09-12-2018
Il collegamento tra la saturazione cellulare del pro-ormone vitamina D e lo sviluppo di patologie croniche che vanno dal cancro, demenza, ictus e malattie cardiache, sono stati ben documentati tra gli scienziati lungimiranti per almeno un decennio. Il meccanismo di azione non è stato però ben documentato in quanto la maggior parte degli studi, non ha tracciato una linea netta tra i livelli ematici di vitamina D e la prevenzione delle malattie.
I ricercatori del National Health hanno segnalato il loro studio sulla rivista The Journal of Immunology ed hanno scoperto particolari eventi molecolari e di segnalazione con i quali la vitamina D inibisce l’infiammazione per aiutare a prevenire e forse anche curare, una serie di malattie potenzialmente mortali. Gli attuali livelli di vitamina D ritenuti soddisfacenti dalla maggior parte dei professionisti medici, non hanno impedito la cascata infiammatoria che porta alla progressione di molte forme di malattia. Al contrario, gli individui che mantengono livelli ematici significativamente più elevati di vitamina D hanno livelli più bassi di marcatori infiammatori noti per aggravare la progressione della malattia e inoltre, sono stati protetti contro le principali cause di morte oggi prevalenti.
L’autore dello studio, il Dott. Elena Goleva ha notato che questa ricerca “va al di là di precedenti associazioni di vitamina D con esiti di salute vari. Delinea una chiara catena di eventi cellulari, dal legame di DNA, attraverso un percorso di segnalazione specifica, alla riduzione di proteine note per innescare l’infiammazione“. Orientamenti attuali richiedono minimi livelli di vitamina D nel siero del sangue di 20 ng/ml, un punto di riferimento di decenni fa, che aveva lo scopo di prevenire il rachitismo nei bambini e promuovere la salute delle ossa. I ricercatori che conducono questo studio hanno trovato un miglioramento dei livelli di infiammazione ad un minimo di 30 ng/ml di vitamina D nel siero del sangue.
Gli scienziati che hanno condotto questo studio, hanno esaminato i meccanismi specifici presentati nella vitamina D che agiscono sulle vie immunitarie ed infiammatorie. Essi hanno osservato globuli bianchi con diversi livelli di saturazione di vitamina D e quindi esposto cellule di cultura ad una molecola infiammatoria nota per promuovere intense risposte infiammatorie. Cellule esposte a bassi livelli di vitamina D (meno di 15 ng/ml) hanno prodotto livelli eccessivi di citochine infiammatorie IL-6 e TNF-alfa, associate con lo sviluppo e la progressione della malattia. Il massimo livello di inibizione infiammatoria si è verificato a 50 ng/ml di saturazione di vitamina D. I ricercatori hanno identificato una nuova posizione in cui la vitamina D recettore sembra legare direttamente al DNA e attivare un gene noto come MKP-1. Il Dott. Goleva ha concluso “Il fatto che abbiamo mostrato una risposta dose-dipendente e variabile a livelli normalmente riscontrati nell’uomo, aggiunge anche il peso per l’argomento, del ruolo della vitamina D in condizioni immunitarie e infiammatorie.” Mantenere i livelli di vitamina D nel sangue superiore a 50 ng/ml per dare la massima protezione contro malattie croniche infiammatorie mediate.
http://www.jimmunol.org/content/early/2012/02/01/jimmunol.1102412