05-03-2016
Il trapianto cardiaco può rappresentare una rinascita per i pazienti ai quali viene praticato. Ci sono dei casi però in cui il ricevente sembra avere ereditato ben più di un organo da parte del donatore. Nell'Aprile del 1988 Claire Sylvia, 47 anni, era stesa sul tavolo operatorio presso l'ospedale di Yale-New Haven, nello stato del New England (USA). Le sue condizioni erano disperate. Poco dopo i quarant'anni era stata colpita da una patologia cardiaca rara, detta ipertensione primaria polmonare, che le aveva recato danni gravissimi e irreversibili al cuore e ai polmoni. La sua unica speranza era dunque un trapianto di cuore e polmoni, un'operazione chirurgica all'epoca relativamente nuova e comunque ad alto rischio, eseguita in America soltanto in pochi ospedali. Il suo intervento era il primo nel suo genere a essere tentato presso Yale. Anestetizzata la paziente, i chirurghi le aprirono il torace, asportarono cuore e polmoni malati e li sostituirono con quelli di un giovane di 18 anni che era morto alla guida della sua moto. Quando Claire, qualche ora dopo, tornò in sè, le fu detto che l'operazione era andata bene. Finalmente sollevata, rimase a letto in ospedale e non finiva di meravigliarsi per la nuova vita che l'operazione le aveva regalato. Si accorse poi che il suo nuovo cuore sembrava battere in modo più profondo e con un ritmo diverso rispetto a quello che aveva una volta. Lo riferì a un'infermiera, e questa le disse di non farci caso: "E' uno scherzo della sua immaginazione. Non è cambiato nulla". Però, dopo alcune settimane, Claire cominciò a sentirsi sempre più strana. Poichè l'intervento aveva fatto notizia, fu organizzata una conferenza stampa; un giornalista le chiese che cosa desiderasse di più, ora che aveva davanti a sè una nuova vita e Claire rispose: "Muoio dalla voglia di una birra fresca". La più sorpresa da questa risposta fu la stessa Claire, anche perchè non aveva mai bevuto birra. Ma questa fu soltanto una delle tante stranezze in fatto di gusto, che sarebbero venute fuori nelle settimane seguenti. Appena dimessa dall'ospedale, scoprì di avere un debole per i peperoni, per il burro di arachidi marca Reese e per le barrette di cioccolata Snickers. Quando poi le fu permesso di tornare a guidare l'auto, si sentì inspiegabilmente attratta dai ristoranti della catena specializzata in pollo fritto del Kentucky e di andar matta per i medaglioni di pollo fritto. Ma la cosa più sorprendente per Claire, da sempre rigorosamente eterosessuale, fu scoprire di essere attratta in modo intrigante da una bionda tutta curve la quale le propose un incontro lesbico, che Claire peraltro rifiutò. A questo punto Claire cominciò a chiedersi se insieme al cuore e ai polmoni non fossero entrati in lei anche alcuni aspetti della personalità di quel ragazzo, qualcosa della sua anima. Sei mesi dopo l'operazione un sogno sembrò confermare questo sospetto. Aveva sognato un ragazzo, di nome Tim, col cognome che cominciava con la lettera L; il giovane l'aveva baciata. Appena ci baciamo io lo aspiro dentro di me. E' il respiro più profondo che abbia mai sperimentato e ora sò che Tim sarà con me per sempre. Claire si svegliò da quel sogno con una sensazione di gioia, come se fosse entrato in lei il soffio di una vita nuova. "Sentivo che finalmente il nuovo cuore e i nuovi polmoni si erano integrati nel mio organismo ma, cosa ancora più importante, in qualche modo avevo capito che il ragazzo del sogno era proprio il mio donatore. Certo, non potevo dimostrarlo. Ma c'erano casi in cui il mio intuito non si sbagliava, e questo era uno di quelli". A questo punto, Claire era ansiosa di verificare la sua intuizione. La clinica di Yale, però, come tutti gli ospedali americani in cui si eseguono trapianti, osservava una segretezza rigorosa sull'identità del donatore. Claire telefonò a Gail Eddy, coordinatrice dei programmi di trapianti di Yale, e le chiese se il nome del ragazzo del sogno era esatto. Ci fu un momento di silenzio, poi la Eddy disse: "Non posso dirglielo. Non avrei mai immaginato di affrontare un discorso del genere con lei. Per favore, Claire, lasci perdere". Per quanto terribilmente contrariata da questa risposta, Claire si rassegnò e lasciò cadere l'argomento. Nelle settimane seguenti, però, fece altri sogni di quel tipo e si verificarono alcuni fatti che la indussero a tornare sulla sua decisione. Il fatto più importante fu l'incontro con un medium, nel corso di un ricevimento. Questo si interessò molto alla vicenda di Claire e il giorno dopo la chiamò per dirle che nella notte, in sogno, aveva visto il necrologio del suo donatore su un giornale del Maine. Poichè si era interessata a lungo di spiritismo, Claire prese molto sul serio il sogno del medium e andò subito alla biblioteca locale per cercare di rintracciare i giornali provinciali del Maine relativi alla settimana precedente l'intervento chirurgico. Quasi subito trovò il necrologio di un ragazzo diciottenne, che indico con lo pseudonimo Tim Laselle, il quale era morto in un incidente stradale, alla guida di una moto. Dopo questa scoperta Claire telefonò alla Eddy e le riferì tutto. Questa sospirò, e poi disse: "Claire, quando lei mi telefonò la prima volta, non sapevo bene che cosa dirle perchè il suo racconto mi aveva spaventato. Non potevo confermare il nome del donatore perchè si trattava soltanto di un sogno". Ora che le cose si presentavano su un piano decisamente più concreto, la Eddy, confermò il nome del ragazzo. Claire le chiese allora se fosse possibile che i medici avessero menzionato il nome di Tim durante l'intervento, così da far entrare quel nome nel proprio inconscio. La Eddy disse che questa spiegazione poteva giustificare il fatto che Claire conoscesse il nome del suo donatore. Ma i medici - precisò la Eddy - non conoscono mai il nome del donatore. Nonostante le fosse stato raccomandato di non mettersi in contatto con la famiglia di Tim, Claire la andò a trovare. Era convinta di doverlo fare: che cosa significavano quei sogni, quel manifestarsi di gusti e preferenze se non che Tim aveva fatto di tutto per spingerla nella direzione della casa dei suoi genitori?
Nel 1991, dopo un primo contatto telefonico con i genitori di Tim, Claire si recò in auto nel Maine verso la loro casa. Quattro delle cinque sorelle di Tim e due fratelli erano lì ad aspettarla. Superato un comprensibile imbarazzo iniziale, la famiglia di Tim accolse di buon grado Claire. Questa chiese se a Tim piacevano i peperoni e una delle sorelle le rispose: "Sta scherzando? Tim ne andava matto". E un'altra sorella aggiunse: "Ma più di ogni altra cosa gli piacevano i medaglioni dorati di polli". Venne fuori poi che a Tim piaceva la birra fresca e le bionde. Claire scoprì anche che Tim era un giovane molto attivo e questo particolare la colpì molto perchè, da quando aveva subìto l'operazione, aveva sentito dentro di sè una sensazione di inquietudine, un gran desiderio di muoversi al punto che fece una vacanza in Francia, andando in giro con lo zaino sulle spalle, come fanno i giovani. Claire mise assieme questi elementi e si convinse ancor più che qualcosa dello spirito o della memoria di Tim si era trasferito in lei. Sono state avanzate varie teorie per spiegare il caso di Claire. Una delle più diffuse attualmente è quella della cosiddetta "memoria cellulare", secondo la quale le cellule dell'organismo umano conterrebbero in qualche modo il ricordo della personalità dell'individuo, dei suoi gusti e delle sue vicende personali. Se questa teoria è esatta, ne consegue che, quando vengono trapiantati tessuti o organi da un corpo a un altro, questi portano con sè quei ricordi. Lo psicologo Paul Pearsall non ha dubbi sul fatto che il cuore ha una sua intelligenza innata. Egli afferma che il cuore possiede in sè una sottile conoscenza che ci mette in relazione con persone e cose che stanno attorno a noi. Questa conoscenza aggregata è la nostra anima. Il cuore è un organo capace di consapevolezza, in grado di pensare, di avere sentimenti e di comunicare. La scienza, peraltro, non accetta l'idea che il cuore abbia una sua intelligenza e che i suoi "ricordi" lo seguano quando esso viene trapiantato nel corpo di un altro. L'idea che il trapianto di organi trasferisca ricordi di esperienze della vita di un individuo nel corpo di un altro è inimmaginabile, dice John Schroeder, docente di cardiologia presso il Centro Medico di Stanford, in California, dove dal 1968 al 1999 sono stati eseguiti circa 900 trapianti di cuore. La maggior parte degli scienziati ritiene che le esperienze psicologiche siano immagazzinate nel cervello. La memoria cellulare, nell'ambito della medicina dei trapianti, non viene accettata. Schroeder e gli assistenti sociali che si occupano dei degenti dicono che l'intervento e le medicazioni possono alterare i gusti alimentari e che la sensazione di sollievo, derivante dal fatto di avere davanti a sè una nuova vita, spiega perchè alcuni pazienti cambino abitudini dopo il trapianto. Va detto comunque che alcune ricerche recenti sembrano contraddire la medicina ortodossa. Alcuni scienziati che lavorano nel campo rivoluzionario della neuro-gastroenterologia hanno scoperto che l'intestino contiene 100 milioni di neuroni e che sembrerebbe possedere una sua rudimentale intelligenza. Inoltre i messaggi che vanno e vengono fra questi neuroni costituiscono un circuito complesso che permette a questo "cervello intestinale" di apprendere, ricordare e generare "sensazioni intestinali". Secondo gli esperti di questa scienza medica, il cervello vero e proprio e quello intestinale sono collegati e possono perciò comunicare a vicenda. Ma la scoperta sconcertante della neuro-gastroenterologia è che il cervello intestinale può funzionare indipendentemente dal cervello vero e proprio. Ciò significa che anche il cuore e altri organi possono avere una loro vita segreta a noi ancora sconosciuta. Se le cose stanno davvero così, è vero che il cuore di Tim Laselle ha conservato i suoi ricordi anche dopo il trapianto. Quando, nel linguaggio comune, si allude al cuore come al centro dei sentimenti, si sottintende che esistano nel cuore una consapevolezza e un'intelligenza innate. Forse ci rendiamo conto per intuizione di qualcosa che soltanto adesso la scienza comincia a scoprire. Vedremo se la scienza ufficiale vorrà accettare o meno l'idea che gli organi del corpo umano siano qualcosa di più che dei pezzi di carne. Certo è che l'esperienza di Claire Sylvia e di altri come lei fa pensare che la chirurgia dei trapianti di organi penetra a fondo nella psiche oltre che nella carne, cambiando sia mentalmente, sia fisicamente la vita di colui che è stato operato.