06-11-2014
Il cardiologo Aseem Malhotra della Croydon University Hospital di Londra dice che è tempo “di rompere il mito del ruolo dei grassi saturi nella malattia di cuore”, sottolineando che da quando abbiamo iniziato a seguire consigli per rimuoverli dalla nostra dieta, il rischio cardiovascolare è salito. I risultati della ricerca sono stati pubblicati questa settimana, sulla rivista British Medical Journal. Il Dott. Aseem Malhotra, afferma che l’ossessione del governo della riduzione totale del colesterolo ha portato all’over prescrizione di statine, quando il vero problema non è il colesterolo, ma una più complessa triade di anormalità lipidiche chiamate “dislipidemia aterogenica”. Egli descrive come i “sette paesi” di riferimento dello studio iniziato nel 1970, hanno evidenziato il collegamento tra i tassi di malattia coronarica e livelli di colesterolo senza stabilire se questi fattori sono effettivamente la causa di malattie cardiache. I governi hanno spinto le linee guida a tagliare l’assunzione di grassi al 30% delle calorie totali e grassi saturi al 10%. Nel frattempo, “recenti studi di coorte prospettici non hanno sostenuto alcuna significativa associazione tra assunzione di grassi saturi e rischio cardiovascolare”, al contrario, ” i grassi saturi sono risultati protettivi”, spiega il ricercatore.
Il Dott. Malhotra punta il dito contro lo zucchero. Quando si elimina un grasso dal cibo, il suo sapore peggiora, così l’industria alimentare sostituisce i grassi saturi con aggiunta di zucchero. Ora la ricerca sta accumulando prove che lo zucchero potrebbe essere un fattore di rischio indipendente per la sindrome metabolica (un gruppo di condizioni che includono pressione alta, glicemia anormale, aumento di trigliceridi), noto anche per provocare il diabete e aumentare il rischio cardiovascolare. Un altro fallimento nella discussione è demonizzare i grassi saturi perché ricchi di energia, così come la convinzione che riducendoli si riduce l’apporto calorico. I grassi hanno più energia per grammo di proteine e carboidrati , ma il Dott. Malhotra cita studi che mostrano che il corpo non metabolizza queste sostanze nutrienti allo stesso modo, anzi, tra le diete per la perdita di peso che comprendono grassi al 90%, proteine al 90% e carboidrati al 90%, la più grande perdita di peso si registra nel gruppo che assume il 90% di grassi. Negli ultimi 30 anni, egli osserva che gli americani hanno ridotto la percentuale di assunzione di energia dai grassi dal 40% al 30%, ma “l’obesità è comunque in aumento”. Un altro importante problema è da dove il grasso saturo proviene. Per esempio, i latticini sono ricchi di grassi, ma forniscono anche la vitamina A e la vitamina D e minerali essenziali, come calcio e fosforo. Bassi livelli di vitamina D possono essere una delle principali cause di alta pressione sanguigna e sono stati anche legati ad un aumentato rischio di morte per malattie cardiovascolari. Vi sono anche prove che un acido grasso principalmente trovato in prodotti caseari è legato a più alti livelli di lipoproteine ad alta densità (il colesterolo “buono” che aiuta a combattere le malattie cardiache), ridotta insulino-resistenza e altri fattori protettivi. La carne è anche una ricca fonte di grassi saturi, ma mentre le carni lavorate sono collegate al rischio elevato di malattia coronarica e diabete di tipo 2 (forse a causa di alti livelli di nitrati e sodio), mentre la carne rossa non è collegata al rischio.
Le statine, assunte per abbassare il colesterolo totale, sono oggi il secondo farmaco più comunemente prescritto negli Stati Uniti, ma dice il Dott. Malhotra: ”prendete per esempio il Regno Unito dove si registrano 60 milioni di prescrizioni di statine ogni anno, ebbene, non ci sono prove che esse hanno ridotto le morti cardiovascolari più di quanto abbiano fatto la riduzione del fumo e trattamenti salva-vita come l’angioplastica“. E, fa notare che oggi, due terzi delle persone che finiscono in ospedale a seguito di un attacco di cuore hanno la sindrome metabolica, ma il 75% di loro hanno livelli di colesterolo normali. Il ricercatore suggerisce anche altre prove che forse il colesterolo totale non è il colpevole della malattia cardiovascolare.
Nel caso delle statine, ciò che emerge è un netto contrasto tra i risultati delle prove Cliniche originali e la ”parola vera” dell’esperienza. Mentre gli studi clinici hanno trovato che solo 1 su 10.000 pazienti trattati con statine hanno sperimentato un effetto collaterale minore (0,01%), uno studio su 150.000 pazienti a cui sono state prescritte le statine dal loro medico di famiglia, ha mostrato che il 20% ha avuto effetti collaterali “inaccettabili” e ha smesso di assumerle. Gli effetti collaterali includono disturbi di stomaco, dolori muscolari, disturbi del sonno e della memoria e la disfunzione erettile. Il Dott. Malhotra afferma anche che la più forte evidenza a sostegno delle statine è quella di prevenire gli attacchi di cuore, quando i pazienti ricevono la dose massima, indipendentemente dai loro livelli di colesterolo totale. Questo perché le statine sono buone a stabilizzare le placche coronariche riducendo l’infiammazione nei vasi sanguigni. E aggiunge: “Il fatto che nessun altro farmaco che abbassa il colesterolo ha mostrato un beneficio in termini di riduzione di mortalità per malattia cardiovascolare, supporta l’ipotesi che i benefici delle statine sono indipendenti dai loro effetti sul colesterolo”. Il Dott. Malhotra sostiene che l’adozione di una dieta mediterranea ha dimostrato di essere tre volte più efficace nel ridurre le morti cardiovascolari delle statine. Anche rispetto a una dieta a basso contenuto di grassi, una ricerca recentemente pubblicata ha dimostrato che nei gruppi ad alto rischio, una dieta mediterranea riduce gli eventi cardiovascolari. Una dieta mediterranea tradizionale è ricca di olio d’oliva, frutta, verdura e cereali, contiene discrete quantità di pesce e pollame e basse quantità di carni rosse lavorate, latticini e dolci. Si beve vino con moderazione e solo durante i pasti. Il Dott. Malhotra esorta i medici ad “abbracciare la prevenzione e il trattamento”. I farmaci possono alleviare i sintomi, ma non possono cambiare la “fisiopatologia”, dice e conclude: “E' il momento di rompere il mito del ruolo di grassi saturi nella malattia di cuore”.