MALATTIA E LIBERTA' DI SCELTA TERAPEUTICA.

17-10-2016

Oggi in Italia esiste la libertà di scelta terapeutica? Una persona è libera di intraprendere una strada terapeutica piuttosto che un’altra, e soprattutto un medico, in scienza e coscienza può - per aiutare il suo assistito - decidere la cura migliore, anche se non riconosciuta e se va contro gli interessi delle lobbies del farmaco? La risposta a tutte queste domande purtroppo è NO! A cosa serve allora riempirsi la bocca di belle parole come: libertà, costituzione, diritti, se quando una persona malata di tumore, per esempio, può solamente scegliere tra chemioterapia, radioterapia e chirurgia? Un medico del terzo millennio, nonostante il giuramento di Ippocrate (“primo non nuocere”: la chemio non è un veleno mortale?) e nonostante la Dichiarazione di Helsinki del 1964 (dell’Associazione medici mondiale), non può scegliere una strada terapeutica, ma deve sottostare ai protocolli ufficiali. Quando dico che un medico non può scegliere intendo dire che se non si adegua, non si piega ai dettami della medicina ortodossa (al paradigma vigente) rischia prima di tutto la professione (radiazione dall’albo professionale) e poi anche la galera! Sono numerosissimi i medici che hanno toccato con mano la pesante scure dell’inquisizione moderna, che è passata dalla croce con gli abiti neri, al caduceo con il camice bianco! Personaggi come Geerd Ryke Hamer (radiato e incarcerato), Tullio Simoncini (radiato), Liborio Bonifacio, Aldo Alessiani, Rudolf Breuss, Luigi Di Bella, Gianfranco Valsé Pantellini, Romano Zago, Giuseppe Zora, e moltissimi altri, hanno avuto il coraggio o l’incoscienza di mettere davanti agli interessi economici, la salute delle persone. Cosa questa estremamente pericolosa per l’establishment medico-scientifico, che mette invece il Dio-denaro dinnanzi ai pellegrini-malati. L’ultimo in termini di tempo è il dottor Paolo Rossaro di Padova, indagato addirittura per “omicidio colposo”, perché avrebbe utilizzato metodologie non convenzionali, oltre a quelle ufficiali, in cure oncologiche e nonostante il paziente purtroppo deceduto (uno su migliaia di casi) avesse firmato il consenso informato (quindi era pienamente consapevole). Sarebbe molto interessante se tale metro di giudizio, usato indiscriminatamente nei confronti del dottor Rossaro, venisse adoperato anche per tutte le centinaia di migliaia di morti ogni anno in Italia: tutti gli oncologi finirebbero in galera! 
Oggi se una persona muore dopo (o a causa della) chemioterapia è tutto ok, ma se muore perché non ha voluto farla (in libertà di coscienza) non va bene e bisogna indagare il medico. L’attuale paradigma nel caso del cancro, anche se si può estendere a tutta la medicina allopatica, impone come cura: la chemioterapia, la radioterapia e la chirurgia. Null’altro. Si potrebbe pensare a questo punto che i risultati di queste terapie siano così straordinari, da imporli per legge. Ma non è così: basta leggere i dati sulla mortalità per tumore - previa cura ufficiale ovviamente - per comprendere che queste terapie sono un fallimento su tutta la linea: centinaia di migliaia di persone ogni anno in Italia muoiono nonostante i protocolli scientifici e nonostante le belle e incoraggianti parole dei luminari della scienza (gli stessi che poi fatturano nello loro cliniche private migliaia di euro per una visita e una pseudo-cura). D’altronde è risaputo che la guerra al cancro iniziata da Nixon negli anni ’70, e che ha prosciugato investimenti per centinaia di miliardi di dollari, è un fallimento globale su tutta la linea. Eppure si continua perseverando su quella strada. Come mai? La risposta può essere di tipo culturale ed economico, anche se la seconda comprende e condiziona la prima.

1. L’uomo viene considerato dalla medicina ortodossa come una semplice macchina proteica composta da cellule, ormoni e organi e altro materiale biologico (anche di scarto, vedi DNA spazzatura). In questa semplicistica e molto riduttiva visione il cancro è un’incontrollata proliferazione cellulare che porta alla morte prima l’organo o l’apparato e poi l’organismo umano. La cura si basa sull’estirpazione mediante bisturi, sul bombardamento con radiazioni o con la chimica di sintesi, di quella massa anomala che si è formata “casualmente” o per “difetti” genetici. Possiamo chiamare questa scienza? Una persona col tumore è sfortunata (casualità), oppure è difettosa dalla nascita (errori genetici)!

2. La medicina moderna è tutta nelle mani delle corporation chimico-farmaceutiche, dalla ricerca vera e propria, alla produzione di medicine: quindi dallo studio delle malattie alla cura fisica delle stesse. Se una multinazionale - società per azioni non certo filantropa - spende milioni di dollari e anni di lavoro in un prodotto, questi soldi devono tornare indietro eccome, e con gli interessi: è una legge economica.

Sempre in un’ottica economica: non può esistere un rimedio definitivo, perché se esistesse, le persone finirebbero per curarsi, e non produrrebbero più utili. Chiuderebbero in pratica tutte le società SpM, cioè le Società per la Malattia. Come la mettiamo? Ecco perché vengono scoperte e/o rispolverate malattie, oppure inventate di sana pianta, il tutto per allargare il bacino di pazienti che inconsciamente e spesso ignorantemente (ignorare significa non conoscere) cadono nelle maglie economiche di queste corporations. La pistola fumante che conferma questo, apparentemente cinico discorso, sono le malattie rare. Appunto perché toccano una percentuale bassissima della popolazione, nessuno investe denari! Se la medicina fosse per l’uomo e non per il Dio-denaro, non dovrebbe esserci alcuna differenza tra una malattia che colpisce 5 persone su 10.000 (definizione ufficiale di malattia rara) e quella che invece colpisce il 30% della popolazione. Avete mai sentito parlare di antrasferrinemia congenita, agammaglobulinemia, disfagocitosi erpetiforme, xantinuria? Queste 4 delle 581 “malattie rare” elencate nel sito dell’Istituto Sanitario italiano sono totalmente sconosciute, mentre tutti conosciamo bene il cancro, le malattie cardiovascolari, il diabete ecc. Se una malattia è mortale il discorso cambia eccome, perché più una malattia ha una percentuale bassa di guarigione più soldi pubblici e privati vengono investiti e quindi fagocitati dalle lobbies, ma non con l’obiettivo della cura definitiva, altrimenti come ho spiegato prima, chiuderebbero i battenti. Infatti nonostante tutte le ricerche, si continua a morire di cancro, di problemi cardiovascolari, per fare due esempi, più di prima. Tornando invece al primo punto di tipo culturale: vogliamo veramente credere che l’essere umano sia un piccolo ammasso sanguinolento formato da miliardi di cellule, e il tumore una massa informe che cresce e si sviluppa dentro per un motivo sconosciuto o casuale? L’essere umano certamente ha un corpo fisico (cellule, organi ecc.) ma è anche dell’altro. Si tratta infatti di un essere spirituale incarnato la cui anima funge da ponte di comunicazione tra il mondo materiale e quello immateriale. Si può affermare che l’essenza spirituale “indossa” un corpo fisico per fare esperienza, cioè conoscenza (quindi coscienza), e l’anima ne permette tale scambio! Cosa fa funzionare il cuore con tutta la sua circolazione sanguigna, se non la scintilla divina? Possiamo pensare che siano le correnti elettriche cardiache a mettere in moto un meccanismo così perfetto e altrettanto delicato? E se fosse così: cosa attiva queste correnti elettriche: il caso, una pila o dell’altro? Quale magico impulso dona la vita ad un ammasso di cellule? 
In questa visione molto più completa (e responsabile), il cancro assume un aspetto decisamente differente: da massa che cresce caoticamente e casualmente, diventa una parte di noi che si “ribella” all’ordinamento assumendo una forma e una sua vita autonoma. Ha senso allora distruggere con la chimica o con le radiazioni una parte di noi, se tutto poi è collegato? Bombardando con radiazioni o con chemioterapici un fegato canceroso, uccido anche tutte le altre cellule che non c’entrano nulla, debilito fortemente l’organismo e distruggo quel fondamentale terreno biologico del corpo umano, nel quale avvengono tutte le reazioni e trasformazioni cellulari di vitale importanza, predisponendo (il corpo) alle infezioni, e ad altre malattie. Estirpando un tumore con la chirurgia, ad eccezione di alcune situazioni, viene certamente tolta la parte cosiddetta malata, ma vado all’origine del problema? La matrice che ha originato e/o innescato tale crescita cellulare viene eliminata con la rimozione delle cellule oncologiche? Assolutamente no, e i dati ufficiali delle recidive e della mortalità parlano da soli. La sopravvivenza a 5 anni dalla chemioterapia è intorno al 2%. Significa che gli strumenti riconosciuti come validi e adoperati dalla medicina allopatica tutta, sono pericolosi per la salute stessa dei malati. Ma se anche la chemio funzionasse (cosa che non è), non potrebbe mai e poi mai risolvere o portare alla cosiddetta guarigione, perché la guarigione non può avvenire dall’esterno, ma solo dall’interno. Dall’esterno è possibile soltanto aiutare l’organismo a ripristinare alcune funzioni, a proteggere e rinforzare il corpo fisico, ma mai guarire, perché la guarigione contempla l’equilibrio della triarticolazione dell’essere umano: corpo, anima e spirito. La medicina ufficiale, come anche parte di quella alternativa, invece contempla solo l’aspetto fisico (sintomatologico, allopatico), tralasciando le altre due importantissime parti: l’aspetto emozionale e quello spirituale! Basandosi solo sulla materia, (a cosa le lobbie mirano se non alla cosa più materiale che esista: il denaro?) e abbandonando gli aspetti sottili dell’essere, la medicina smembra e separa l’Uomo. Come può allora curare una medicina materialista che crea solo separazione?
Da quando il filosofo matematico francese René Descartes (XVII° secolo) meglio conosciuto come Cartesio, ha spinto l’uomo occidentale a identificarsi con la propria mente invece che con l’intero organismo (Cogito Ergo Sum) possiamo dire che ha dato origine alla “separazione”, alla “divisione” dell’uomo che nel corso dei secoli ha portato alle specializzazioni mediche. Prima il Medico era uno e sapeva tutto o quasi (rispetto ai tempi ovviamente), poi è diventato specialista (cardiologo, urologo, ginecologo, pneumologo ecc.) perdendo la visione totale. Tale frammentazione cartesiana assieme alla concezione meccanicistica ha portato a quello che oggi possiamo assistere ogni giorno in ogni ambulatorio: il cardiologo che non sa nulla della prostata e l’urologo che non sa nulla del cuore; il dermatologo che conosce solo la pelle e il ginecologo solo gli organi sessuali. Possiamo chiamarla scienza? Se allora in un contesto più ampio e globale, si tiene in seria considerazione oltre alla parte fisica (certamente importante) soprattutto la parte emozionale (corpo animico) e quella spirituale (l’essenza divina) potremo seriamente “rischiare” di guarire, mettendo in crisi le lobbies del farmaco. Il tumore (ad eccezione dei bambini, che tocca aspetti molto più esoterici ed occulti) è una parte di noi che ci sta segnalando - anche a rischio della propria vita - attraverso il corpo fisico, un qualcosa che abbiamo perduto (equilibrio) o che ci siamo dimenticati, o che non vogliamo vedere e affrontare. Ma non ci sono alternative: quando fa la sua comparsa una massa cellulare dobbiamo cambiare qualcosa (l’aspetto emozionale, lo stile di vita, i rapporti famigliari e interpersonali, l’alimentazione ecc.). La guarigione è sempre e solo cambiamento, mentre la stasi è la morte! La malattia in generale ci dà l’opportunità di cambiare qualcosa di noi, dentro di noi ed esternamente nei rapporti con l’altro (il fuori). Sta a noi comprenderlo oppure no. Certamente è più facile seguire i dettami dell’esperto di turno, cioè il medico, ma purtroppo o per fortuna, non è il medico che sta vivendo la malattia, non è il medico che rischia di morire, come non è il medico che deve capire qualcosa e cambiare. La funzione principale del medico dovrebbe essere quella di accompagnare l’assistito aiutandolo nella maniera più congeniale e consona al suo essere: dare una dieta sana, aiutare a rinforzare il sistema immunitario, ovviamente assistere in caso di pericolo, e se all’occorrenza prescrivere una cura di emergenza. Oggi tutto questo rappresenta un’utopia: il medico è quello che prescrive farmaci (spesso pure sbagliando) da mattina a sera, parla con gli informatori medici (i très d’union con le lobbies) più che con le persone che ne avrebbero veramente bisogno, ascoltando i loro problemi come un vero e proprio confessore, e manda infine dallo specialista per quello o per quell’altro problema, perché non rientra nel suo campo d’azione. In una simile situazione di separazione e di totale assenza di amore, pretendiamo veramente di guarire? Certamente no, e infatti la malattia (questo disagio dell’anima) è sempre più presente nella nostra società moderna.

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