TINTURE: ATTENZIONE A QUELLO CHE VI METTETE IN TESTA.

14-04-2014

Nell'antica Roma le donne per schiarire le loro ciocche brune si servivano di un sapone prodotto con una miscela di sego e cenere, chiamato sapo, oppure di cenere di betulla, tuorli d'uovo e fiori di camomilla per riflessare le loro chiome. Se dopo questi trattamenti non sortiva l'effetto desiderato, ricorrevano alla parrucca. Alle Romane non bastava che i capelli fossero lucenti, forti e sani...li desideravano "biondi come quelli di una Nordica". Si perde dunque nella notte dei tempi, la moda di tingersi i capelli. Un costume motivato esclusivamente dalla civetteria e dal desiderio di seduzione, e oggi sempre più indotto dalle nuove tendenze. Così mentre in un passato recente le tinture erano utilizzate soprattutto per mascherare i capelli bianchi, oggi non c'è donna che non si tinga, e il piacere di cambiare colore è sempre più frequente anche fra gli uomini.
La moda di oggi è il risultato di forti investimenti, in ricerca e pubblicità, dell'industria cosmetica per anticipare gusti e tendenze, cercando di offrire prodotti all'avanguardia, destinati a soddisfare e a conquistare una percentuale sempre maggiore di mercato. Un mercato in espansione. Un affare, quello delle tinture, che ha visto la nascita e la diffusione anche di prodotti "fai da te", che promettono di mantenere la salute dei capelli e il colore nel tempo. Sugli scaffali di profumerie, super ed ipermercati sono esposti shampoo coloranti e tinture arricchiti di vitamine e antiossidanti, eccipienti utili per proteggere il capello e conservare più a lungo possibile il colore. Ma ci si può fidare? Alcuni studi americani accusano le tinture per capelli di aumentare il rischio di tumore alla vescica e di una forma di linfoma, il non Hodgkin. Nel 2001, l'International Journal of Cancer pubblicava uno studio condotto a Los Angeles che si concludeva con una pesante accusa: dei 1514 casi di tumore alla vescica presi in esame, ben 897 riguardavano donne che facevano uso di tinture permanenti.
La ricerca individuava un fattore di rischio di 3,3 volte superiore per le donne che ricorrevano regolarmente alle tinture (almeno una volta al mese) da 15 o più anni, rispetto a quelle che non le adoperavano affatto. Dagli studi epidemiologici del Prof. Tongzhang Zheng dell'Università di Yale invece si rileva un incremento di rischio di linfoma solo nelle persone che hanno utilizzato frequentemente tinture per capelli, in particolare quelle scure, prima del 1980. Dopo tale data sembra infatti che le ammine aromatiche, ingredienti molto comuni nella maggior parte delle tinture, dalle proprietà cancerogene, siano state eliminate dalle formulazioni dei prodotti coloranti. Ciò non toglie, secondo lo studio di Zheng, che altre sostanze a distanza di anni possano rivelarsi ad alto potenziale tossico. Ma al di là del rilascio di sostanze cancerogene, è noto che le tinture possono danneggiare strutturalmente il capello a causa dell'assorbimento di composti di sintesi. Benché sia costituito da tre strati, uno dei quali la cuticola, che svolge una funzione protettiva, il capello per la sua esile costituzione assorbe facilmente qualsiasi inquinante con cui entra in contatto.
Per queste ragioni è in aumento la richiesta da parte dei consumatori di prodotti cosmetici naturali. In questa ottica suscitano sempre maggior interesse le tradizionali tinture vegetali poiché possono essere usate con tranquillità, essendo del tutto prive di tossicità. Le piante tradizionalmente indicate dalla letteratura erboristica per la cura e la colorazione dei capelli sono diverse, ma quella di gran lunga più utilizzata è senza dubbio la Lawsonia inermis, più comunemente nota come Hennè, della quale solo in Italia si consumano circa 30 tonnellate all'anno.
Al di fuori dell'Henné si possono distinguere tre tipi di tinture in funzione della durata della colorazione:

- Shampoo, coloranti o lozioni dopo shampoo. Consentono una colorazione temporanea, quindi modificano solo temporaneamente la tonalità naturale del capello, donando riflessi e fulgore alla capigliatura. I prodotti coloranti utilizzati hanno un alto peso molecolare, si depositano sulla cuticola del capello (senza penetrarla) e vengono eliminati con lo shampoo.
I più utilizzati sono i coloranti azoici, trifenilmetanici, antrachinonici, indoaminici.

- Shampoo coloranti per una colorazione semi-permanente. Garantiscono una tenuta di colorazione superiore ai coloranti temporanei, resistono a diversi lavaggi (da 4 a 8). Ravvivano il colore naturale e mascherano i primi capelli bianchi. Non possono essere utilizzati come schiarenti. I più utilizzati appartengono alla famiglia dei coloranti nitrati (ortodiamine nitrate, paradiamine nitrate), azoici o metallici.

- Tinture a colorazione permanente. Consentono una modificazione durevole del colore naturale, avvalendosi di una reazione chimica di ossidazione che determina l'integrazione di molecole coloranti all'interno del fusto del capello. La colorazione permanente resiste bene agli shampoo e consente inoltre di schiarire o di scurire i capelli in diverse gamme di colori.

Il principio di questi prodotti sembra semplice: le molecole della sostanza colorante, dopo aver attraversato la cuticola del capello, vengono ossidate in modo da poter trasmettere il colore alla cheratina. In realtà, i meccanismi di ossidazione sono estremamente complessi e richiedono l'impiego di composti come fenilendiamine, aminofenoli, diidrossibenzeni, polifenoli, tutte sostanze altamente allergicizzanti, se non tossiche.

In conclusione, l'utilizzo dei coloranti vegetali permette di ottenere riflessature di notevole bellezza, ma presenta numerosi limiti di fronte all’eterogeneità di situazioni che si possono presentare: presenza di capelli bianchi, capelli sottoposti a trattamenti di permanente, stiratura, decolorazione e tintura. In quest'ultimo caso si rischia addirittura di ottenere tonalità indesiderate.
C'è inoltre la difficoltà ad ottenere tonalità scure, come nero e castano, che rende i coloranti vegetali in particolar modo dipendenti dalla "base" su cui vengono applicati. Una soluzione interessante è quella di integrare la capacità tintoria di alcune piante, con quella dei coloranti moderni, in miscele standardizzate in modo da avere ogni volta un prodotto sicuro e controllato. Spesso infatti, la capacità tintoria delle piante differisce a seconda del luogo d'origine e la stagione di raccolta. Il problema di quest'ultima generazione di tinture è che spesso vengono addizionate con sostanze tossiche, complice la completa assenza di normativa in proposito. Anche quando vengono vendute con la dicitura di "tinture naturali", in realtà si tratta di prodotti che di naturale hanno solo la presenza della sostanza tintoria vegetale. Come orientarsi dunque? La scelta più sicura è quella di utilizzare Henné puro. Nel caso questo non fosse possibile e non si voglia rinunciare comunque alla tintura è bene seguire alcune precauzioni:

1. preferire le tinture formulate con pigmenti naturali, soprattutto nei casi di capelli sfibrati, deboli, molto fini e già sottoposti ad altri trattamenti di natura sintetica come permanenti;

2. evitare rigorosamente qualsiasi prodotto tintoreo sintetico durante la gravidanza. Le sostanze contenute possono, se assorbite dalla pelle, provocare danni gravi al feto;

3. nei casi di eczema, psoriasi o dermatiti al cuoio capelluto, o in presenza di qualche reazione allergica a qualche sostanza chimica, si sconsiglia vivamente di effettuare qualsiasi forma di trattamento ritenuto "potenzialmente tossico".

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