THE CHINA STUDY: LA PIU' GRANDE BALLA DEGLI ULTIMI ANNI.

02-11-2016

Intorno a "The China Study", un libro del 2006 scritto dallo statunitense Colin Campbell, si è sviluppato un forte dibattito. Il libro, facendo leva su alcuni dati epidemiologici cinesi (relativi agli anni '70 del secolo scorso) e ad alcuni lavori controversi effettuati su animali, dichiara apertamente guerra alle proteine ed è diventato negli ultimi anni la "bandiera" di vegetariani e vegani, orientati ad un'assunzione dominante di carboidrati in una possibile sana alimentazione. L'assunto principale del libro è stato quello di avere analizzato attraverso un lavoro epidemiologico immenso, effettuato negli anni tra il 1972 e il 1974, su quasi 800 milioni di cinesi, il rapporto tra alimentazione e sviluppo di malattie degenerative e cancro. Il lavoro è stato promosso dall'allora capo del governo della Repubblica Popolare Cinese Chu En-Lai, lui stesso ammalato di cancro, per meglio capire le immense diversità epidemiologiche che esistevano in Cina nella distribuzione del cancro. Quello che è emerso da quella valutazione è stato che i contadini cinesi, che mangiavano legumi, fibre, cibi integrali e poche proteine, e si muovevano a piedi, si ammalavano molto meno di cancro di altri che mangiavano cibi raffinati e si muovevano poco. La chiave di lettura proposta dall'autore è quella di ridurre le proteine alimentari e di dare immenso valore ad un'alimentazione ricca di carboidrati. A pag. 97 del suo libro, purtroppo, Campbell dice testualmente: "La dieta più sana che si possa consumare è una dieta ad alto contenuto di carboidrati". Eppure a distanza di 40 anni, i cinesi dello studio sono cresciuti, e anziché camminare e lavorare nelle campagne hanno iniziato a vivere in città, continuando a mangiare, come tradizione, i loro elevati livelli di carboidrati, riducendo le proteine come Campbell ci vorrebbe portare tutti a fare. Con conseguenze disastrose.
Il lavoro pubblicato dal JAMA (settembre 2013) mostra dei risultati epidemiologici devastanti. Si tratta di un lavoro fatto in accordo con i criteri di diagnosi di diabete e prediabete dell'American Diabetes Association, in cui la considerazione di "prediabete" deriva dalla ridotta tolleranza agli zuccheri e dalla glicemia basale superiore ai 100 mg/dl. Vale la pena di ricordare che quasi 100.000 persone, rappresentative dell'intera popolazione cinese, hanno effettuato un test da carico di glucosio e valutato la loro resistenza insulinica e la tolleranza agli zuccheri. Capiamo dove sta la drammaticità dei risultati. L'11,6% dei cinesi ha il diabete, e solo il 3,5% della popolazione sa di averlo e lo cura. Più del 50% dei cinesi è già, oggi, prediabetico (52,1% degli uomini e 48,2% delle donne) nonostante un valore di emoglobina glicata minore o uguale a 7,0% fosse considerato "sano". Parliamo di oltre 110 milioni di cinesi diabetici, oltre 500 milioni di cinesi prediabetici (che lo svilupperanno nel giro di pochi anni) e di solo 32 milioni di persone che lo curano. Si tratta di numeri enormi, ma soprattutto di un quadro che potrebbe proporsi (e in parte lo sta facendo) anche nelle nostre regioni. L'accoppiata di alimentazione a base di carboidrati e di stress legato alla vita occidentale determina questo tipo di effetti. Disastrosi, a dispetto di chiunque voglia continuare a sostenere questo tipo di alimentazione in un ambiente "mutato" come quello attuale. Colin Campbell, nel China Study, dice che non bisogna mangiare proteine e lo documenta con lavori ormai datati e con ricerche sul cancro molto discutibili.

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24002281

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