01-07-2019
Sappiamo tutti che la ricerca, a livello mondiale, è finanziata al 90 per cento dall'industria farmaceutica. E sappiamo anche che queste aziende vengono continuamente denunciate per i danni alla salute provocati dai loro "rimedi miracolosi". Ma quello che non sappiamo è come inquadrare i ricercatori in tutta questa situazione paradossale. Paradossale per il semplice fatto che la ricerca dovrebbe aiutarci a migliorare la salute. Dovrebbe essere utilizzata per il bene comune. Invece nulla di tutto ciò. Si assiste ad una falsa ricerca del benessere globale, basata sull’inganno da parte di coloro a cui interessa soltanto il profitto. La ricerca oramai si basa sull’individuazione di tutto quello che potrebbe distruggere l’umanità. Ma la vera ricerca non potrà mai esistere percorrendo questa strada, e soprattutto se i ricercatori continueranno a considerarsi tali.
I ricercatori di oggi si possono suddividere in due categorie: i corrotti e gli illusi. I corrotti, sono coloro che lavorano per le multinazionali farmaceutiche, dove effettuano ricerche per loro conto e pubblicano i dati sperimentali, omettendo i dati negativi sulle varie riviste scientifiche, regalandoci come risultato, migliaia di morti e migliaia di miliardi di guadagni per le loro compagnie. Gli illusi, invece, lavorano in maniera indipendente cercando di scoprire qualcosa di cui possa beneficiarne l’umanità. Ma cosa ricercano? Se non sanno quali siano le cause di una determinata patologia come si possono scoprire molecole in grado di curare? Ammesso e non concesso, che queste siano le priorità legate al loro modo di fare ricerca. Se esistono dei problemi, le soluzioni possono essere varie se si conoscono le motivazioni. Ma se le cause rimangono ignote, l’unica soluzione plausibile rimane quella di trattare il sintomo momentaneamente, spostando il problema a data da destinarsi. E no! Questo non è fare ricerca, questo è semplicemente perdere del tempo che potrebbe essere sfruttato in altri modi. Se vogliamo curare le malattie, i ricercatori devono cambiare metodologie di lavoro se non vogliono fare la stessa fine, che presto o tardi, faranno le multinazionali del farmaco!