03-10-2016
Torte al cioccolato, torte di ricotta, ma anche crostate e ciambelle spesso arricchite da un aromatico ingrediente “segreto”: la buccia di un’arancia o di un limone grattugiata. Tutti i giorni nelle nostre cucine tonnellate di ingredienti provenienti dalla nostra spesa vengono “trasformati” in prelibate pietanze da casalinghe spesso ignare di ciò che servono realmente all’appetito dei loro commensali. Potrebbe essere questo il caso delle bucce degli agrumi utilizzate in cucina per aromatizzare dolci e crostate o per fabbricare in casa dei liquori dal sapore antico e genuino. Ma quanti di questi agrumi hanno bucce veramente commestibili? E come può il consumatore finale evitare di portare nelle proprie dispense cibi non del tutto adatti ad un impiego “puramente” alimentare? Cerchiamo di dare qualche semplice informazione in merito. Gli agrumi, in particolare quelli di derivazione non biologica, sono comunemente trattati con additivi e sostanze, per lo più tossiche alle alte concentrazioni, che evitano la formazione di muffe o danno ai frutti un aspetto più scintillante e lucido. Come spiega l’agronomo Corrado Vigo nel suo blogVigopensiero: «gli agrumi italiani sono trattati, dopo la raccolta, con cere per dare lucentezza ai frutti. Secondo la legislazione nazionale, il confezionatore deve indicare in etichetta se e quale tipo di cera ha usato per le arance (diciture che la norma non prevede per gli altri frutti). L’Europa non la pensa così, per cui i confezionatori degli altri Paesi possono utilizzare cere e prodotti fungicidi non autorizzati in Italia, ed esportare da noi i frutti confezionati e trattati con questi additivi. È un paradosso, ma è così. In etichetta compare la dicitura “buccia non commestibile” quando gli agrumi sono trattati con additivi ammessi dalla legislazione nazionale. Se però si usa cera d’api per lucidare la parte esterna allora la scritta non compare. Mi preoccuperei più per la frutta estiva che si mangia con la buccia. Nel caso degli agrumi, c’è tutto il tempo necessario affinché i fitofarmaci irrorati siano degradati dal sole (alcuni sono fotolabili), dalla temperatura, dalla pioggia, e non ultimo dalle piante stesse che ne elaborano le sostanze e le smaltiscono con gli essudati radicali. Gli agrumi, insieme alle angurie, sono i frutti di cui non ci si può fidare di più, ma i consumatori non sempre lo sanno».
L’additivo E231 (ortofenilfenolo) per essere usato in Italia necessita dell’autorizzazione del Ministero della Salute non essendo stato registrato in Italia, chi non lo fa incorre in sanzioni e quindi è poco utilizzato dagli operatori italiani. In Europa invece la legge comunitaria consente di utilizzarlo come emerge dalla risposta ad un’interrogazione scritta del deputato francese Rareş-Lucian Niculescu (del PPE). I derivati fenolici e il tiabendazolo (E230, E231, E232, E233) sono dotati di una certa tossicità, infatti sono proibiti in Australia. Vengono diffusamente utilizzati per il trattamento superficiale degli agrumi e delle banane. Questo significa che le bucce dei prodotti di importazione possono essere state trattate con questi additivi. In alcuni supermercati italiani è possibile trovare agrumi con l’indicazione “buccia non edibile” questo perché tra gli agenti di rivestimento dei limoni ci sono E904, E200 e Imazalil. Insomma , a quanto pare, per un uso alimentare a 360 gradi della frutta o degli agrumi che acquistiamo e per utilizzare le bucce in dolci e liquori, dovremmo rifornirci unicamente da un agricoltore di fiducia, o da produttori bio, o comunque fare attenzione che sull’etichetta del prodotto sia specificato che la buccia è edibile. Ma per tutti coloro che acquistano la frutta sfusa? Dov’è l’etichetta che elenca gli additivi utilizzati delle arance o dei limoni che vorrei utilizzare per un dolce o per fare un liquore? A quanto pare non è prevista. Quindi per chi acquista gli agrumi da piccoli rivenditori, o aziende agricole di periferia, giro il consiglio “empirico” che io stesso ho ricevuto da un venditore, ossia, visto che la legge non prevede una specifica etichettatura dei prodotti venduti sfusi, possiamo cercare di capire che le arance o i limoni che compriamo non siano stati trattati con cere qualora essi abbiano ancora le foglie attaccate al frutto oppure osservandoli attentamente controluce: in questo modo potremo provare ad escludere a vista d’occhio, la presenza di cere. Ma per capire se siano stati utilizzati additivi non disponiamo di mezzi efficaci. Emerge l’esigenza di richiedere un miglioramento della legge obbligando la scrittura della dicitura buccia non edibile o buccia edibile e degli additivi utilizzati anche sul cartellino dei banchi della frutta e non solo per la frutta confezionata. Siete d’accordo?
Ecco la lista di alcuni degli additivi più usati:
- Tiabendazolo (E233). E’ principalmente usato per contrastare muffe, avvizzimenti ed altre malattie fungine in frutta (in particolare nelle arance) e verdura. Trova impiego come conservante alimentare sotto la denominazione E233. Ad esempio, è applicato alla buccia delle banane per preservarne la freschezza ed è un comune ingrediente delle cere collocate sulla scorza degli agrumi. È altresì presente nelle soluzioni acquose nelle quali tali frutti vengono immersi. A causa della sua lieve tossicità, il suo uso come additivo è stato vietato in Unione Europea, negli Stati Uniti, in Australia e Nuova Zelanda. La dose giornaliera accettabile del tiabendazolo è di 0,1-0,3 milligrammi per ogni chilogrammo di massa corporea. In alte dosi, il composto appare fortemente tossico, causando consistenti disordini al fegato e all’intestino. Nelle cavie esposte ad alte quantità di tiabendazolo sono stati inoltre rilevati disordini riproduttivi e riduzione del peso dei piccoli al momento dello svezzamento. Gli effetti collaterali sull’uomo includono nausea, vomito, perdita di appetito, diarrea, vertigini, sonnolenza, mal di testa o, più raramente, anche ronzio alle orecchie, disturbi visivi, mal di stomaco, ingiallimento delle pelle e dell’urina, febbre, affaticamento, aumento della sete e aumento o riduzione dell’urina prodotta. Non ne sono stati rilevati effetti cancerogeni o mutageni.
- Bifenile o Difenile (E230). Il difenile è un composto aromatico di origine sintetica utilizzato nell’industria alimentare come conservante, principalmente per il trattamento antimuffa della buccia degli agrumi, e per il materiale usato per l’imballaggio degli stessi; nel contempo, permette di prolungare anche di molto la shelf-life degli agrumi, ossia la “vita degli articoli da banco”, il periodo durante il quale un qualsiasi prodotto può essere tenuto presso un punto vendita al dettaglio, senza che vengano alterate le sue qualità e senza dover ricorrere a particolari accorgimenti che ne prolunghino la conservazione. Quando si legge la scritta: “agrumi non trattati” si riferisce proprio all’assenza di questo Bifenile. È consigliato infatti consumare questo tipo di agrumi (soprattutto se si fa uso, per una qualsiasi preparazione culinaria della scorza); nel caso si consumassero quelli “trattati”, è buona norma lavarsi accuratamente le mani dopo averli sbucciati e prima di consumare la polpa. Nonostante tutte le accortezze, una piccola parte del conservante può ugualmente penetrare all’interno del frutto, ma ciò non dovrebbe creare alcun problema al consumatore. La letteratura riporta che i lavoratori impiegati nel campo delle spedizioni di agrumi (per nave o per camion), esposti quindi per lunghi periodi a questo conservante, hanno presentato una certa sensibilità al difenile, lamentando reazioni allergiche, nausea, vomito, irritazioni agli occhi e alle mucose nasali. A parte questo, non vi sono effetti collaterali significativi, anche perché il difenile è un composto che viene escreto dai reni in forma inalterata. È stato proibito in Australia.
- Gommalacca (E904). La gommalacca è un polimero naturale ed ha una composizione chimica simile a quella dei polimeri sintetici, ed è quindi considerata una plastica naturale. E’ ottenuto dalla secrezione di un insetto, la Kerria Lacca, che cresce nelle foreste tailandesi. Per ottenere 333 g di gommalacca occorrono migliaia di insetti. Questo additivo alimentare, un tempo usato per produrre i dischi per il grammofono, è impiegato anche come agente lucidante di pillole e caramelle oltre che per lucidare i mobili. Può essere modellata a caldo, per cui è classificata come termoplastica. Essendo commestibile, la gommalacca è stata usata come agente lucidante per pillole e caramelle. A questo fine, è classificata come additivo alimentare con il numero E904 e viene ancora usata come rivestimento della frutta per impedirne il deperimento dopo la raccolta. Altroconsumo segnala che è un additivo suscettibile d’indurre allergie o reazioni di ipersensibilità.
- Imazalil Fungicida sistemico imidazolico. E’ utilizzato su una vasta gamma di colture. In condizioni normali non induce resistenza come altri fungicidi. Intossicazioni acute provocano negli animali mancata coordinazione muscolare, abbassamento della pressione arteriosa e vomito. Non presenta effetti da esposizione cronica, non da problemi riproduttivi, non sembra essere né mutageno, né teratogeno, né cancerogeno. Gli organi bersaglio sono il sistema nervoso e il fegato. Generalmente non tossico per gli uccelli lo è invece in maniera moderata per pesci e organismi acquatici. Ha un’alta persistenza nel suolo con emivita da 120 a 190 giorni. Fortemente legato al terreno non si diffonde nelle falde acquifere. Persistente a lungo sui frutti raccolti. Si ferma prevalentemente sulla buccia, ma si può trovare anche nella polpa sebbene in quantità molto limitate.
- E200 - Acido Sorbico. L’acido sorbico è un conservante di origine naturale, che può essere prodotto per via sintetica. Presenta una tossicità molto bassa: questo sia perché viene utilizzato in dosi ridotte (0,2 mg/Kg), sia perché la sua DL50 (dose letale) è oltre i 5g/Kg. Pertanto, essendo impiegato in dosi così limitate, e avendo una dose letale così alta pro Kg, E’ un conservante che si può ritenere sicuro. Poche persone, infatti, manifestano reazioni allergiche all’acido sorbico. Spesso l’acido sorbico è presente, come inibitore di lieviti e muffe, in preparati per crema pasticcera, nei formaggi non stagionati, nel pane a fette, nel pane di segale, nella pasta di olive, nelle bibite, nei ripieni delle paste fresche, nei preparati per gnocchi freschi, nella polenta pronta, nella frutta, nelle margarine. Nonostante l’acido sorbico presenti una dose letale molto alta, è necessario fare una piccola riflessione: essendo un conservante molto utilizzato è possibile (anche se avviene raramente), che nell’arco della giornata si consumino così tanti alimenti contenenti E200 da arrivare a consumare dosi vicine a quella tossica; per questo motivo è consigliato controllare con attenzione le varie etichette per evitare che si verifichi ciò. Se si dovesse raggiungere la dose tossica, si pensa che questo conservante possa presentare rischi per la salute, perché può alterare i sistemi enzimatici del corpo umano.
A questo punto la domanda viene spontanea…ma gli spicchi di arancio e limone che nei locali mettono nel tè o nei liquori secondo voi non sono trattati?