12-10-2015
Un rischio potenziale degli alimenti transgenici è quello di trasferire durante le manipolazioni dell'ingegneria genetica proteine potenzialmente allergeniche. E' conosciuto il caso della soia in cui, anni fa, per aumentare il potere nutrizionale era stata introdotta metionina della noce brasiliana; in seguito fu osservata in pazienti, allergici alla noce brasiliana e non alla soia, reazioni allergiche all'introduzione di questo prodotto. Dopo questi risultati, la ditta produttrice di questa soia geneticamente modificata, è stata invitata a porre sulle confezioni "Da non usare in soggetti allergici alla noce brasiliana", ma ha preferito togliere dal commercio questo tipo di soia, ed attualmente la soia transgenica in commercio, anche in Europa, non presenta differenze con la soia naturale, per quanto riguarda l'allergenicità potenziale. Bisogna però tener presente che vegetali transgenici (mais, soia e colza), si ritrovano anche nel mangime animale. Infatti, poco più del 30% circa del pasto giornaliero dei bovini è costituito da foraggio, mentre il 60-70% è rappresentato da miscele di cereali e legumi, oltre a farine di carne e di pesce (vietate fino a pochi anni fa dopo il caso della mucca pazza e adesso riammesse nuovamente).
I soggetti che si nutrono di queste carni animali possono, pertanto, essere esposte ad allergeni di specie diverse, contenute nel mangime animale. Per esempio, un soggetto allergico alla noce brasiliana è a rischio se mangia carne di un bovino nutrito con soia transgenica, contenente l'allergene principale della noce brasiliana. Ogni nuovo alimento transgenico va esaminato con prudenza e richiede accurate analisi di controllo con la valutazione della potenziale tossicità ed allergenicità. In pratica, ogni nuovo alimento andrebbe trattato come un nuovo farmaco che può provocare effetti collaterali indesiderati e quindi può essere scartato in qualsiasi stadio della sua produzione. Per quanto concerne la valutazione della potenziale allergenicità di un alimento transgenico, la FDA (Food and Drug Administration) e l'OMS hanno messo a punto una strategia opportuna per tale valutazione: se l'alimento transgenico deriva da una fonte nota per la sua allergenicità devono essere effettuati test in vitro e in vivo su volontari e solo se questi test risultano negativi, i prodotti possono essere messi in commercio. Se anche solo uno di questi test risulta positivo, il prodotto transgenico deve essere scartato o qualora venga messo in commercio sull'etichetta deve essere chiaramente indicata la sua origine e l'indicazione di rischio di sensibilizzazione (per soggetti non allergici, che possono però sensibilizzarsi ai componenti allergenici del nuovo alimento) o di scatenamento della sintomatologia (per i soggetti già sensibilizzati ai componenti allergenici dell'alimento, i cui geni sono stati introdotti nell'alimento transgenico).