RIFLESSIONE SULLA MEDICINA DEL FUTURO.

29-04-2019

Quando si legge che negli Stati Uniti la terza causa di morte dopo le malattie cardiache e il cancro sono le malattie iatrogene, ossia quelle patologie indotte dal sistema farmaceutico-ospedaliero, non si può non soffermarsi a meditarci sopra. Un tale agghiacciante dato statistico, tuttavia, in questa società, passa sotto silenzio per lasciare posto alla babele di notizie di cronaca nera che colpevolizzano ora una classe sociale o etnica ora l'altra, ora una fascia di età ora l'altra. E i misfatti puntualmente costanti di un sistema pseudoscientifico che uccide indiscriminatamente per il profitto e la vanagloria? Ignorati.
Eppure le cifre le abbiamo. E i nomi pure. Molti medici hanno analizzato uno ad uno tutti i farmaci incriminati di questi ultimi anni. Medicinali che hanno portato all'umanità il loro triste contributo di sofferenza e di morte: Lipobay, psicofarmaci vari tra cui il Prozac, Aspirina, Tamoxifene, PB, Vaccini. Ma cambiare o sospendere le terapie abituali e indirizzarsi verso alternative meno dannose significa soprattutto interrompere "le correnti di denaro dai cittadini alle multinazionali". E ciò è fortemente e quotidianamente ostacolato attraverso tutti i mezzi di cui dispone l'intreccio industria-scienza, primo fra tutti quello mediatico.
In primo luogo, va mutato il punto di vista dominante sulla malattia che viene veicolato oggi. Infatti sbaglia chi pensa che la malattia sia qualche cosa che ci minaccia da fuori, che bisogna eliminare con la forza uccidendola. Le malattie sono parte di noi ed uccidendole uccidiamo noi stessi: dobbiamo solo aiutare il nostro organismo a ristabilire l'equilibrio naturale con interventi che sono "per" e non "contro": per la vita, per la corretta alimentazione, per la gioia di esistere, per lo sport moderato e la vita all'aria aperta, per il piacere delle persone che amiamo, e perchè no, solo quando è indispensabile un farmaco, per un periodo limitato di tempo, per aiutare noi e non per uccidere una parte di noi, anche se una parte aberrante.
Allo stesso modo è importante la sua segnalazione del pericolo che le medicine cosiddette non convenzionali o alternative intraprendano l'identica strada di quella allopatica dello sfruttamento e della medicalizzazione forzata della società nel suo complesso, demonizzando qualsiasi seppur piccola patologia o disturbo e prescrivendo quintali di farmaci seppur naturali e con effetti collaterali minori. A mio parere, a ciò bisogna aggiungere anche il rischio della rincorsa all'accaparramento da parte delle medicine dolci di un'istituzionalizzazione e di un riconoscimento per costituire nient'altro che un altro potere. Ciò porterebbe all'innalzamento di nuove barricate tra pazienti e terapeuti e contribuirebbe a proseguire nell'edificazione di una società in cui la gestione della salute verrebbe ancora delegata a "specialisti" che possiedono le chiavi di lettura, anzichè invece all'impostazione di una diffusa educazione all'autogestione della propria salute e benessere psicofisico che è l'obiettivo legittimo cui dovrebbe aspirare la nuova èlite di medici e naturopati. Se i moderni esclusi dalla torta della sanità cercano solo l'aumento del loro ruolo nella spartizione dei benefit e degli status, le medicine complementari non ci serviranno a granchè.
Ovviamente lo stesso discorso si può fare rispetto al bisogno indotto con la paura di medicalizzazione della propria vita individuale e della società nel suo complesso. Un bisogno che sta creando abilmente la medicina ufficiale sponsorizzata dall'industria farmaceutica di comune accordo con i media (esami diagnostici ricorrenti, vaccini e interventi chirurgici "preventivi", analisi del sangue ecc.). Ma anche le medicine alternative corrono appunto il rischio di incamminarsi sulla scia di quella ortodossa, promuovendo un sistema medico molto pervasivo, dal piatto al materasso, dal sesso al gusto per la vita, alimentando altre idiosincrasie e ipocondrie. Del resto, come affermano in molti, il sistema sanitario ha la funzione di produrre consumatori di esami, di farmaci, di operazioni chirurgiche. È la più grande e potente industria oggi esistente sul pianeta, in cui i clienti sono i malati e soprattutto le persone che hanno paura di esserlo o di diventarlo. E se da queste parole vogliamo trarre delle conclusioni che abbracciano una visuale molto più ampia si potrebbe rilevare che è logico pensare che una popolazione sana è controproducente per una èlite di commercianti-governanti. Un popolo sano non rende economicamente ed è più difficilmente governabile perchè manifesta energia corporea e mentale che può usare per vari scopi. Una popolazione ammalata invece dà innanzi tutto immensi guadagni e poi non ha molti grilli per la testa perchè ha ben altro a cui pensare. Quindi il ruolo cui le attuali medicine complementari dovrebbero assurgere è molto più complesso di una semplice ascesa sul podio dei vincitori. Si tratta in realtà di contribuire sì alla costruzione di una condizione di libertà terapeutica, ma gestita dal basso e in cui le informazioni sulla salute vengono condivise orizzontalmente e portate alla conoscenza di ognuno, affinchè tutti i pazienti possano insieme all'esperto intervenire nel processo decisionale e terapeutico verso il conseguimento della propria guarigione fisica, mentale, emotiva e spirituale.

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