20-12-2014
Un tempo il cibo era semplicemente cibo. Oggi è un insieme di lavorazioni industriali che prevedono stoccaggio e confezionamento dal contenuto tutt’altro che naturale. Tutto ciò ha destato l’attenzione di alcuni scienziati ambientali che hanno condotto uno studio in merito, appena pubblicato sul Journal of Epidemiology and Community Health. Secondo gli esperti sono molte le sostanze chimiche che ci ritroviamo a mangiare con il cibo. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che tali sostanze, essendo di natura inerti, possono penetrare nel cibo che mangiano quotidianamente. La quantità di sostanze chimiche sono regolamentate, questo è vero. Ma se abbiamo l’abitudine di mangiare cibi confezionati o peggio trasformati, rischiamo di essere esposti cronicamente a elementi chimici dannosi. E l’impatto a lungo termine, chi lo conosce? Si chiedono i ricercatori. Spesso, quando si riconosce l’entità del problema – come è stato per i biberon al PBA o le pentole con CFOA – è troppo tardi e ormai troppa gente ne è stata danneggiata. Per tale motivo gli esperti chiedono che sia fatta luce su questa problematica e di considerare gli eventuali effetti sul cruciale sviluppo di un essere umano, magari anche in fase fetale.
Gli studiosi, in particolare, vorrebbero ottenere risposte sull’esposizione permanente ai materiali a contatto con alimenti (FCM) come quelli che vengono adoperati negli imballaggi, nella conservazione, nella preparazione o elaborazione dei cibi che tutti i giorni troviamo sulle nostre tavole. Tutto ciò è «motivo di preoccupazione per diverse ragioni». Le sostanze chimiche tossiche, come detto, sono presenti in moltissimi alimenti a causa di alcuni tipi di lavorazione e imballo. Tra queste, ricordiamo la formaldeide – sostanza che a dosi elevate può causare il cancro. Chi è pertanto in grado di stabilire qual è la dose massima di alimenti e relative sostanze che si possono assumere per evitare malattie di un certo rilievo? Si pensi solo che la formaldeide la si trova in moltissimi posti, tra cui anche nelle bottiglie di plastica adoperate per le bevande gassate. Ma non solo, persino nelle stoviglie in melammina che vanno tanto di moda oggigiorno. Di fatto, la melammina e la formaldeide sono tra le materie prime più usate nella produzione di stoviglie. Tali sostanze tendono a incollarsi al cibo durante l’utilizzo. L’Efsa ha richiesto, non a caso, la diminuzione da 30mg/kg a 2,5mg/kg. Ma la formaldeide non è l’unica a essere stata messa sul banco degli imputati; mancano all’appello il bisfenolo A (o BPA), il tributilstagno, il triclosan e gli ftalati che a lungo andare possono interagire negativamente con la produzione ormonale. «Mentre per la scienza alcune di queste sostanze sono oggetto di dibattito e i responsabili politici lottano per soddisfare le esigenze delle parti interessate, i consumatori rimangono esposti a queste sostanze chimiche tutti i giorni, per lo più inconsapevolmente», rimarcano gli autori. Tutto ciò non è assolutamente da prendere sottogamba considerando che il numero totale di prodotti chimici che circondano la nostra vita sono nell’ordine di 4.000. Come mai, si chiedono i ricercatori, i potenziali danni cellulari e il ruolo che queste sostanze rivestono nella parziale distruzione ormonale non vengono presi in considerazione? Inoltre, le potenziali mutazioni a livello cellulare causate da FCM e in particolare quelli con la capacità di distruggere gli ormoni non sono nemmeno prese in considerazione nelle analisi di routine, tutto ciò «getta seri dubbi sull’adeguatezza delle procedure di regolamentazione chimica». Gli esperti ammettono la difficoltà nel condurre studi realmente affidabili, in quanto non vi sono popolazioni non esposte ai FCM, e i livelli di esposizione possono variare notevolmente da individuo a individuo. Tuttavia, sottolinea l’estrema urgenza nel cercare risultati validi al fine di considerare tutti i legami tra alimenti a contatto con le sostanze chimiche e patologie anche molto gravi come il cancro, il diabete, i disturbi neurologici e infiammatori e l’obesità. «Dal momento che la maggior parte dei cibi sono confezionati e l’intera popolazione può esserne esposta, è della massima importanza che le lacune delle conoscenze vengano riempite in modo affidabile e rapido», concludono i ricercatori.
http://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-02/bmj-fpc021714.php