ALOE VERA PER TRATTARE IL DIABETE DI TIPO 2.

30-11-2016

Il diabete è un’epidemia globale e una delle principali cause di malattia e morte. Ora, un’analisi aggregata di nove studi che ha esaminato l’effetto dell’aloe vera somministrata per via orale nelle persone con diabete e pre-diabete, suggerisce che l’aloe vera dovrebbe essere ulteriormente studiata come un composto antidiabetico. L’analisi è stata condotta da ricercatori dell’USAF David Grant Medical Center a Travis Air Force Base a Fairfield (California). L’analisi mostra che le persone con diabete la cui glicemia a digiuno è superiore a 200 mg/dl possono trarre maggiori benefici dal trattamento con aloe vera somministrata per via orale. Il diabete è una condizione permanente in cui lo zucchero nel sangue è troppo alto, con conseguenti danni agli organi se non trattato. Ci sono 382 milioni di persone nel mondo che vivono con il diabete e il diabete di tipo 2 rappresenta la stragrande maggioranza dei casi. Gli autori fanno notare che negli Stati Uniti - dove circa 21 milioni di persone hanno la malattia - il costo del trattamento e perdita di produttività nel 2012 a causa del diabete sono stati di 245.000.000.000 di dollari. Il costo globale si prevede che possa superare 490.000.000.000 di dollari entro il 2030. Un rimedio naturale per trattare la condizione è l’aloe vera (Aloe barbadensis), una pianta utilizzata in medicina dai cinesi, egiziani, greci, indiani, giapponesi e messicani da migliaia di anni. Più recentemente, l’aloe vera è stata utilizzata per trattare per uso topico la dermatite seborroica, psoriasi vulgaris ed herpes genitale e oralmente come lassativo.
La parte della pianta di aloe vera che viene utilizzata sono le foglie ed i componenti principali della pianta sono presenti nella parte esterna della pianta e nel gel interno incolore. “La pianta di aloe vera contiene almeno 75 composti attivi, che comprendono in particolare vitamine, enzimi, minerali, antrachinoni, monosaccaridi, polisaccaridi, lignina, saponine, acido salicilico, fitosteroli e aminoacidi”, spiegano gli autori della ricerca che citano anche studi che suggeriscono che alcuni di questi composti hanno un ruolo nel migliorare il controllo della glicemia. La pianta contiene anche elementi come cromo, magnesio, manganese, zinco, noti per essere importanti per il metabolismo del glucosio, migliorando l’efficacia dell’insulina. Studi precedenti sull’aloe vera come rimedio per una serie di malattie croniche - come l’asma, il glaucoma, la pressione alta, malattie infiammatorie intestinali e il diabete - hanno prodotto evidenze limitate o incoerenti. Tuttavia, l’aloe sta diventando un rimedio naturale sempre più popolare ed i ricercatori hanno deciso di indagare le sue proprietà.
Per la loro analisi, il team ha osservato l’effetto dell’aloe vera somministrata per via orale sulla glicemia a digiuno (FPG), emoglobina A1c (HbA1c), test di tolleranza al glucosio orale (OGTT) e una serie di altre misure nella popolazione in fase di pre-diabete e diabete. I ricercatori hanno trovato che solo nove studi avevano dati appropriati per una meta-analisi e avevano condotto indagini su FPG e HbA1c. Di questi studi, tutti e nove hanno controllato FPG su un totale di 283 partecipanti e cinque HbA1c su un totale di 89 partecipanti. FPG (o glucosio a digiuno) misura il livello di glucosio nel sangue durante un periodo in cui il paziente non ha mangiato nè bevuto, tranne l’acqua, per almeno 8 ore. In questo intervallo, i pazienti con 100-125 mg/dl di glucosio sono considerati pre-diabetici e con 126 mg/dl o più, come diabetici. HbA1c (emoglobina glicata, a volte chiamata emoglobina A1c) è una misura della glicemia media degli ultimi 2-3 mesi. Un livello maggiore o uguale a 6,5 per cento è considerato diabetico. La meta-analisi ha mostrato che l’aloe vera ha ridotto sia FPG che HbA1c nelle popolazioni studiate. Secondo i ricercatori “i dati suggeriscono che i pazienti con un FPG ≥200 mg/dl possono avere un maggiore beneficio dal trattamento con l’aloe vera e questa popolazione ha visto una riduzione media di FPG di 109,9 mg/dl”. Nella loro conclusione, i ricercatori indicano diversi limiti dei dati e dei risultati e concludono che: “Ulteriori studi clinici sono necessari per esplorare ulteriormente questi risultati”.

 

http://online.liebertpub.com/doi/10.1089/acm.2015.0122

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