ALLARME BISFENOLO: ANCHE IL NUOVO PLASTIFICANTE USATO PER LA PLASTICA E' DANNOSO. MEGLIO EVITARE.

19-12-2015

Forse è arrivato il momento di ripensare completamente al tipo di materie plastiche che entrano in contatto con gli alimenti. Dopo il bando del bisfenolo A (BPA) in alcuni paesi, molti produttori di contenitori e plastiche alimentari hanno iniziato a usare come plastificante il bisfenolo S (BPS), apponendo sull’etichetta il marchio “BPA free”. Anche il BPS, però, inizia a mostrare qualche limite. Secondo alcuni studi, potrebbe rivelarsi peggiore del progenitore. Nel frattempo si moltiplicano le ricerche che inchiodano il BPA alle sue responsabilità. Il BPS negli ultimi anni è entrato nella produzione di plastiche alimentari di tutto il mondo, come ha confermato uno studio che ha ne ha rilevato tracce significative nelle urine degli abitanti di Stati Uniti, Cina, Giappone e altri cinque paesi asiatici. Il BPS è estremamente simile al BPA, e qualcuno ha avanzato sin dall’inizio il dubbio che potesse avere effetti analoghi. Uno studio pubblicato su Environmental Health Perspectives sembra confermare i peggiori sospetti.
La ricerca attribuisce al composto – a dosi bassissime, inferiori a quelle considerate attive per il BPA e dello stesso ordine di grandezza di quelle rilasciate da piatti, bottiglie, lattine e simili – la capacità di distruggere il metabolismo ormonale, almeno nelle colture cellulari. I ricercatori dell’Università di Galveston, in Texas, hanno esposto colture cellulari di ipofisi di topo a concentrazioni molto basse di BPS, dimostrando che diverse vie metaboliche legate alla risposta agli estrogeni vengono profondamente alterate, e questo porta alla perdita di controllo della proliferazione cellulare, alla morte di parte delle cellule stesse e a un anomalo rilascio dell’ormone prolattina. Secondo gli autori, si devono comprendere meglio questi effetti e verificare se si determinano anche nell’uomo. Il problema è che le alterazioni riscontrate sono le stesse verificate con il BPA, e per questo motivo la preoccupazione sembra fondata. La soluzione di sostituire il BPA con il BPS potrebbe quindi rivelarsi ancora più dannosa del problema da risolvere. Ciò nonostante, non si può pensare di tornare indietro: il BPA continua a evidenziare i propri effetti nocivi come riconfermano due recenti studi che dimostrano in maniera diretta un effetto sulle cellule di testicolo e sul feto. Nel primo caso i ricercatori dell’Università Diderot di Parigi hanno coltivato cellule fetali di testicolo umano con una modalità messa a punto da loro stessi qualche anno fa, rivelatasi cruciale per vedere gli effetti degli ftalati. Come riferito su PLoS One, il BPA è stato aggiunto in concentrazioni analoghe a quelle che si ritrovano nelle urine degli abitanti dei paesi dove si usa ancora. I ricercatori hanno visto, per la prima volta in modo diretto, che l’aggiunta fa diminuire sensibilmente la produzione di testosterone e di altri ormoni necessari per la maturazione completa degli organi sessuali maschili.
Sembra dimostrato il legame, già descritto in molti studi epidemiologici, tra alte concentrazioni di BPA e aumento del rischio di malformazioni genitali, come ipospadia e criptorchidismo nei maschi, la cui incidenza è raddoppiata negli ultimi 40 anni in tutti i paesi occidentali e non solo. Anche il terzo studio, pubblicato su FASEB Journal, mette in relazione la presenza di BPA nella dieta della madre in gravidanza con possibili effetti sulla prole. In questo caso la ricerca è stata compiuta su animali alimentati con una dieta normale ma, per alcune madri, arricchita in BPA. Gli autori hanno verificato lo sviluppo dei piccoli fino all’età adulta e hanno scoperto che mostravano tutti i segni dell’iperattività, che avevano alterazioni metaboliche e che erano più magri dei controlli. Quest’ultimo dato sembra contraddire altri studi che associano il BPA all’obesità, ma secondo gli autori ci potrebbero essere diverse spiegazioni. Il peso dipende dalla dieta, non sempre uguale nelle diverse ricerche. Il quadro è probabilmente complesso e merita di essere approfondito. Nel frattempo, meglio concentrarsi su plastiche realmente alternative a quelle additivate con bisfenoli e, quando è possibile, farne proprio a meno.

 

http://ehp.niehs.nih.gov/1205826/

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0051579

http://www.fasebj.org/content/early/2013/01/21/fj.12-223545.abstract

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