20-04-2020
Se abbiamo assaggiato almeno una volta un peperoncino, non possiamo non ricordare l’effetto illusorio che la capsaicina è in grado di causare: interagendo con alcuni recettori nervosi – chiamati vanilloidi – infatti, inganna il nostro sistema facendoci credere di essere stati esposti a temperature superiori a quaranta gradi centigradi. Il nostro sistema interno, così ingannato, agisce di conseguenza mettendo in moto tutta una serie di procedure per abbassare la temperatura. Questo effetto, per così dire secondario, offrirebbe alla spezia l’interessante possibilità di eliminare il dolore causato da infiammazione. Laykea Tafesse, direttore associato della Purdue Pharma, spiega che alcuni decenni fa gli scienziati erano riusciti a isolare la capsaicina riconoscendola come il principio attivo del peperoncino che causa bruciore. Nel 1990 alcuni ricercatori riuscirono a sequenziare la genetica per il recettore che interagisce con tale sostanza. Oggi si sa che nel nostro corpo esistono particolari tipi di recettori chiamati vanilloidi, la cui variante TRPV-1 segnala al nostro corpo quando avvengono determinati stimoli esterni, soprattutto se si tratta di un aumento di temperatura al di sopra dei 43 gradi centigradi.
Quando mangiamo un peperoncino, però, avviene un fatto insolito: la capsaicina inganna TRPV-1 facendogli credere che ci troviamo in presenza di temperature elevate. Ecco che, in tutta risposta, il nostro organismo provoca vasodilatazione e sudorazione per eliminare l’eccesso di calore. Il recettore in questione, in realtà è una proteina che funge come una sorta di porta che consente solo ad alcune sostanze di passare in una cellula. Per tale motivo, gli scienziati cercano da tempo un composto che sia in grado di bloccare questo ingresso, evitando così la percezione del dolore. Spesso, però, le molecole testate si sono rivelate inefficaci o hanno portato a effetti collaterali negativi, per cui non erano idonee a un utilizzo per via orale. A tal proposito, il team di Tafesse sta cercando di trovare variazioni su questo tema al fine di trovare un candidato migliore per farmaci di questo genere, e il peperoncino sembra essere un’ottima idea. La squadra di ricerca ha prodotto più di due dozzine di composti simili, tutti testati in laboratorio e su modello animale, analizzando caratteristiche importanti come la sicurezza, la capacità di sciogliersi in acqua e la potenza. Dai risultati finali è emerso che uno dei composti testati si è dimostrato particolarmente efficace per essere testato in uno studio clinico.