21-03-2016
L’esistenza di un collegamento tra cervello e intestino è un tema molto discusso e una recente ricerca fornisce nuovi dati per una sua migliore comprensione. Secondo uno studio pubblicato su Brain, Behavior, and Immunity , l’assunzione di probiotici potrebbe aiutare a ridurre i pensieri negativi associati al cattivo umore. Alcuni ricercatori olandesi hanno condotto uno studio per osservare l’effetto della somministrazione di una formulacontenente probiotici (lattobacilli e bifidobatteri) sui sintomi di malinconia in 40 soggetti sani, senza disturbi dell’umore. Prima e dopo lo studio i partecipanti hanno compilato un questionario per valutare la risposta all’umore triste, ai sintomi depressivi e di ansietà. Al termine delle 4 settimane di somministrazione il gruppo che aveva assunto la miscela di probiotici aveva ridotto la risposta cognitiva rispetto al gruppo placebo, con la diminuzione del pensiero depressivo (ruminazione) e dell’aggressività, ottenendo un miglioramento complessivo dell’umore. Secondo i ricercatori questo studio è il primo che dimostra come un intervento con probiotici possa influenzare i meccanismi cognitivi che determinano vulnerabilità ai disturbi dell’umore.
Tra le ipotesi considerate, l’aumento dei livelli di triptofano nell’intestino e, potenzialmente, la facilitazione del turnover della serotonina nel cervello. È anche proposta la stimolazione del nervo vago, con il risultato del miglioramento del tono dell’umore, come possibile meccanismo. Negli ultimi decenni la somministrazione di probiotici è stata ampiamente utilizzata con risultati soddisfacenti contro vari tipi di diarrea, stipsi, disturbi digestivi, dispepsia, malattie allergiche, ipercolesterolemia, disturbi ginecologici, infezioni delle vie urinarie e malattie intestinali di natura infiammatoria. Inoltre vi sono evidenze che suggeriscono come alcuni probiotici possano legare e inattivare alcuni cancerogeni, inibire la crescita di alcuni tumori e inibire i batteri in grado di convertire i procarcinogeni in carcinogeni, anche se sono necessari altri studi per confermare queste risultati.