21-06-2020
Gli scienziati di tutto il mondo si stanno interrogando su una possibile connessione tra il gruppo sanguigno e il rischio di essere contagiati dal coronavirus e riportare sintomi più o meno gravi. Un nuovo studio europeo sembra fornire un’ulteriore conferma di questo legame. Secondo la nuova ricerca condotta dagli scienziati del Centro medico universitario Schleswig-Holstein (UKSH) e dell’Università di Kiel, rispettivamente in Norvegia e in Germania, il gruppo sanguigno di una persona e altri fattori genetici potrebbero essere collegati sia alla possibilità di essere contagiati che alla gravità dell’infezione da coronavirus. I ricercatori europei hanno condotto uno dei più grandi studi sui geni più a rischio, alla ricerca di nuovi indizi sul perché il Covid-19 colpisca alcune persone molto più duramente di altre. E i risultati sembrano confermare quanto ipotizzato da altre due ricerche condotte in Cina e negli Stati Uniti, due dei paesi più colpiti dalla pandemia.
I risultati, pubblicati su The New England Journal of Medicine, suggeriscono che le persone con gruppo sanguigno di tipo A hanno un rischio maggiore di essere infettate dal coronavirus e di sviluppare sintomi più gravi. Al culmine dell’epidemia in Europa, i ricercatori hanno analizzato i geni di oltre 4.000 persone per cercare le variazioni comuni in coloro che sono stati colpite dal coronavirus e hanno sviluppato una grave forma di infezione. Si tratta del primo ampio studio su tutto il genoma a livello mondiale sui geni a rischio. Secondo la ricerca, le persone con gruppo sanguigno A hanno un rischio di circa il 50% di contrarre una forma più grave rispetto a quelle con altri gruppi sanguigni. Al contrario, le persone con gruppi sanguigni di tipo 0 erano quasi il 50% più protette. Per la ricerca guidata dal biologo molecolare Prof. Franke e dall’internista norvegese Prof. Dr. Tom Karlsen, i medici di diversi ospedali situati negli epicentri del coronavirus nel Nord Italia e in Spagna, hanno inviato campioni di sangue appartenenti a 1.980 pazienti in terapia intensiva che dovevano essere trattati con ossigeno o collegati a un ventilatore. Per il gruppo di controllo, sono stati esaminati i dati di 2.205 donne e uomini selezionati casualmente dalla popolazione di questi paesi. Oltre alla significativa anomalia nel locus del gruppo sanguigno AB0, il locus genico con cui viene determinato il singolo gruppo sanguigno, i ricercatori hanno trovato un effetto ancora maggiore per una variazione genetica sul cromosoma 3. Tra i pazienti italiani e spagnoli che erano stati gravemente colpiti dal Covid-19 al punto da essere aiutati con ossigeno e ventilatore, un numero particolarmente elevato di essi era portatore di questa caratteristica genetica.
“I risultati sono stati molto eccitanti e sorprendenti per noi”, ha detto il prof. Franke. In particolare, la regione sul cromosoma 3 non era stata precedentemente associata dagli scienziati al Covid-19. Con il cromosoma 3 e il locus del gruppo sanguigno AB0 descriviamo le cause reali di un grave decorso di Covid-19”, afferma il prof. Franke. “I nostri risultati quindi creano una base eccellente per lo sviluppo di sostanze attive in grado di colpire i geni candidati trovati. È stato dimostrato che uno studio clinico in cui viene testato un farmaco ha il doppio del successo se sono già disponibili prove genetiche per i bersagli. I risultati potrebbero anche contribuire a una migliore valutazione del rischio per un decorso grave di Covid-19”.
Lo studio ha quindi confermato due precedenti ricerche internazionali che avevano già descritto una possibile correlazione tra le caratteristiche dei gruppi sanguigni e la malattia usando il sangue di pazienti Covid-19. Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori europei infatti hanno fornito nuove prove a quanto sostenuto da una ricerca preliminare condotta a Wuhan e Shenzhen secondo cui i pazienti con il gruppo sanguigno A avevano un più alto tasso di infezione e tendevano ad avere sintomi più importanti, mentre quelli con il tipo 0 “avevano un rischio significativamente più basso”. Allora, i ricercatori cinesi affermarono che si trattava di uno studio preliminare e che era necessario ulteriore lavoro per confermare la loro ipotesi. Anche un secondo studio, questa volta condotto negli Stati Uniti su 750mila persone, era arrivato alla medesima conclusione. I risultati preliminari della ricerca, condotta dalla società californiana 23andMe, hanno evidenziato che il gruppo sanguigno 0 sembra essere protettivo nei confronti del coronavirus rispetto a tutti gli altri gruppi sanguigni e le persone con questo gruppo sanguigno hanno tra il 9-18% in meno di probabilità di essere positivi per Covid-19 rispetto agli individui con altri gruppi sanguigni. È emerso anche che la percentuale più alta di persone positive al coronavirus apparteneva al gruppo sanguigno AB. Anche se non è ancora possibile affermare con certezza che il gruppo sanguigno sia responsabile di una maggiore o minore possibilità di contrarre la malattia e della gravità con cui essa può presentarsi, i nuovi risultati sembrano andare in questa direzione.