12-05-2015
Nel 2012, uno studio notevole pubblicato sulla rivista Basic & Clinical Pharmacology & Toxicology, ha rivelato qualcosa di molto speciale in merito all’aglio: si tratta di un disintossicante naturale del piombo, e oltre ad essere efficace come il farmaco chelante penicillamina, è anche molto più sicuro. Lo studio è stato intitolato, “Comparison of therapeutic effects of garlic and d-penicillamine in patients with chronic occupational lead poisoning” (Confronto degli effetti terapeutici di aglio e d-penicillamina in pazienti con avvelenamento occupazionale cronico da piombo), ha cercato di confermare la precedente ricerca su animali in cui l’aglio ha dimostrato di essere efficace nel ridurre le concentrazioni di piombo nel sangue e nei tessuti. Lo studio ha preso le misure delle concentrazioni di piombo nel sangue di 117 lavoratori in un impianto di batterie per auto che sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi: gruppo aglio (1,2 milligrammi di allicina da 1.000 mg di estratto di aglio, tre volte al giorno) e gruppo d-penicillamina (250 mg, tre volte al giorno), e trattati per 4 settimane. I segni clinici e i sintomi di avvelenamento da piombo sono stati esaminati e confrontati con i risultati iniziali.
Lo studio ha rilevato: “Il miglioramento è stato significativo in una serie di manifestazioni cliniche tra cui irritabilità, cefalea, diminuzione del riflesso tendineo, e media della pressione arteriosa sistolica dopo il trattamento con l'aglio, ma non nel gruppo trattato con d -penicillamina. Le concentrazioni di piombo nel sangue sono state ridotte in modo significativo in entrambi i gruppi, con nessuna differenza significativa. La frequenza degli effetti collaterali era superiore nel gruppo d-penicillamina rispetto al gruppo aglio. I risultati dimostrano che l’aglio sembra clinicamente sicuro ed efficace quanto la d-penicillamina, pertanto, può essere raccomandato per il trattamento di avvelenamento da piombo lieve-moderata”. Nonostante la parità di riduzione delle concentrazioni misurabili di piombo nel sangue in entrambi i gruppi, i miglioramenti in diverse manifestazioni cliniche sono stati trovati solo nel gruppo aglio. Inoltre, gli effetti collaterali sono stati superiori nel gruppo d-penicillamina. Questi risultati indicano chiaramente la superiorità dell’aglio sul farmaco e sottolineano come gli interventi a base di farmaci spesso finiscono per 'normalizzare' i valori, ad esempio, le concentrazioni di piombo nel sangue, senza conseguente miglioramento della qualità della vita, o segni clinici e sintomi soggettivi del paziente trattato; al contrario, spesso il paziente si sente molto peggio dopo il trattamento farmacologico.
L’esposizione al piombo è onnipresente nella nostra epoca moderna, ed è stato stimato che circa lo 0,2% di tutti i decessi e lo 0,6% di invalidità a livello globale, siano causati da questa intossicazione. L'esposizione a questo metallo pesante causa danni all’apparato cardiovascolare, scheletrico, gastrointestinale, renale, sistema riproduttivo e nervoso. È stato osservato che è particolarmente dannoso per neonati e bambini, il cui sviluppo del sistema nervoso è molto più suscettibile alla tossicità rispetto agli adulti. In effetti, uno studio del 2008 pubblicato su PLoS Medicine ha trovato una diminuzione di volume del cervello negli adulti che erano stati esposti al piombo. Le cure standard, che coinvolgono farmaci come la d-penicillamina, sono pericolose, visto che queste sostanze chimiche sono collegate ai seguenti effetti indesiderati:
- Anemia aplastica.
- Allargamento del seno.
- Anoressia.
- Soppressione del midollo osseo.
- Disturbi del collagene.
- Diarrea.
- Disgeusia (gusto distorto).
- Danni renali.
- Danni al fegato.
- Danni muscolari.
I farmaci sono così tossici che l'incidenza totale di effetti collaterali del trattamento con d-penicillamina è del 30-60%, con un tasso di ritiro del 20-30%. L’aglio, d'altra parte, è una spezia culinaria molto utilizzata con una vasta gamma di potenziali benefici e un elevato margine di sicurezza.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22151785