DISEASE MONGERING: QUANDO LA MALATTIA NON C'E', BISOGNA INVENTARLA.

19-12-2016

Se ne sentono di tutti i colori, sul comportamento delle multinazionali del farmaco: dalla corruzione di medici e operatori (la più banale delle operazioni), alla manipolazione dei risultati scientifici per il lancio di un nuovo medicinale; dalle scorciatoie per immettere un farmaco sul mercato nel più breve tempo possibile, ai trucchi per brevettare singole procedure o lievi modifiche molecolari per guadagnarci sempre. A partire dagli anni ’50 l’industria farmaceutica è molto cambiata, e il benessere della popolazione non si sa che posto occupi rispetto alla ricerca di profitto e a un elenco di incredibili priorità: sicuramente è ben lontano dalla prima originaria “missione” della farma-industria. Secondo le statistiche e le rivelazioni di farmacologi “pentiti”, la stragrande maggioranza dei farmaci - più del 90% - funziona solo nel 30-50% degli individui, e le aziende lo sanno benissimo. Che se ne stia accorgendo anche la gente? Il mercato della salute, cioè quello della gente ammalata, è stato più che spartito, direi sbranato e dilaniato, tra le varie case produttrici e ora bisogna pensare a qualcosa di nuovo, di planetario, che renda profitto immediato e sicuro. Ecco perché pare più che evidente che l’unica direzione da intraprendere sia quella di “curare i sani” (come confessò una trentina di anni fa un pezzo grosso della Merck). Lo chiamano Disease mongering, è all’ultima moda e di grande tendenza, e tratta di creare un bisogno per trasformarlo in consumo, possibilmente di massa; nello specifico si creano nuove malattie a tavolino. Per fare un esempio, ora anche la timidezza è diventata una malattia: la chiamano "social anxiety disorder" e la curano farmacologicamente. Altri esempi li portano la sindrome denominata “Disturbo di Attenzione e/o Iperattivà” (ADHD) trattata nei bambini con psicofarmaci pesanti e tossici, e il continuo abbassamento dei valori di rischio, ad esempio del colesterolo (passato da 240 a 200) o della pressione arteriosa, di modo che il numero dei pazienti fuori norma sia maggiore. Qualche anno fa era comparso anche un interessante libro intitolato “Farmaci che ammalano e case farmaceutiche che ci trasformano in pazienti”, che forniva un’analisi provocatoria, sconcertante e approfondita di come le multinazionali farmaceutiche creano e poi sfruttano, per lucro, le malattie. Con i suoi 545 aggiornatissimi riferimenti bibliografici, questo libro svela tutti i conflitti di interesse e le politiche commerciali dell'industria farmaceutica mondiale ed è quindi una fonte enorme di informazioni sui retroscena speculativi che caratterizzano le principali patologie umane: ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, depressione, ansia, stress, menopausa, osteoporosi, colon irritabile ecc. Strumentalizzando la propria influenza sulla scienza medica nel suo complesso, i grandi gruppi farmaceutici stanno promuovendo una vera ridefinizione delle malattie umane per poter espandere il proprio mercato; e modificando i fattori di rischio per la salute e i parametri per valutarli, fanno rientrare sempre più individui tra i malati bisognosi di farmaci. Ma ci sono altre due strade “facili” per creare consumismo sanitario:

1. Quello di (diffondere) o lasciar diffondere periodicamente nuovi virus ad alta trasmissibilità che infestino un pò il pianeta (l’abbiamo visto con la SARS nel 2003, con l’Aviaria nel 2005 e con la Suina nel 2009) ottenendo così un exploit di malati bisognosi di medicine.

2. Programmare nuove strategie vaccinali (strettamente collegate al punto 1 ma non necessariamente) o rendere obbligatorie (con accordi aziende-governo) alcune vaccinazioni pediatriche, diffondendo allarmismo, terrorismo, minacce.

Relativamente al primo punto, siamo avvezzi ormai a farci stuzzicare periodicamente da qualche virus emergente e inedito: in quest’ultimo caso sono state vendute migliaia di mascherine protettive (che non servivano a nulla, ma sono andate a ruba), gel e soluzioni disinfettanti per le mani da portare sempre con sé per ogni evenienza, e i fatturati di molte aziende sono saliti alle stelle. Pochi però sono quelli che si fanno prendere dal panico e si comportano irrazionalmente proprio come le aziende farmaceutiche si aspettano; molti di più sono quelli che “non ci cascano più” vuoi perché sono più informati, vuoi perché sono del settore, vuoi perché a forza di gridare “al lupo, al lupo!”…gli unici che ancora ci cascano (ma ci cascano davvero? O sono accordi consapevoli, che contano sulla dabbenaggine della gente?) sono i governi, che si fanno coinvolgere in acquisti colossali di dosi vaccinali, sovrastimando il loro utilizzo e sottostando a condizioni assurde imposte dall’azienda venditrice per i propri interessi. In particolare, nel caso dell’ultima suina, il governo italiano ha acquistato 24 milioni di vaccini, mentre, secondo i dati diffusi dal Ministero sono state somministrate solo 821.672 prime dosi e 28.611 seconde dosi (totali 850,283), di cui quelle assunte da operatori sanitari e sociosanitari sono state 159.093, pari al 15% del totale (dato particolarmente eloquente). Però intanto le aziende hanno venduto, hanno riscosso, e hanno fatto girare parecchio denaro. Ma nel frattempo, anche il governo che ora si trova nella condizione di dover vendere alla popolazione ciò che ha acquistato in eccesso e a caro prezzo, si comporta come le aziende che gliel’hanno venduto: con comunicati, messaggi promozionali, campagne informative, e convegni medici, sta cercando di dar fondo alle scorte sollecitando la vaccinazione antinfluenzale suina, anche se l’allarme virus è praticamente esaurito, anche se alla popolazione non serve. Per quanto riguarda invece le vaccinazioni pediatriche, quelle di routine o meno, è veramente incredibile quello che sta dietro a un falso principio di tutela della gente. Quando si viene a sapere che le vaccinazioni cosiddette “obbligatorie” sono solo 4, mentre quello che normalmente si somministra ai poveri piccoli è un preparato esa- o addirittura epta-valente, (con costi ovviamente proporzionali) diventa chiaro che dietro tutta la manovra vaccinale ci sono pressioni commerciali, speculative e davvero losche. Insomma è più che evidente che vigono accordi, tra governi e industrie farmaceutiche, decisamente mirati al profitto. In pratica, oltre ad essere notevolmente più pericolose le vaccinazioni “complesse” (cioè pluri-composte), hanno costi spropositati per l’utente; ma se una famiglia decidesse di voler salvaguardare i propri figli somministrando loro solo quelle strettamente raccomandate, singolarmente non le troverebbe in commercio: non esistono. Non è tutto dannatamente illogico? Più che illogico, è molto, molto strategico: il progetto è di vendere ciò che non serve a chi non ne avrebbe affatto bisogno. Dunque se l’Industria Farmaceutica prepara per tempo le proprie politiche di marketing e studia a lungo le strategie di “ disease mongering” (cioè di “invenzione delle malattie ”) tessendo accordi e amicizie con i centri di potere e di informazione, allo stesso modo anche noi dobbiamo imparare ad informarci per non trovarci impreparati davanti ad eventuali piccoli o grandi inganni, che a quanto pare in questo ultimo tempo non mancano nel mondo sanitario. Insomma, l’idea che le industrie farmaceutiche vogliano la nostra salute è ormai un mito di pochi sprovveduti. Lo conferma, se non bastasse, il fatto che nessuna di esse investe affatto su farmaci per il trattamento di malattie rare: questi pochi pazienti rimangono senza medicine perché le aziende non ci guadagnano abbastanza. Ma se è vero che oggigiorno la gente è più informata, e sempre più raramente si affida ciecamente e senza consapevolezza ai suggerimenti degli esperti, questa è l’unica maniera per non farsi abbindolare a costo della salute stessa (e del portafoglio). Quanti ancora si faranno prendere per il naso?

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