07-08-2016
Benchè sia stato fatto molto per dimostrare che le vaccinazioni influiscono positivamente sulla salute e la longevità della popolazione, in verità i benefìci delle campagne di vaccinazione sono minori del previsto e l'opinione pubblica non è mai stata informata di molti problemi ad esse legati. Da parecchi decenni i ricercatori sanno che dopo una vaccinazione si può verificare un'alterazione della funzionalità del sistema immunitario. Nel 1964, per esempio, Brody dimostrò che i vaccini vivi, cioè costituiti da virus attivi, possono indurre un'inibizione transitoria della reazione alla tubercolina (che è un indice del funzionamento del sistema immunitario). Uno dei possibili meccanismi di questa inibizione viene descritto in uno studio viennese sulla vaccinazione antitetanica negli adulti sani. La misurazione dei linfociti T in campioni di sangue prelevati prima e dopo la vaccinazione rivela una diminuzione di quasi il 50% del rapporto tra cellule T helper e suppressor. La riduzione è massima tra il terzo e il quattordicesimo giorno dopo la vaccinazione. Gli autori dello studio sottolineano che questi cali nelle proporzioni tra cellule T helper e suppressor sono caratteristici dell'AIDS. Alcuni ricercatori si sono interessati dell'analoga diminuzione delle cellule T helper che si osserva nei bambini e nei neonati sottoposti a vaccini multipli in un momento cruciale della vita, cioè quando il sistema immunitario sta iniziando a maturare. In questo periodo qualunque diminuzione, anche temporanea, delle cellule T helper è sconsigliabile perchè rischia di interferire con la maturazione del sistema immunitario. L'uso del vaccino vivo contro il morbillo ha causato un gran numero di casi di disturbi immunologici di cui non si è mai saputo nulla. La metà dei bambini vaccinati entro i dodici mesi di vita con il vaccino antimorbilloso sviluppano "un'alterazione permanente della capacità di risposta al virus del morbillo dovuta a tale iniziale esperienza immunizzante" e restano sensibili all'infezione da morbillo nonostante ripetute vaccinazioni contro di esso. In un altro studio sono state misurate l'attività e la mobilità dei neutrofili in 15 bambini sette giorni dopo la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia. In tutti i soggetti tali funzioni sono risultate molto ridotte e in tre casi è occorso un mese intero perchè la funzionalità dei neutrofili ritornasse normale.
La possibilità di un'alterazione della risposta immunitaria in seguito a vaccinazione nei bambini viene sempre più riconosciuta e dibattuta. Nel marzo 1979, alcuni ricercatori hanno ipotizzato l'esistenza di un'associazione tra l'immunizzazione con il vaccino DPT (difterite, tetano e pertosse) e dieci casi di morte improvvisa di neonati verificatesi nel Tennessee. Le indagini approfondite svolte dopo la pubblicazione di questo studio non sono giunte a stabilire una relazione di causa-effetto tra i due eventi, nè a confutarla. Per chiarire la questione, il dipartimento di pediatria della facoltà di medicina della UCLA ha promosso uno studio sulla sindrome della morte improvvisa dei neonati nella contea di Los Angeles. Sono stati contattati e intervistati sulla storia delle vaccinazioni dei loro figli i genitori di 145 neonati deceduti nella zona tra il 1° gennaio 1979 e il 23 agosto 1980. Dei 53 che avevano ricevuto il vaccino DPT, 27 erano stati vaccinati meno di 28 giorni prima di morire. Sei delle morti in culla erano avvenute entro 24 ore dalla vaccinazione e 17 entro una settimana. La conclusione fu che questa incidenza di morti improvvise era "significativamente più elevata del previsto". Si sospetta che l'alterazione del sistema immunitario abbia un ruolo importante in questo tipo di morte, o almeno che in questa sindrome intervenga una reazione immunologica inusuale. Uno degli studi più circostanziati sugli effetti negativi dei vaccini si trova in "The Hazards of Immunization" di Sir Graham Wilson, ex funzionario del Public Health Laboratory Service of England and Wales. Analizzando le epidemie del passato, l'autore cita vari casi in cui la vaccinazione contro una malattia sembra averne provocata un'altra. Per esempio, il primo a richiamare l'attenzione sul nesso tra vaccinazione contro la difterite o la pertosse e attacchi di poliomielite fu un medico londinese che descrisse 15 casi seguiti tra il 1944 e il 1949. La paralisi compariva di solito tra 7 e 21 giorni dopo l'inoculazione e colpiva il braccio sinistro, scelto per l'iniezione con frequenza quattro volte maggiore del destro. Wilson definisce questi episodi "malattia da provocazione". Le prove del fatto che le vaccinazioni possono provocare l'insorgenza di malattie non infettive si stanno moltiplicando. Si sospetta, per esempio, che la vaccinazione contro il morbillo sia una delle cause del morbo di Crohn, come emerso da un ampio studio retrospettivo che ha visto la partecipazione di 3.545 persone vaccinate contro il morbillo nel 1964, 11.407 controlli non vaccinati e 2.541 partner dei soggetti vaccinati. Il rischio di contrarre il morbo di Crohn era tre volte più alto e quello di ammalarsi di colite ulcerosa due volte e mezzo per i vaccinati. Questo solleva un interrogativo che è l'argomento principale di coloro che sono contrari alle vaccinazioni: il vaccino antimorbilloso previene una malattia benigna e non grave rischiando di provocarne una cronica e molto grave a livello intestinale? L'argomentazione della medicina convenzionale è che, siccome solo una piccola percentuale dei bambini vaccinati va incontro a effetti collaterali gravi, tutti dovrebbero essere vaccinati. Ma, come documentato in altri studi, sono proprio i bambini con un sistema immunitario debole, di solito a causa di una carenza di vitamina A, che prendono il morbillo in forma più grave. Avrebbe più senso consigliare un'integrazione di vitamina A per coloro che ne hanno bisogno, invece di usare un vaccino che aumenta il rischio di contrarre una grave malattia cronica degenerativa per tutti.