13-05-2019
Con un tale insieme di terapie farmacologiche tra le mani, i dottori non sono particolarmente abili ad adottare un atteggiamento “aspetta ed osserva”, per vedere se un certo disturbo se ne va da solo. Nonostante la medicina in questi giorni sostenga di essere più cauta nel prescrivere automaticamente farmaci anticonvulsivi ai bambini con crisi epilettiche e blackout leggeri, la saggezza convenzionale tra la maggior parte dei dottori dice ancora che, a meno che non vengano soppresse da trattamenti farmacologici, le crisi epilettiche si ripresenteranno e che il trattamento farmacologico può influenzare il corso della malattia riducendo il rischio che un’epilessia scoperta presto si trasformi in un disordine incurabile. Il problema è che l’epilessia è super diagnosticata. Alcuni esperti del Birmingham Children’s Hospital hanno concluso che circa la metà dei casi di cosiddetta epilessia giovanile sono mal diagnosticati. Questo è significativo, dato che si crede che più della metà dei 340.000 casi di epilessia cronica in Gran Bretagna siano cominciati durante l’infanzia. Il dottor Michael Prendergast, consulente psichiatrico per l’infanzia presso il Birmingham Children’s Hospital, ha esaminato 311 bambini che si erano rivolti all’ospedale per una diagnosi o un sospetto di epilessia ed ha scoperto che 138 di loro (cioè il 44%) in realtà non ne soffrivano. I suoi risultati sono quasi identici a quelli di uno studio scozzese compiuto nel 1986 dal Royal Hospital per i bambini malati di Glasgow. In quello studio il dottor John Stephenson, il neurologo pediatrico consulente di quell’ospedale, scoprì che il 47% dei bambini che si erano rivolti a quell’istituzione, in realtà non soffrivano di epilessia. A una bambina, che ora ha 38 anni, era stata diagnosticata l’epilessia quando aveva 11 anni dopo che aveva sofferto di vari blackout. Fu messa immediatamente in terapia a base di farmaci anticonvulsivi, nonostante la prima convulsione non sia apparsa se non dopo l’inizio della terapia farmacologica. Dopo anni di battaglia contro la miriade di effetti collaterali dei medicinali, tra cui blackout e convulsioni, nel 1988, quando iniziò a ridurre il dosaggio dei medicinali che prendeva, le sue crisi iniziarono a diminuire, passando da circa 200 a qualche dozzina all’anno.
È molto difficile sapere se i medicinali dati subito sono in grado di migliorare la situazione o no, dato che è difficile trovare persone che soffrono di epilessia e non seguono una terapia farmacologica. Ma gli studi eseguiti suggeriscono che i medicinali non fanno praticamente nessuna differenza. In uno studio, dopo i 20 anni, la metà del gruppo che non assumeva medicinali era entrato in remittenza. Questa percentuale è equivalente a quelle persone che vanno in remissione dopo anni di assunzione di medicinali. In modo simile in un gruppo di pazienti in Africa e in altri gruppi in Ecuador nei quali casi il trattamento farmacologico è stato iniziato in ritardo, le percentuali di remittenza di sei mesi erano le stesse delle popolazioni alle quali venivano somministrati trattamenti con farmaci da subito. Ci sono nuove prove che indicano che i bambini che soffrono della loro prima crisi non peggiorano se non si inizia il trattamento prima di una seconda crisi. Ritardare il trattamento non riduce le possibilità di controllare le crisi in seguito, né influenza possibili remittenze quando il bambino cresce. L’unico vantaggio di un trattamento precoce è che può ritardare la crisi successiva, ma i dottori e i genitori che insistono ad iniziare una terapia farmacologica dopo il primo attacco non sapranno mai se questo era destinato ad essere l’unico.
Molte prove su trattamenti precoci suggeriscono che i pazienti che assumono medicinali potrebbero addirittura peggiorare. In uno studio, i pazienti che hanno iniziato ad avere delle crisi in seguito ad una lesione alla testa e che poi hanno assunto la fenitoina per l’epilessia hanno avuto più crisi di quelli che prendevano un placebo. In uno studio italiano recente che confrontava i pazienti che assumevano medicinali rispetto a quelli che prendevano una caramella di zucchero, nonostante il gruppo che riceveva il trattamento probabilmente corresse solo la metà dei rischi di soffrire di un ulteriore crisi, fino ad ora non è stata rilevata alcuna differenza nei due gruppi in termini di tempi di remittenza. I dottori effettivamente non hanno informazioni sufficienti per incoraggiare il trattamento precoce con certezza, soprattutto perché tutti i medicinali per l’epilessia provocano un insieme di effetti collaterali a volte letali. In un altro studio recente gli effetti collaterali evidenziati erano tanto gravi che quasi un quarto dei pazienti che assumevano il fenobarbitone e l’11% di quelli che assumevano la carbamazepina hanno dovuto sospendere il trattamento. In una delle prime prove mediche per giudicare la sicurezza dei medicinali anti-epilessia su bambini, il 9% di coloro che assumevano fenobarbitone per il trattamento dell’epilessia, hanno dovuto sospenderlo per i gravi effetti collaterali che provocava. I ricercatori del King’s College Hospital di Londra hanno scoperto un problema simile con la fenitoina, e almeno il 4% dei bambini ha avuto reazioni negative o al sodio valproico o alla carbamazepina.
Effettivamente tutti i medicinali per l’epilessia sono potenzialmente letali; il produttore dell’acido valproico (Depakin in Italia) avverte che alcuni pazienti che hanno assunto questo medicinale sono morti di collasso al fegato. Questo è quello che può essere successo ad Eleonora, 12 anni, a cui era stato prescritto il Depakin, quando si pensava che fosse un farmaco sicuro. Sua madre scrive: “Nel giro di qualche mese iniziò a consumarsi davanti ai miei occhi. Diveniva sempre più magra e iniziò ad avere allucinazioni. Alla fine iniziò a perdere conoscenza. Il dottore era convinto che avesse dei problemi emozionali e che le piacesse attirare l’attenzione. La sua condizione continuò a peggiorare finchè non raggiunse un peso che era la metà di quello normale. Ancora il dottore pensava che fosse solo una bambina viziata che faceva fare quello che voleva lei ai suoi genitori molto affezionati. Dopo 8 mesi, iniziò a delirare e fu portata all’ospedale d’emergenza. Morì qualche giorno più tardi, pesava solo 19 chili”.