13-01-2017
La convinzione che il latte sia un cibo benefico vive tuttora, ma questa aveva certamente un senso maggiore nel passato, in cui molte malattie erano causate da carenze alimentari. Il latte rappresentava un alimento concentrato da cui individui molto debilitati potevano facilmente trarre sostegno, senza che il loro sistema digerente fosse troppo impegnato in un’opera di trasformazione (che è qualcosa di differente dalla digestione delle sostanze). Il latte usato in antichità, almeno in Italia, non era certo quello di mucca, ma poteva essere di capra, di pecora ma anche di bufala, di asina o di cavalla, ritenuto un efficace purgante. Catone consiglia: “Se le forze ti stanno abbandonando, se tuo figlio stenta a crescere, una scodella di latte di pecora tutte le mattine è quello che ci vuole. Ma che sia latte appena munto. Per una luna intera, berrai la scodella di latte al mattino, scaldandolo un poco, con un cucchiaino di miele e alcune foglie di menta. Così va lasciato per un’ora circa, prima di berlo piccoli sorsi”. Sembra che Catone fosse un vero esperto degli usi medicinali del latte: per disturbi intestinali prescriveva di aggiungervi vino rosso e sale, o anche miele e foglie di edera. Oggi, nei nostri ospedali, nonostante la maggior parte delle malattie dell’uomo siano dovute a un eccesso di cibo, e in particolar modo di grassi saturi, il formaggio continua ad essere considerato il cibo sano e curativo per eccellenza. A questa situazione contribuiscono motivi nutrizionali (certe tabelle dietetiche a cui fanno riferimento le dietiste), di praticità e di comodità per chi cucina e ha la responsabilità della dispensa, e di gusto: infatti a chi piace il formaggio questo piace sempre, perché non c’è differenza tra quello di casa e quello dell’ospedale (o del ricovero). Tra i medici, quelli sportivi sono i più attenti all’alimentazione, e probabilmente anche coloro che meglio ne conoscono i principi e gli effetti. Essi per esempio sconsigliano il formaggio a certe categorie di atleti - come per esempio ai ciclisti - perché dicono che questo è di lenta digestione e tende a fermentare nell’intestino. Secondo il vostro buon senso, lo stesso formaggio mangiato da una persona debole, malata e costretta a letto all’immobilità, sarà digerito più o meno velocemente, e produrrà maggiori o minori fermentazioni? Un’amenità (non vedo come definirla diversamente) è il nostro concetto di dieta “in bianco”, secondo cui la bontà o meno di un cibo per una persona ammalata dipende dal fatto che il cibo in questione abbia o meno tale colore. Come tutti sanno, riso, formaggio certosino, parmigiano e (con un pò di evidente daltonismo) burro e il purè di patate sono gli alimenti sovrani di tale concezione dietetica. Non parliamo poi della dietetica moderna che esprime il meglio di sé in quel gioiello chiamato la dieta lattea, panacea per i sofferenti di ulcera gastrica o duodenale, sintesi sublime fra la dieta in bianco e i consigli antichi di Catone. Naturalmente, per i vari motivi di cui ho sempre parlato nei miei articoli, non posso mai e poi mai condividere questo approccio dietetico. Può essere vero che il latte eserciti un’azione lenitiva sulle pareti dello stomaco, ma al di là di effetti del tutto sintomatici (e da non dare per scontato in tutti gli individui e in tutti i tipi di ulcera), una dieta di tale tipo non può che aggravare nel tempo la situazione di malattia in atto. Ciò è tanto più vero in caso di ulcera gastrica, la cui causa viene fatta risiedere proprio in un consumo eccessivo di latte, di gelati, di zucchero e di altri alimenti che contengono combinazioni di questi ingredienti.