20-06-2016
Un tempo si riteneva che la calvizie maschile fosse simbolo di virilità. Forse perché associata alla presenza di testosterone, forse perché era un modo per consolare chi era afflitto dalla perdita dei capelli. Ma, credenze a parte, la calvizie è un serio problema che affligge sempre più maschi ed è in costante, preoccupante, aumento. E, come se non bastasse, a far aumentare le preoccupazioni potrebbe essere uno studio, pubblicato sul British Medical Journal, che suggerisce come calvizie maschile aumenti il rischio di malattie coronariche e cardiache. La revisione, basata su dati Medline e Cochrane Library, si è avvalsa di 6 studi scelti tra quelli che soddisfacevano tutti i criteri di ammissibilità. Gli studi, sono stati sottoposti alla lente dei ricercatori dell’Università di Tokyo. Il primo dato che è emerso nella revisione è la maggiore probabilità di sviluppare malattie dell’apparato cardiovascolare da parte di coloro che hanno perso gran parte dei capelli, rispetto a coloro che invece ancora li conservano. Nello specifico, a essere più a rischio sarebbero coloro che presentano un maggiore diradamento dei capelli “a corona”, piuttosto che coloro che sono stempiati: per cui è peggio perdere i capelli nella parte superiore della testa che non nella parte anteriore.
Gli studi analizzati sono stati pubblicati tra il 1993 e il 2008, e hanno visto il coinvolgimento di circa 40.000 uomini. La media di durata degli studi era 11 anni e ci si è concentrati in particolare su uomini di età inferiore ai 55 anni. Tirando le somme finali, i ricercatori hanno stabilito che gli uomini del tutto calvi o ampiamente calvi hanno il 44 per cento di maggiori probabilità di sviluppare una malattia coronarica – secondo i primi tre studi. Secondo invece gli altri tre, gli uomini calvi hanno un rischio del 70 per cento di malattia cardiaca nella fascia di età media; nella fascia di età più giovane il rischio, poi, aumentava dell’84 per cento. Tra le diverse possibili spiegazioni all'aumentato rischio di malattie cardiovascolari, i ricercatori citano una possibile resistenza all'insulina (precursore del diabete), un possibile stato d’infiammazione cronica dell’organismo, l’aumento alla sensibilità al testosterone. Tutti questi, e possibili altri, sono noti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.
http://bmjopen.bmj.com/content/3/4/e002537.full?sid=19404ef2-891e-47ae-a1bb-58f3c70bbb09