03-02-2017
I preparati a base di boldo sono tradizionalmente impiegati come coleretici e colagoghi e per facilitare le funzioni di eliminazione renale e digestiva. Come tali rientrano in svariate specialità proposte nel trattamento sintomatico delle turbe dispeptiche e possono essere associati a piante colagoghe come il carciofo, oppure a piante come la senna, la cascara ecc., nel trattamento della stipsi. Al boldo son attribuite proprietà diuretiche, sedative del sistema nervoso e debolmente ipnotiche. La boldina, a dosi più elevate rispetto a quelle utilizzate per stimolare le funzioni digestive, determinerebbe infatti un’azione ipnotica in grado di provocare uno stato di sonno simile a quello fisiologico, cui segue un risveglio esente da sgradevoli sensazioni di malessere. Le foglie di boldo trovano da sempre impiego nelle affezioni epatiche come stimolanti della secrezione biliare e per le proprietà antiepatotossiche del fitocomplesso. La boldina esercita un’azione elettiva sulla secrezione biliare ed in particolare sulla fluidificazione della bile. Sarebbe in grado infatti di modificarne le caratteristiche chimico-fisiche, diminuendone la densità e la viscosità ed aumentando il contenuto acquoso. Ricerche e seguite su cavie hanno messo in evidenza un’azione colecistocinetica, azione che compare anche a bassi dosaggi, compatibili con quelli tradizionalmente impiegati in terapia, mentre l’effetto coleretico compare solo per posologie elevate. L’aumento della secrezione appare netto ma di breve durata. Il conseguente aumento dei sali biliari a livello intestinale determina anche un effetto lassativo. La boldina ha a livello del tubo gastroenterico un’azione antispasmodica. Lavori effettuati nel 1977 hanno dimostrato che dosi elevate di estratti idroalcolici inibiscono la perossidazione lipidica (epatociti di cavia in coltura) e proteggono il fegato contro gli effetti tossici del tetracloruro di carbonio.