09-09-2015
Il professor Richard Ablin, docente di Immunologia all'University of Arizona College of Medicine dopo quarant’anni dalla sua scoperta del test del PSA (vale a dire dell’antigene prostatico specifico) fa una clamorosa rivelazione. Attraverso le pagine del New York Times ha dichiarato che nella maggior parte dei casi il test è inutile: “È un costoso disastro nel campo della salute pubblica. Non avrei mai potuto immaginare che la mia scoperta avrebbe portato a un disastro regolato dalla legge del profitto. Il test del PSA non può individuare il cancro e, cosa ben più importante, non è in grado di distinguere tra un tumore che può portare alla morte e uno che non può farlo. Il test semplicemente rivela la presenza e la quantità di un antigene nel sangue”. Poi aggiunge: “Malgrado gli americani abbiano il 16 per cento di probabilità di andare incontro a una diagnosi di cancro con questo test, solo il 3 per cento muore di questa malattia”.
Gli ultra-sessantacinquenni che sviluppano il tumore della prostata “hanno più probabilità di morire con un carcinoma prostatico che per un carcinoma prostatico”. Un’infezione, l’uso di medicinali a base di ibuprofene o un semplice gonfiore possono portare a un aumento del PSA, “ma l’esito positivo del test conduce invece sovente verso dolorosissime biopsie, o a un intervento chirurgico, oppure a sottoporsi a radiazioni invasive”. Troppi, secondo Ablin, i 3 miliardi di dollari che gli americani spendono ogni anno per sottoporsi a un test dalla dubbia efficacia.
PSA significa «antigene prostatico specifico», un macromolecola capace di reagire con i prodotti del sistema immunitario: presente nel sangue, aumenta in presenza di una malattia della prostata. E’ utilizzato dal 1970 come marcatore per eccellenza. Secondo il professor Ablin il test del PSA è appropriato solo dopo una diagnosi di cancro, per valutare il rischio di recidiva, o come campanello d’allarme nelle persone che hanno una storia familiare di carcinoma prostatico. Ma applicare il test a tutte le persone oltre una certa età sarebbe una semplice perdita di tempo e di denaro: non misura il livello di gravità della malattia. Il ricercatore poi invita gli urologi di tutto il mondo a ridurre il numero di esami e di prescrizioni, meglio il vecchio test, quello rettale.