altra ricerca dell'Università di Edimburgo pubblicata sulla rivista British Journal of Clinical Pharmacology sottolinea il pericolo di un uso eccessivo del farmaco e le possibili conseguenze sul lungo periodo. Un uso prolungato del medicinale può provocare insufficienza epatica acuta, secondo i ricercatori inglesi, preoccupati quindi non soltanto per l'eventualità di un'assunzione eccessiva una tantum. Nel caso in cui il consumo dell'antidolorifico avvenisse con regolarità sarebbe anche più difficile identificare il problema. Chi assume il farmaco regolarmente e in dosi eccessive, magari per contrastare un dolore cronico, mostrerà livelli della molecola nel fegato più o meno nella norma, a fronte di danni epatici evidenti prodotti dall'uso continuo. Al contrario un'overdose vera e propria mostrerà immediatamente un livello di paracetamolo assolutamente incompatibile con una condizione clinica ideale. Chi va in questa sorta di overdose prolungata ha un rischio di morire maggiore del 30 per cento circa, oltre a una probabilità più alta di problemi al fegato e al cervello. I ricercatori si sono basati su un campione di 663 pazienti ricoverati presso il Royal Infirmary di Edimburgo a causa di danni epatici, scoprendo che almeno un quarto dei pazienti era andato in overdose per aver preso due o più dosi di paracetamolo ignorando le avvertenze del bugiardino, che raccomanda di attendere otto ore fra una dose e l'altra. Se in un terzo dei casi la dose eccessiva era assunta coscientemente per suicidarsi, più della metà lo aveva fatto invece per alleviare dolori ritenuti insopportabili.