24-01-2016
“Medicina assassina” è un saggio sulla malasanità, frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori (Gary Nul, Carolyn Dean, Martin Feldman, Debora Rasio, Dorothy Smith) che, basandosi su prove evidenti, dimostrano come il sistema sanitario faccia più male che bene poiché sono circa 2,2 milioni le persone che ogni anno manifestano reazioni avverse ai vari farmaci prescritti. Parliamo di farmaci, esami o interventi prescritti ogni anno ma non necessari, come 20 milioni di antibiotici, 7,5 milioni di procedure mediche e chirurgiche, 8,9 milioni di pazienti sottoposti a ricovero ospedaliero e circa 800.000 decessi provocati dalla medicina tradizionale solo negli Stati Uniti. Naturalmente dietro a questi numeri vi sono una serie di concause che vanno dai lobbisti delle case farmaceutiche alla FDA (Food and Drug Administration) che si oppone all’uso di prodotti naturali. È in questo contesto che si inserisce il lavoro del Nutrition Institute of America. In una ricerca indipendente l’istituto, che tiene a precisare che gli unici dati che ha tenuto in considerazione provengono dagli studi scientifici pubblicati sulle riviste mediche (quindi a rigor di logica inattaccabili), sostiene che la medicina convenzionale sia la principale causa di morte. Ad aprire il vaso di Pandora sulla malasanità fu il dottor Lucian Leape, un ricercatore che nel suo lavoro del 1994, “Error in Medicine”, stimò che almeno 180.000 decessi (e solo negli Stati Uniti) ogni anno fossero dovuti a errori della medicina tradizionale. Leape si rese conto che questi numeri rappresentavano solo la punta dell’iceberg. Molti sostennero che la percentuale di fallimento della medicina ufficiale si aggirasse intorno all’1%. Il dottore rispose che un simile tasso di fallimento, se applicato al campo dell’aviazione civile, avrebbe significato due aerei di linea che falliscono ogni giorno l’atterraggio, presso il solo aeroporto della sua città, oppure 160.000 lettere perse ogni giorno da parte del sistema postale nazionale, o ancora, per fare un raffronto con il sistema bancario, il trasferimento di 32.000 assegni ogni giorno su un conto corrente sbagliato. A rincarare la dose arrivò il Journal of American Medical Association, il quale sostenne che: “Più di un milione di pazienti subiscono lesioni negli ospedali USA ogni anno, e circa 280.000 persone muoiono ogni anno in conseguenza dei danni riportati. Inoltre, la percentuale di morti iatrogene (ndr: cioè causate dai medici o dalla medicina) fa apparire ridicolo il tasso di mortalità annuale per incidenti automobilistici (45.000 vittime) e risulta responsabile di più decessi di tutti gli altri incidenti messi insieme”. Altro problema serio sono poi gli errori medici che non vengono denunciati, per proteggere il personale o per evitare procedimenti legali, come affermò il dottor Leape. Uno studio del 2002 mostra che il 20% delle medicine somministrate in ospedale aveva un dosaggio errato e di queste il 40% era potenzialmente dannoso per il paziente. E si calcola che ogni anno a subirne i danni siano circa 417.908 persone, mentre per il New England Journal of Medicine un paziente su quattro ha subìto effetti collaterali derivanti da oltre 3,34 miliardi di farmaci prescritti solo nel 2002. In questo contesto va anche ricordato l’immenso mercato che ha generato i vari “modificatori dell’umore”, come il Prozac, il Ritalin o lo Zoloft.
Arrivati a questo punto possiamo iniziare a porci la prima domanda: i medici di base hanno un secondo lavoro come rappresentanti di compagnie farmaceutiche? Nei primi anni ’90 il dottor Leape scrisse che il 30% degli interventi chirurgici non erano necessari: si va dal taglio cesareo, alla tonsillectomia, l’appendicectomia, l’isterectomia, la gastroectomia e le protesi al seno. Di questi, il 17,6% degli interventi consigliati non veniva confermato da un secondo parere e su base nazionale gli interventi non necessari erano calcolati in 2,4 milioni con 11.900 decessi per una spesa complessiva di 3,9 miliardi di dollari. I miracoli della sanità privata tanto cara ai liberalizzatori compulsivi. E vogliamo parlare dei raggi X? Uno studio condotto su 700.000 bambini in 37 ospedali conclude che nei bambini nati da madri sottoposte a radiografie pelviche durante la gravidanza, la mortalità tumorale era del 40% più alta dei figli di donne non esposte a radiazioni. Il dottor John Gofman scrisse ben cinque libri scientificamente documentati fornendo prove esaurienti sul fatto che le attrezzature tecnologiche mediche, come raggi X e TAC, contribuiscano all’insorgere del 75% dei tumori. Naturalmente il dottore precisa a più riprese che a provocare il danno siano una serie di combinazioni, comprese, quindi, il fumo, l’aborto e l’uso di contraccettivi orali. Naturalmente non bisogna cadere nella tentazione di affermare che questi sono studi che riguardano solamente il sistema medico americano perché, come osservò il Journal of Healt Affairs, studi alla mano, le vittime di errori medici sono del 18% in Gran Bretagna, del 23% in Australia e in Nuova Zelanda, del 25% in Canada e, quindi, del 28% negli Stati Uniti. E ancora, a tutto questo va sommato, come sostiene il dottor Robert Epstein della Medco Healt Solutions Inc., il consumo di farmaci tra i 6,3 milioni di anziani che hanno ricevuto circa 160 milioni di prescrizioni con una media di circa 25 all’anno per ogni singolo paziente. Come se non bastasse, tutti questi studi sulla malasanità non tengono poi conto dei decessi causati dalla chemioterapia contro il cancro, poiché numerosi sono gli ostacoli da scavalcare per certificarli: non solo ci si trova davanti a un muro di gomma alzato dai lobbisti, ma anche - cosa forse ancora più grave - di fronte all’ostruzionismo dello Stato stesso, che ancora oggi non sottopone a verifiche imparziali tutte quelle terapie alternative che non producono un profitto per le case farmaceutiche.