09-06-2019
Per molte giovani donne il prezzo della bellezza è una scarsa salute. Nell’ostinato intento di ottenere una linea migliore, stanno a dieta, riducendo l’apporto alimentare. Troppo spesso i risultati sono svogliatezza, emicrania, irritabilità e altri sintomi spiacevoli. La ragione è che queste donne trascurano di premunirsi contro la perdita ulteriore di sostanze nutritive durante le mestruazioni. La combinazione della perdita di sangue mestruale col diminuito apporto di cibi essenziali spesso produce una carenza delle sostanze nutritive necessarie per la buona salute. E di tutte queste carenze, la più comune tra le donne in età feconda è la mancanza di ferro, che può dar luogo a una vera e propria anemia. Il corpo normalmente recupera il ferro per le nuove cellule rosse del sangue dalle proprie riserve di vecchie cellule rosse demolite. Ma quando queste vecchie cellule rosse vanno perdute con la mestruazione, aumenta il fabbisogno corporeo di ferro. Allora l’organismo deve ricevere e assorbire ferro da fonti esterne.
Il National Research Council stima che due terzi delle donne mestruate e la maggior parte delle donne gravide abbiano riserve limitatissime di ferro o ne siano addirittura prive. Nessuna autorità ne conosce il numero esatto, ma centinaia di milioni di persone nel mondo soffrono di carenza di ferro. L’anemia, moderata o grave, è comune nei bambini in tenera età, come anche negli anziani, ed è stato comunicato che attualmente si trova in fase ascendente nell’adolescenza. L’anemia si riscontra spesso negli uomini, ma le donne sono le più vulnerabili, a causa delle mestruazioni e della gravidanza. La carenza di ferro è la causa principale dell’anemia e a sua volta l’anemia è tra i più comuni segnali di pericolo dell’organismo. L’anemia è qualcosa di più che una faccia pallida od occhi stanchi: può causare palpitazioni, vertigini, macchie davanti agli occhi e, in alcuni casi, comportamento psicotico. Anche cause lievi possono produrre debolezza, irritabilità, dolori gastrici e altri sintomi.
Il trattamento medico standard nei casi d’insufficienza di ferro è a base di sali di ferro, chiamati ematinici. Questi sali migliorano la qualità del sangue, aumentando il tasso di emoglobina, che rende i globuli rossi capaci di distribuire ossigeno a tutte le parti del corpo. Purtroppo, in molti casi non appena il paziente cessa le iniezioni l’anemia si ripresenta, anche se il medico ha prescritto supplementi dietetici quotidiani di pillole di ferro. In tal caso, non è tanto la mancanza di un adeguato rifornimento di ferro nella dieta, quanto la mancanza di un altro elemento biochimico necessario perché il corpo possa assorbire il ferro che consuma. Questo elemento supplementare è la VITAMINA C.
Emil Maro Schleicher, direttore del reparto di ematologia del St. Barnabas Hospital di Minneapolis, ha di recente scoperto nel corso di studi sperimentali che la vitamina C è necessaria all’assorbimento di ferro da parte dell’organismo. In un suo articolo su Minnesota Medicine, il dottor Schleicher avverte: “Mentre i clinici sono consapevoli che i sali di ferro, quali il solfato ferroso e il gluconato ferroso, sono ematinici efficaci, forse non valutano appieno la ragione per combinare i sali ferrosi con l’acido ascorbico”. Il dottor Schleicher pubblicò le sue osservazioni dopo aver curato 30 pazienti di sesso femminile, dai 14 ai 42 anni, che soffrivano di carenza di ferro nel plasma sanguigno dovuta ad eccessive perdite mestruali di sangue. A ciascuna delle pazienti era stata somministrata due volte al giorno una compressa contenente 200 mg di fumarato ferroso (altro sale di ferro) e 600 mg di acido ascorbico. La carenza di ferro “fu alleviata nel giro di 60 giorni”, afferma il rapporto. È stato riscontrato che l’uso della vitamina C aiutava l’organismo ad assorbire il ferro contenuto nella compressa molto più efficacemente che senza la vitamina. Oltre a ciò, 21 pazienti, esaminate dopo un anno dalla sospensione della terapia, presentavano tutte un normale flusso mestruale e gli esami del sangue rivelavano che le loro riserve di ferro erano rimaste normali. Sempre secondo l’articolo del Minnesota Medicine, altri due ricercatori, Israel e Simmons, che avevano condotto degli esperimenti con una combinazione di solfato ferroso e acido ascorbico in compresse, raccomandavano di usare 700 mg di vitamina C insieme al sale di ferro. Il dottor Schleicher aggiungeva che la carenza cronica di ferro nel sangue è spesso complicata da effetti collaterali di scorbuto, uno stato patologico dovuto a un prolungato depauperamento di vitamina C. Questo fatto, egli afferma, giustifica l’apparentemente forte dose di questa vitamina. D’altro canto, l’anemia in forma grave è anche uno dei sintomi dello scorbuto. È perciò chiaro che la vitamina C e il ferro sono veramente complementari l’una dell’altro e che una mancanza dell’una può provocare un’insufficienza dell’altro.
In un altro studio (American Journal of Clinical Nutrition), il dottor Paul McCurdy della Georgetown University School of Medicine e il dottor Raymond Dern della Loyola University Stritch School of Medicine, hanno messo in evidenza che la vitamina C esalta gli effetti dell’assorbimento del ferro. McCurdy e Dern osservarono che con dosi di solfato ferroso dai 15 ai 120 mg, l’acido ascorbico in ragione di 200-500 mg raddoppiava o quasi l’assorbimento del ferro. Essi constatarono che con qualunque dosaggio del ferro 500 mg di acido ascorbico avevano un effetto migliore di 200 mg. Volontari di sesso maschile vennero sottoposti a test con varie combinazioni di ferro e acido ascorbico. Uno dei dati di fatto già constatati in precedenti studi dai ricercatori scandinavi Brise e Hallberg fu che ciò che viene considerato un apporto normale di vitamina C (dai 10 ai 50 mg) non aveva alcun effetto sull’assorbimento di ferro. Allo scopo di influenzare tale assorbimento, la dose di vitamina C doveva essere sostanzialmente maggiore. Occorrevano almeno 200 mg di vitamina C per iniziare l’assorbimento del ferro, mentre il miglior assorbimento possibile si otteneva con dosi di 500 mg. Con tale dose, si osservò che ne veniva assorbito 1,88 volte tanto (cioè quasi il doppio). Gli autori richiamarono l’attenzione sulle implicazioni terapeutiche di queste scoperte, cioè che può essere possibile somministrare meno ferro e tuttavia assicurare un maggior assorbimento con l’aggiunta di vitamina C. Anche se la nostra dieta abituale è ricca di ferro, il fabbisogno minimo di questo importante minerale non ci viene garantito. Secondo il dottor Clement Finch, professore di medicina e capo della Divisione di Ematologia dell’Università di Washington, misurazioni condotte sull’uomo indicano che l’assorbimento di ferro di origine alimentare si calcola tra il 5% e il 15% di quello disponibile nel cibo. Studi su varie sostanze nutritive dimostrano che del ferro presente nelle verdure ne può essere assorbito il 10%-30%, e dalle proteine animali il 10%-39%. Con un apporto giornaliero di vitamina C, tuttavia, possiamo aumentare considerevolmente il quantitativo di ferro assorbito dal cibo. La differenza, per molti, potrebbe essere decisiva.