12-01-2019
E' possibile che l'invecchiamento prematuro della pelle non abbia nulla a che fare, qualche volta, con cause ambientali quali un clima aspro e troppo lunghe esposizioni al sole, ma dipenda piuttosto da un invecchiamento accelerato dell'intero organismo? Nessuno può saperlo con certezza, ma c'è stato un medico che ha suggerito che l'avvizzimento precoce della pelle può essere messo in rapporto con reazioni chimiche interne dovute a schemi dietetici errati. E benchè questa sua affermazione sia basata più su una rassegna informale che su un rigoroso studio sperimentale, concorda molto bene con la recente ricerca scientifica la quale mette in luce che:
1. la vitamina E è intimamente connessa con l'aspetto giovanile;
2. è necessaria una quantità molto maggiore di questa vitamina di quanto si fosse sospettato in precedenza, per frenare un deterioramento che sarebbe altrimenti inevitabile.
In un suo scritto su Medical Counterpoint il dottor Edward Pinckney descrive un prolungato esperimento scientifico nel quale sono stati esaminati più di mille pazienti, parte di un chirurgo plastico, per scoprire eventuali segni di invecchiamento prematuro. Venne esaminata anche la dieta. L'esaminatore, il dottor Cadvan Griffiths, professore di chirurgia all'University of California di Irvine, classificò ciascun paziente in base all'entità delle rughe, delle zampe di gallina, dei segni di espressione e di altri sintomi di degenerazione cutanea, come mutamenti nella colorazione e nell'elasticità. Dei 1.093 pazienti studiati il 76% erano donne. L'età dei pazienti andava dai 17 agli 81 anni; tutti vennero classificati per vedere se apparivano più vecchi della loro età. Quando si ottenne una tabella dei risultati, il dottor Griffiths notò un'impressionante correlazione. Tra coloro che affermavano di aver incluso regolarmente e frequentemente nella dieta grassi e oli polinsaturi, il 78% esibiva marcati segni clinici di invecchiamento precoce. Alcuni di essi apparivano addirittura di 20 anni più vecchi dell'età anagrafica, scrive il dottor Pinckney in The Cholesterol Controversy. Come si può spiegare questo legame? "Gli acidi grassi polinsaturi in sè sono composti molto instabili, spiega il dottor Pinckney, un lipide polinsaturo (grasso) quando sia esposto alla minima traccia di un agente catalitico, automaticamente inizia il processo di auto-ossidazione. Ne consegue che la molecola dell'acido grasso polinsaturo si demolisce fornendo radicali liberi...". I radicali liberi sono particelle altamente reattive che, se lasciate incontrollate, infieriranno distruttivamente all'interno dell'organismo. "Quando avviene la distruzione di una cellula organica per opera di un radicale libero", egli dice, "il risultato finale è un granulo di pigmento di lipofuscina. Ed è noto che con l'avanzare dell'età il numero dei pigmenti di lipofuscina aumenta, rappresentando ciascuno la morte di una cellula organica. O, in altri termini, il corpo invecchia in ragione di una cellula per ogni cellula che viene distrutta da un radicale libero proveniente da un grasso polinsaturo".
In certe condizioni, possiamo aspettarci che quanti più grassi polinsaturi consumiamo, tanti più granuli di pigmento di lipofuscina si formino nel nostro corpo, e presumibilmente, che appaiono tanti più segni d'invecchiamento. Naturalmente, una volta avvenuto un danno di questa specie, è molto improbabile potervi rimediare. Ridurre la consumazione degli insaturi non è tuttavia la soluzione giusta: non soltanto ciò in pratica sarebbe difficile, ma anche sconsigliabile. L'organismo ha la necessità di acidi grassi insaturi per la salute della pelle e per un buon metabolismo. Alcuni cibi come i semi di lino, di girasole, e il germe di grano contengono generose quantità di oli insaturi. E molti medici generici e ricercatori sono convinti che consumare più oli insaturi e meno grassi saturi può ridurre il rischio di gravi disturbi cardiaci. Qui arriviamo al nesso fra rughe, invecchiamento e vitamina E: fortunatamente, abbiamo le prove che gli insaturi non entreranno in reazioni distruttive dei radicali liberi se sono presenti adeguati quantitativi di vitamina E. La vitamina E è l'antiossidante della natura: ciò significa che essa agisce bloccando l'ossidazione che può trasformare i lipidi in pericolosi perossidi. In un certo senso, la vitamina E immobilizza i nocivi radicali liberi e li mette fuori combattimento. Inoltre, può minimizzare il danno fatto dalle reazioni a catena dei radicali liberi perchè agisce come elemento di rottura della catena, ha detto Irwin Fridovich, biochimico presso il Duke University Medical Center. Come ha affermato il dottor Harman al simposio di Los Angeles, le reazioni dei radicali liberi non possono essere fatte cessare interamente, ma la vitamina E e altri antiossidanti possono ridurre significativamente la misura in cui si verificano. La maggior parte degli alimenti che contengono oli polinsaturi contengono anche una certa dose di vitamina E. Ma questa sostanza nutritiva viene largamente esaurita nel proteggere il cibo contro la perossidazione. Alla fine, quando tutta la vitamina E è stata "sacrificata", avviene la degradazione chimica: gli oli vegetali, per esempio, irrancidiscono. Così, l'invecchiamento precoce osservato dal dottor Griffiths si potrebbe definire meglio come il risultato della carenza vitaminica E, piuttosto della tossicità dei grassi polinsaturi. Più polinsaturi consumiamo, più abbisogniamo di vitamina E supplementare e non soltanto per proteggere la nostra pelle da un invecchiamento prematuro. Gli antiossidanti come la vitamina E possono impedire ai radicali liberi di fare ogni sorta di danno. Prove sempre più numerose riguardano reazioni di radicali liberi nella patogenesi del cancro, senilità, aterosclerosi e ipertensione: tutti disordini associati con l'invecchiamento, dice il dottor Harman. Anche disordini polmonari relativi al fumo possono essere dovuti, almeno in parte, a reazioni di radicali liberi. Può quindi la vitamina E rallentare il ritmo dell'orologio biologico per gli esseri umani? Alcuni medici sostengono che la vitamina E non può impedire l'invecchiamento, ma può comunque prevenire una morte precoce, una senilità prematura o un attacco cardiaco dovuti a fattori ambientali. Il dottor Harman è più esplicitamente ottmista: "questo approccio offre la prospettiva di un aumento della probabile durata media della vita fino ad oltre gli 85 anni, e un significativo aumento del numero delle persone che vivranno oltre i 100 anni, insieme alla relativa maggiore durata del periodo di vita sana e attiva". Quanta vitamina E si dovrà decidere di prendere? Dipenderà in gran misura dall'età che abbiamo. Il dottor Chen del Department of Nutrition and Food Science della Kentucky University ha scoperto che, almeno in animali da laboratorio, il fabbisogno di vitamina E cresce notevolmente con l'età. Il dottor Harman suggerisce di aumentare l'assunzione di vitamina E a circa 450 fino a 750 U.I. la settimana, o circa 100 U.I. al giorno.