11-02-2016
Nonostante i tanti miliardi spesi per la scoperta di nuovi farmaci contro la malattia di Alzheimer, i risultati di questi trattamenti dimostrano di essere poco efficaci, e in molti casi, anche fallimentari. L'ipotesi negli ultimi decenni è quella di considerare l’Alzheimer una malattia causata da una mancanza del neurotrasmettitore acetilcolina. Inoltre, i farmaci inibitori dell'acetilcolinesterasi (che inibiscono l'enzima che rompe questo neurotrasmettitore) hanno fallito miseramente, producendo soltanto piccoli miglioramenti momentanei. Ma la cosa peggiore è che i dati che abbiamo a disposizione, dimostrano chiaramente che questi farmaci possono causare nuovi e più gravi problemi neurologici, come le convulsioni.
Diverse ricerche negli ultimi anni hanno abbandonato l’ipotesi convenzionale come causa della malattia di Alzheimer, esaminando il ruolo della calcificazione del cervello nelle malattie neurodegenerative. Le cosiddette calcificazioni intracraniche normali, che si accumulano nel cervello con l'età, sono così prevalenti oggi che l'istituzione medica convenzionale li considera non patologiche quando non accompagnate da prove evidenti di malattia. Le strutture cerebrali primarie coinvolte sono:
- ghiandola pineale;
- abenula;
- plesso coroideo;
- calcificazione dei gangli basali;
- dura madre (tentorio, grande e piccola falce);
- seno sagittale superiore.
La calcificazione della ghiandola pineale si trova in quasi due terzi della popolazione adulta. Le sue cause esatte in ogni singolo caso sono complesse e per lo più sconosciute. Tuttavia, un probabile colpevole potrebbe essere il fluoro. Una delle funzioni primarie della ghiandola pineale è quella di secernere melatonina, un regolatore del ritmo sonno-veglia e un potente antiossidante, nota per proteggere contro oltre 100 problemi di salute, tra cui vari tipi di cancro letali. Uno studio recente ha scoperto che il grado di calcificazione della ghiandola pineale (e il volume delle cisti) in partecipanti allo studio era correlato negativamente con disturbi del ritmo sonno-veglia; inoltre, sono state trovate meno calcificazioni della ghiandola pineale tra coloro che avevano più alte concentrazioni di melatonina nella saliva. In relazione a questa constatazione, i pazienti con malattia di Alzheimer sono comunemente carenti di livelli di melatonina, probabilmente a causa dell’incapacità della loro ghiandola pineale di produrre quantità adeguate. In effetti, è stato notato tra i malati di Alzheimer un grado superiore di calcificazione della ghiandola pineale rispetto ai pazienti con altri tipi di demenza, e i disturbi del sonno sono stati identificati come motore primario della malattia, a causa del fatto che la veglia aumenta la formazione di proteina beta-amiloide nel cervello, rispetto al sonno che ne riduce la formazione. La melatonina è stata identificata come sostanza in grado di inibire la formazione della proteina beta-amiloide.
Uno studio del 2009 pubblicato su Medical Hypothesis fa luce sui meccanismi che possono collegare la disfunzione della ghiandola pineale con l'eziologia della malattia di Alzheimer: “La presenza di lesioni nella ghiandola pineale possono essere attribuite a cause diverse (vecchiaia, o esposizione a materiali citotossici o contaminanti ambientali), e ciò porterebbe allo sviluppo della calcificazione, la cui entità potrebbe aumentare con lesioni più gravi, con basse concentrazioni di inibitori della cristallizzazione (pirofosfato e fitati) e/o con ridotta capacità del sistema immunitario. La calcificazione della ghiandola pineale porterebbe ad una perdita di funzione, diminuendo l'escrezione di melatonina. Questa riduzione di melatonina potrebbe generare un ulteriore aumento del danno ossidativo (a causa di una caduta della capacità antiossidante) e sarebbe responsabile per l’aumento della formazione di proteina beta-amiloide, che è associato con lo sviluppo della malattia di Alzheimer. Pertanto, una carenza di inibitori della cristallizzazione possono essere un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer, e questa ipotesi deve essere ulteriormente valutata".
Se la calcificazione del cervello è una delle cause primarie della malattia di Alzheimer, così come proposto, l’inibizione della calcificazione potrebbe essere una strategia praticabile per la prevenzione e il trattamento. Un primo approccio sarebbe quello di evitare l’esposizione a materiali citotossici o contaminanti ambientali che danneggiano il cervello. La riduzione dello stress sarebbe un’altra strategia da adottare, visto che alcuni studi animali hanno dimostrato un aumento della calcificazione della ghiandola pineale. Vi è anche un possibile ruolo del calcio in eccesso nell’organismo (in combinazione con la carenza di magnesio) che può portare alla calcificazione dei tessuti molli, come arterie, seno, prostata, articolazioni ecc. Teoricamente, qualsiasi vettore dannoso, naturale o sintetico che sia, potrebbe contribuire a danni cerebrali e alla successiva calcificazione. Esistono almeno 165 sostanze naturali con proprietà neuroprotettive, con 109 studi solo sulla curcumina, il polifenolo primario della spezia curcuma, in grado di proteggere e sostenere le funzioni cerebrali nei malati di Alzheimer. In definitiva, una condizione come il morbo di Alzheimer riflette il contesto generale del nostro corpo, la salute psicologica e ambientale nel suo complesso.
http://radiopaedia.org/articles/normal-intracranial-calcifications
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24214660
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9920102
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12543278
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24910393