IL PARKINSON ARRIVA CON FRUTTA E VERDURA.

29-09-2014

La malattia di Parkinson potrebbe anche essere portata dall’agricoltura e i suoi prodotti che portiamo in tavola ogni giorno: l’esposizione a pesticidi, diserbanti e insetticidi infatti è stata associata a un maggiore rischio di sviluppare la malattia di Parkinson. Questo è quanto emerge da uno studio revisionale su oltre 100 ricerche, condotto dagli scienziati della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia in collaborazione con il Centro Parkinson – Istituti Clinici di Perfezionamento (ICP) di Milano coordinato dal dottor Gianni Pezzoli.
Il dottor Emanuele Cereda, principale autore dello studio, e colleghi hanno analizzato 104 studi che hanno esaminato il legame tra l’esposizione a pesticidi, diserbanti, insetticidi, solventi e il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson – in particolare in chi lavora in agricoltura. Nella revisione sono tuttavia stati inclusi anche quegli studi che hanno valutato la vicinanza all’esposizione, come per esempio in coloro che vivono vicino alle campagne, lavorano nelle vicinanze di campi e bevono acqua potabile di rubinetto.
La revisione, pubblicata su Neurology, la rivista medica dell’American Academy of Neurology, ha mostrato che una ripetuta esposizione a queste sostanze tossiche ha aumentato il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson dal 33 all’80 per cento. In diversi studi controllati, l’esposizione a determinati pesticidi è stata associato al doppio di rischio di sviluppare la malattia. «Non abbiamo studiato se il tipo di esposizione, come per esempio se il composto è stato inalato o assorbito attraverso la pelle e il metodo di applicazione, come la lubrificazione o la miscelazione, abbia influenzato il rischio di Parkinson – ha sottolineato il dottor Cereda – Tuttavia, il nostro studio suggerisce che il rischio aumenta in maniera dose-risposta così come il tempo di esposizione a queste sostanze chimiche».
La presunta necessità di avere un’agricoltura che favorisca la produzione piuttosto che la qualità ha fatto sì che l’uso di sostanze chimiche nei campi abbia raggiunto proporzioni incontrollate, senza tener conto che tutto ciò che immettiamo nell’ambiente poi torna a noi in diverse e nascoste forme: nei cibi che portiamo in tavola, nell’acqua che beviamo, nell’aria che respiriamo…Se chi lavora in agricoltura è senz’altro più esposto, anche chi mangia, respira, beve tutti i giorni – ossia tutti quanti – non ne è al riparo. Pensiamoci.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23713084

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