01-04-2020
I radicali liberi, noti anche come ossidanti, sono atomi instabili e altamente reattivi che hanno almeno un elettrone spaiato. Essi si formano naturalmente o possono essere introdotti nel corpo da fonti esterne, come il fumo o l’inquinamento. Quando i radicali liberi interagiscono con le cellule, proteine e DNA nel corpo, possono causare danni modificando la loro struttura chimica. Precedenti ricerche sostengono che l’esposizione costante delle cellule ai dannosi radicali liberi, nel tempo provoca l’invecchiamento. Ma questo ultimo studio, pubblicato sulla rivista Cell, suggerisce il contrario. Il team di ricerca, guidato da Siegfried Hekimi del Dipartimento di Biologia della McGill, ha utilizzato un organismo modello – il nematode Caenorhabditis elegans – per lo studio. I ricercatori hanno scoperto che i radicali liberi possono stimolare l’apoptosi, nota anche come “morte cellulare programmata”, il processo attraverso il quale le cellule danneggiate si suicidano. L’apoptosi evita anche che le cellule danneggiate possano diventare cancerose, per esempio, o distrugge i virus che si sono introdotti nella cellula.
Il team ha scoperto che quando i radicali liberi stimolano l’apoptosi in un certo modo, le difese delle cellule sono rinforzate, cioè la loro durata di vita aumenta. Spiegando ulteriormente i risultati dello studio, Hekimi dice: “Si crede che i radicali liberi sono dannosi e causano l’invecchiamento, ma la cosiddetta ‘teoria dei radicali liberi causa dell’invecchiamento’, non è corretta. Abbiamo trasformato questa teoria dimostrando che durante l’invecchiamento aumenta la produzione di radicali liberi che, in realtà, combattono – non causano – invecchiamento. Infatti, nel nostro organismo modello, abbiamo elevato la generazione di radicali liberi che ha indotto una durata sostanzialmente più lunga della vita“. Hekimi aggiunge che il meccanismo molecolare attraverso il quale i radicali liberi aumentano la durata della vita delle cellule, fornisce prove solide che essi hanno effetti positivi come molecole di segnalazione.
I ricercatori affermano che, contrariamente alla credenza popolare, i radicali liberi non sono responsabili del processo di invecchiamento, ma possono effettivamente combatterlo. Inoltre, i risultati indicano che l’apoptosi può essere utilizzata per attivare processi che decelerano l’invecchiamento. “Dal momento che il meccanismo di apoptosi è stato ampiamente studiato nelle persone, a causa della sua importanza nell’immunità e nel cancro, esistono già molti strumenti farmacologici per manipolare il segnale apoptotico”, aggiunge Hekimi. «Ma questo non significa che sarà facile”. Secondo il ricercatore un tale processo potrebbe essere importante nelle malattie neurodegenerative. Egli spiega che la segnalazione apoptotica può essere concentrata sull’aumento della resistenza delle cellule danneggiate anziché sulla loro distruzione, dal momento che è più difficile sostituire i neuroni morti, rispetto ad altri tipi di cellule a causa della complessità nelle loro connessioni.