17-01-2018
Recenti studi suggeriscono che il ferro può avere un effetto protettivo contro le malattie cardiache. Questi risultati promettenti potrebbero aprire la strada a nuovi trattamenti. La malattia cardiovascolare (CVD) è la principale causa di morte negli Stati Uniti ed è responsabile di circa 610.000 decessi ogni anno. Un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra e dell’University College London, entrambi nel Regno Unito, ha esaminato il legame tra i livelli di ferro nel corpo e il rischio di sviluppare il tipo più comune di malattia cardiovascolare: la malattia coronarica (CAD). Attualmente più di 370.000 adulti americani muoiono a causa della malattia coronarica, ogni anno.
Precedenti ricerche hanno ipotizzato che i livelli di ferro nel corpo possono essere legati a malattie cardiache. Ma gli studi che hanno indagato questo collegamento hanno dato risultati incoerenti: alcuni studi suggeriscono che i livelli elevati di ferro possono proteggere contro le malattie cardiache e altri indicano l’esatto opposto. La nuova ricerca ha utilizzato la randomizzazione Mendeliana per approfondire questo collegamento. Più in particolare, gli scienziati - guidati dal Dr. Dipender Gill, un esperto clinico del Wellcome Trust all’Imperial College London - hanno cercato di stabilire la causalità, verificando se il ferro ha un effetto diretto sul rischio di CAD. Per questo, gli scienziati hanno indagato le variazioni genetiche individuali. “Poiché i nostri geni ci vengono assegnati in modo casuale prima che nasciamo, il loro impatto sui nostri livelli di ferro è meno influenzato dagli stili di vita o dai fattori ambientali che possono confondere gli studi osservazionali”.
Il Dr. Gill ed il suo team hanno esaminato i dati genetici di più di 48.000 persone. In particolare, si sono concentrati sui polimorfismi a singoli nucleotidi (SNP), che sono il tipo più comune di variazione genetica umana, nel tentativo di identificare quelli che causano un basso o alto livello di ferro. I polimorfismi a singoli nucleotidi possono servire come marcatori biologici e consentire agli scienziati di trovare i luoghi genetici di alcune malattie. Il Dr. Gill ed i suoi colleghi hanno analizzato tre punti specifici del genoma in cui un polimorfismo può aumentare o diminuire il livello di ferro nel corpo di una persona. Gli scienziati hanno poi utilizzato i dati combinati di due meta-analisi per lo screening di questi SNP, per un totale combinato di più di 124.000 persone con CAD. I risultati hanno confermato l’ipotesi che livelli più alti di ferro riducono la probabilità di sviluppare la malattia coronarica. “Questi risultati,” concludono gli autori, “potrebbero evidenziare un obiettivo terapeutico”.
Come spiegano gli autori, i risultati dovranno essere validati in un trial controllato randomizzato - in cui alcuni pazienti vengono somministrati con supplementi di ferro e alcuni con un placebo - per verificare se l’assunzione supplementare di ferro protegge contro la malattia coronarica. “Abbiamo dimostrato che avere un basso livello di ferro aumenta il rischio di malattia coronarica, ma ciò non significa che correggere i livelli di ferro risolve il rischio aumentato. Ciò che abbiamo evidenziato è un potenziale obiettivo terapeutico che non conoscevamo prima e che è facilmente modificabile“, dice il Dr. Gill. “Proprio come quando i livelli di colesterolo sono alti e noi li trattiamo con le statine, se i livelli di ferro sono bassi, possiamo trattare i pazienti con supplementi di ferro per ridurre al minimo il rischio di malattie cardiovascolari”.