03-10-2014
C’è una patologia chiamata “steatosi epatica”, più popolarmente conosciuta con malattia del fegato grasso di origine non alcolica che è piuttosto comune, specie tra le persone sovrappeso o obese. Si caratterizza per un accumulo di trigliceridi nel tessuto epatico (del fegato) che può cagionare seri danni alle cellule epatiche, portandole anche alla morte. Altra evoluzione della malattia è la steatoepatite, provocata dall’infiammazione indotta, che si può trasformare in cirrosi. Se dunque la steatosi epatica non alcolica (ossia non derivata dal vizio del bere) è già di per sé un problema serio per le conseguenze sulla salute, un nuovo studio ha associato questa patologia al rischio di malattia coronarica e cardiaca.
Il dott. Rajiv Chhabra e colleghi del Saint Luke’s Health System’s Liver Disease Management Center di Kansas City hanno reclutato 400 pazienti che sono poi stati sottoposti a TAC addominale al fine di rilevare la presenza di steatosi epatica non alcolica e relativi danni. I risultati dello studio sono stati presentati al recente meeting annuale dell’American Gastroenterological Association’s dal dottor Chhabra, gastroenterologo, insieme al coautore John Helzberg, e mostrano come le persone con la malattia del fegato grasso non alcolica presentavano maggiori probabilità di avere una malattia coronarica. In più, gli effetti deleteri e l’incidenza sul rischio cardiocircolatorio erano maggiori rispetto ad altri fattori di rischio come il genere di appartenenza, il vizio del fumo, la sindrome metabolica, il colesterolo alto, il diabete o l’ipertensione.
Secondo il dott. Chhabra, questi risultati «suggeriscono che i pazienti con malattia coronarica dovrebbero essere sottoposti a screening per la malattia del fegato, e viceversa», poiché chi presenta la steatosi epatica dovrebbe essere tenuto sotto controllo per le malattie coronariche. A causa della maggiore diffusione e incremento di malattie quali il diabete di tipo 2, il sovrappeso e l’obesità, la steatosi epatica è divenuta nel tempo la più comune delle patologie del fegato. «Se le attuali tendenze proseguono – sottolinea nel comunicato Saint Luke il dottor Helzberg – è previsto un aumento del 40% nella prevalenza della patologia tra la popolazione entro il 2020». Questo dato è fonte di preoccupazione per i medici e gli operatori sanitari, in quanto rischia di divenire un’emergenza sanitaria che costa molto in termini di risorse e di vite.