20-01-2017
Il morbo di Parkinson potrebbe manifestarsi e progredire a partire dall'intestino. È questa la teoria sviluppata in uno studio compiuto da un team di ricercatori statunitensi che potrebbe cambiare l'approccio a una patologia ancora incurabile. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Cell”, ha permesso di ipotizzare che i disordini neurologici sarebbero generati direttamente da alcuni batteri presenti nel microbioma intestinale, che è l'insieme dei microorganismi simbionti che si trovano nel tubo digerente dell'uomo. La sperimentazione è stata condotta per ora solo su topi da laboratorio. Gli scienziati hanno cercato di studiare tutti quei fattori che favoriscono l'insorgere dei sintomi tipici del Parkinson: in particolare, il tremolìo e la difficoltà di movimento. Per riuscirci hanno osservato il comportamento di un gruppo di topi geneticamente programmati per sviluppare alti livelli di alfa-sinucleina, la proteina direttamente associata ai danni cerebrali provocati dal Parkinson. Si è notato come solo gli animali con alcuni batteri nello stomaco avessero sviluppato i sintomi tipici del morbo, mentre i topi che ne erano sprovvisti rimanevano in buona salute. Ulteriori test hanno, infine, mostrato come il trapianto nelle cavie dei batteri intestinali prelevati dai pazienti affetti dalla patologia neurodegenerativa aggravasse in misura esponenziale i sintomi, rispetto ai topi trapiantati con batteri presi da persone sane.
I risultati della ricerca hanno portato gli scienziati a credere che alcuni dei batteri studiati rilascino sostanze chimiche capaci di sovraeccitare parti del cervello e, dunque, portare al danno neurologico. Se le successive ricerche dovessero confermare questi dati, potrebbe cambiare l'approccio stesso allo studio e al trattamento clinico del morbo di Parkinson, mediante l'introduzione di farmaci che, dicono gli scienziati, siano capaci di regolare i batteri intestinali e i probiotici. Tuttavia, sebbene i risultati della ricerca siano promettenti, rimane come sempre, la necessità di confermarli con ulteriori test sugli esseri umani. Per il momento i ricercatori si dichiarano soddisfatti dei dati raccolti e non escludono la possibilità che in futuro la terapia per i danni cerebrali possa partire dall'uso dei farmaci usati per la cura dell'apparato digerente.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27912057
https://www.sciencedaily.com/releases/2016/12/161201122159.htm