NUTRIENTI ANTINFIAMMATORI.

25-03-2019

VITAMINA C

L’integrazione a base di vitamina C è sempre stata uno dei principi di base della scienza dell’alimentazione. L’utilità della vitamina C per controllare le infiammazioni deriva dalla sua attività antiossidante di neutralizzazione diretta dei radicali liberi, dalla capacità di potenziare la superossido dismutasi (un enzima che elimina i radicali liberi) e dagli effetti antistaminici. Come è facile immaginare, la concentrazione di vitamina C nel plasma e nei globuli bianchi risulta significativamente ridotta nei pazienti con patologie infiammatorie croniche, come per esempio l’artrite reumatoide. L’attività antistaminica della vitamina C è ben documentata, anche nelle persone sane. Uno studio ha analizzato l’impatto dell’integrazione con vitamina C per sei settimane in cinque donne e quattro uomini che non fumavano né prendevano medicine. Inizialmente le porzioni di alimenti contenenti vitamina C da essi consumate sono state ridotte a una o meno al giorno. Con un protocollo in doppio cieco controllato con placebo, ai soggetti sono stati poi somministrati una sola capsula di placebo durante la prima settimana e 500 mg di vitamina C al giorno in un’unica dose durante la seconda e la terza settimana. Durante la quarta e la quinta settimana la dose giornaliera è stata portata a 2.000 mg in dosi frazionate, mentre durante la sesta e ultima settimana dello studio i partecipanti hanno ricevuto due capsule di placebo al giorno. La concentrazione plasmatica di vitamina C è aumentata del 46% rispetto al livello iniziale dopo due settimane di integrazione con 500 mg di vitamina C al giorno e non è risultata molto diversa da quella rilevata durante la somministrazione della dose di 2.000 mg o durante la settimana di sospensione (questo significa che i valori dell’istamina nel sangue non son risultati alterati in modo significativo dalla dose di 500 mg di vitamina C). tuttavia, dopo le due settimane in cui veniva somministrata la dose di 2.000 mg, il livello di istamina nel sangue è diminuito del 40%. Sembra inoltre che questo effetto perduri, dato che la concentrazione plasmatica di istamina non è salita in modo significativo durante la settimana di sospensione controllata con placebo.

VITAMINA E

La vitamina E, altro pilastro della scienza dell’alimentazione, comprende otto tipi di nutrienti liposolubili naturali detti tocoferoli. La sua azione antinfiammatoria deriva essenzialmente dalle sue proprietà antiossidanti. La vitamina E neutralizza efficacemente molti tipi di radicali liberi e inibisce la produzione di sostanze pro infiammatorie a partire dall’acido arachidonico. Viene somministrata da sola, con un moderato successo, nelle malattie infiammatorie gravi come l’osteoartrite, l’artrite reumatoide (soprattutto abbinata al selenio), le patologie parodontali, la gotta e la psoriasi, e contribuisce a prevenire malattie come il cancro, l’aterosclerosi e gli attacchi cardiaci. Tuttavia, come nel caso della vitamina C, si rivela più efficace insieme ad altri nutrienti antinfiammatori. L’integrazione a base di vitamina E è particolarmente importante, quando si assumono oli di pesce e di semi, perché ne previene l’ossidazione e l’irrancidimento. La vitamina E può anche essere applicata localmente per curare le infiammazioni cutanee. Nel corso di alcun esperimenti, a topo glabri è stata provocata un’ustione con irradiazione UV. L’applicazione della vitamina E alla scottatura ha diminuito l’arrossamento del 40-55% e ha prevenuto l’edema e l’ispessimento della cute che in genere si osserva una settimana dopo una scottatura causata dal sole.

QUERCETINA

La quercetina e numerosi altri flavonoidi sono molto efficaci nella regolazione di vari aspetti della risposta infiammatoria. La quercetina neutralizza i mediatori dell’infiammazione, inibisce il rilascio di istamina da parte dei mastociti e dei basofili e riduce i neutrofili attivati. Tutto questo è dovuto alla sua capacità di stabilizzazione della membrana cellulare, di neutralizzazione dei radicali liberi e di inibizione di alcuni degli enzimi che producono sostanze infiammatorie. La quercetina inoltre inibisce l’infiammazione diminuendo la secrezione da parte dei globuli bianchi degli enzimi che digeriscono i tessuti circostanti la zona dell’infiammazione. La quercetina, presente in quantità elevata nelle cipolle, inibisce anche numerose fasi della produzione delle prostaglandine proinfiammatorie e dei leucotrieni, nonché gli enzimi fosfolipasi A2 e lipossigenasi. Il risultato dell’integrazione con quercetina è una netta riduzione della formazione di queste potenti sostanze infiammatorie, il cui eccesso è stato correlato a patologie infiammatorie come l’asma, la psoriasi, l’eczema, la gotta e le patologie intestinali infiammatorie. Di fondamentale importanza è anche la riduzione dei leucotrieni, mille volte più potenti dell’istamina nel promuovere l’infiammazione.

OLIO DI SEMI DI LINO, DI BORRAGINE, DI RIBES NERO E DI ENOTERA.

Gli acidi grassi più efficaci per il controllo delle infiammazioni sono quelli in grado di bypassare le fasi iniziali di preparazione alla conversione in prostaglandine, cioè le fasi in cui intervengono gli enzimi di desaturazione. Fra questi acidi grassi ricordiamo l’acido eicosapentenoico (EPA) e l’acido docoesaenoico (DHA) contenuti negli oli di pesce e l’acido gammalinolenico (GLA) contenuto negli oli vegetali come l’olio di enotera (enagra), di borragine e di ribes nero. L’integrazione a base di acido gamma linolenico, per esempio, è molto efficace per diminuire il dolore e l’infiammazione nei pazienti che soffrono di artrite reumatoide. In uno studio in doppio cieco controllato con placebo su 37 pazienti, l’integrazione per un periodo di sei mesi con 1,4 g al giorno di acido gammalinolenico sotto forma di olio di semi di borragine ha ridotto del 36% il numero di articolazioni infiammate, del 45% il dolore articolare, del 28% il numero delle articolazioni gonfie e del 41% la gravità del gonfiore articolare senza indurre nessun effetto collaterale.
Tuttavia a dosi più basse (da 480 a 540 mg al giorno) non si ottengono risultati altrettanto buoni. Con la somministrazione di 1,4 g di acido gammalinolenico sotto forma di olio di semi di ribes nero e olio di enotera ai ottengono effetti notevoli sull’artrite reumatoide. L’integrazione con acido gamma linolenico si è dimostrata utile anche per numerose patologie infiammatorie, fra cui l’asma, le allergie, la dermatite, l’eczema, la colite ulcerosa, la dermatite seborroica, altre forme di artrite, e anche per l’ipertensione.

OLI DI PESCE

Un altro modo efficace per ridurre la risposta infiammatoria consiste nel consumare pesci pescati in acque fredde come per esempio lo sgombro, le aringhe, le sardine e il salmone. Questi pesci sono ricchi di acido eicosapentenoico (EPA), che sottrae enzimi all’acido arachidonico e fornisce i precursori delle prostaglandine antinfiammatorie. L’effetto finale del consumo di questo tipo di pesce è una riduzione significativa della risposta infiammatoria/allergica. La somministrazione di 3,2 e 4 g di acido eicosapentenoico a volontari sani ha aumentato il contenuto cellulare di EPA di oltre sette volte. Questo determina un significativo effetto antinfiammatorio dal momento che l’EPA riduce il rilascio di acido arachidonico da parte delle membrane cellulari, diminuendo così la cosiddetta cascata di sostanze infiammatorie causata dall’acido arachidonico; forma leucotrieni e altri eicosanoidi meno potenti (il leucotriene formato dall’EPA è un mediatore dell’infiammazione molto meno potente del leucotriene derivato dall’acido arachidonico) e diminuisce del 48% la sintesi dei l eucotrieni (inibendo la 5-lipossigenasi) e di quasi 100 volte la potenza dei leucotrieni. L’EPA viene utilizzato dagli stessi enzimi dell’acido arachidonico, ma invece di produrre sostanze altamente infiammatorie, viene convertito in sostanze antinfiammatorie che consumano tutti gli enzimi che normalmente l’acido arachidonico trasformerebbe in sostanze infiammatorie. L’integrazione con oli di pesce risulta molto efficace nel trattamento delle malattie infiammatorie e in particolare dell’artrite reumatoide. Per esempio, uno studio in doppio cieco su pazienti con artrite reumatoide ha dimostrato che una dieta ricca di grassi polinsaturi e povera di grassi saturi, con un’integrazione quotidiana di 1,8 g di acido eicosapentenoico, ha prodotto un miglioramento significativo. 
Ulteriori ricerche hanno confermato gli effetti benefici degli oli di pesce; uno studio in doppio cieco controllato con placebo di 24 settimane ha evidenziato una risposta dose-dipendente. In altri termini, maggiore apporto di pesce e di integratori a base di oli di pesce, migliori erano i risultati. Uno studio condotto quasi 60 anni fa aveva già dimostrato che l’integrazione con olio di fegato di merluzzo portava a un miglioramento clinico significativo. L’olio di fegato di merluzzo è peraltro molto meno costoso di altri oli di pesce.

SELENIO

Il selenio è un oligoelemento in grado di ridurre l’infiammazione e si è dimostrato utile nel trattamento dell’artrite reumatoide nei pazienti con bassi livelli di selenio. Sembra che moduli la risposta infiammatoria attraverso tre meccanismi: stimolando l’attività della glutatione perossidasi (un enzima che neutralizza i radicali liberi), migliorando l’attività fagocitaria dei globuli bianchi e diminuendo la produzione di prostaglandine proinfiammatorie. I radicali liberi dell’ossigeno costituiscono un problema grave per chi soffre di infiammazioni articolari perché danneggiano i tessuti sinoviali (i tessuti che circondano l’articolazione) e distruggono l’acido ialuronico che lubrifica l’articolazione. I radicali dell’ossigeno vengono rilasciati dai globuli bianchi nello spazio articolare ogni volta che questi vengono chiamati a riparare un danno. Numerosi studi hanno dimostrato che l’artrite reumatoide si accompagna spesso a bassi livelli di selenio. In un piccolo studio di quattro mesi, l’integrazione con selenito di sodio (160 mcg al giorno), selenometionina (100 mcg al giorno) o lievito arricchito di selenio (200 mcg al giorno) ha indotto un miglioramento nel 40% circa di un gruppo di pazienti che soffrivano di artrite reumatoide.

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