Martedì, 18 Marzo 2014 16:33

LE TEORIE MODERNE

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Il rapporto tra gruppo sanguigno e carattere è stato oggetto di ricerca sin dagli anni Venti, quando un professore di psicologia di nome Takeji Furukawa prese a studiare se il gruppo sanguigno potesse diventare in qualche modo un indicatore traducibile in caratteristiche psicologiche. Furukawa pubblicò parte dei suoi lavori all’inizio degli anni Trenta nel “Journal of Applied Psychology” tedesco e spinse un buon numero di psicologi europei ad avviare anch’essi un esame delle correlazioni esistenti tra gruppo sanguigno e carattere. Malgrado questi primi sforzi, il rapporto tra gruppo sanguigno e personalità non conquistò un’attenzione rilevante fino agli anni Settanta, quando un giornalista di nome Masahiko Nomi da solo si impegnò a diffondere l’idea che il sistema dei gruppi sanguigni AB0 potesse rappresentare la chiave d’accesso al mistero della personalità. Il libro di Nomi, “Ketsueki de wakaru aisho” (Ciò che i gruppi sanguigni ci rivelano sulla compatibilità), conobbe in Giappone uno straordinario successo che dura ancora ai nostri giorni, essendo arrivato alla duecentoquarantesima ristampa. Molte delle schematizzazioni di Nomi si basano semplicemente sull’osservazione di migliaia di individui, condotta spesso per periodi prolungati. Anche se il suo metodo probabilmente non soddisfaceva criteri scientifici rigorosi, i suoi risultati furono sicuramente significativi: quando sono coerenti, le osservazioni possono mettere in luce tendenze chiare e razionali. Nel 1997, Peter Constantine pubblicò “What’s Your Type?”, un libro che affrontava il tema del rapporto tra gruppo sanguigno e personalità. Pur rendendo omaggio alle intuizioni di Nomi, la visione della personalità tratteggiata da Constantine sembra ispirarsi maggiormente ai lavori degli psicologi europei degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Tratti in gran parte dai lavori della psicologa francese Lèone Bourdel e dello specialista svizzero Fritz Schaer, i profili delle personalità legate ai gruppi sanguigni delineati da Constantine nella maggior parte dei casi sembrano in buona sintonia con quelli di Nomi. Ma ci sono anche casi in cui si differenziano nettamente. Nomi descriveva il gruppo B come un pensatore non convenzionale e non troppo ambizioso, mentre Constantine classifica gli individui di gruppo B come razionali, equilibrati, pragmatici e accaniti organizzatori, con una forte spinta per il raggiungimento degli obiettivi. Sia Nomi, sia Constantine li definiscono “individualisti”. Nomi e Constantine concordano poi che il gruppo 0 è estroverso, specialmente riferendone entrambi la tendenza ad esprimere chiaramente il proprio parere. Convengono anche che il gruppo A è più probabilmente introverso e fortemente sensibile all’opinione degli altri, quantunque Constantine lo consideri più riservato e calmo di quanto Nomi sembri suggerire. Constantine descrive il gruppo AB come un equilibrio di introversione ed estroversione, in sostanza una positiva miscela di caratteristiche contrapposte. Nomi considera invece l’impasto un pò meno equilibrato, raffigurandolo capace di adattarsi bene ai rapporti umani ma in generale “interiormente emotivo”, con pulsioni di distacco dalla società. Nel complesso, le caratterizzazioni di Nomi e Constantine sono in realtà abbastanza simili. Le peculiarità più convergenti annotate da entrambi sono la tendenza all’estroversione nel gruppo 0 e all’introversione nel gruppo A. Le prime analisi veramente scientifiche del legame tra gruppi sanguigni e personalità furono il frutto del lavoro di due dei maggiori psicologi del ventesimo secolo, Raymond Cattell e Hans Eysenck. L’opera di Cattell si concentrò sull’esame delle differenze individuali nelle capacità razionali, nella personalità e nella motivazione. E’ soprattutto noto per i suoi 16 fattori della personalità (16PF), uno degli strumenti di valutazione della personalità più utilizzati e apprezzati in tutto il mondo. Cattell condusse due studi sui gruppi sanguigni utilizzando i suoi 16PF nel 1964 e nel 1980: suddivise un campione di 323 australiani di razza bianca in diciassette sistemi genetici e ventuno variabili psicologiche, compresi i gruppi sanguigni. Tra l’altro, Cattell trovò che i soggetti appartenenti al gruppo AB erano nettamente più autosufficienti e indipendenti di quelli dei gruppi 0, A o B, mentre le persone di gruppo A erano più portate a soffrire di gravi stati ansiosi rispetto a quelle di gruppo 0. Le sue scoperte erano perfettamente allineate con quelle di altri studi su stress e malattie mentali. Eysenck, psicologo tedesco e professore di psicologia all’Università di Londra, fu tra i primi a sostenere che i fattori genetici svolgessero un ruolo importante nel determinare le differenze psicologiche tra gli individui. Il suo contributo più rilevante è la sua teoria della personalità, nota come sistema PEN (Psicoticismo, Estroversione e Neuroticismo). Secondo Eysenck, queste variabili sono il risultato di preferenze fisiologiche e chimiche. Per esempio, gli introversi mostrano un’attività più intensa nell’anello cortico-reticolare del cervello e quindi sono cronicamente più eccitabili degli estroversi a livello della corteccia cerebrale. La conseguenza è che in questi individui l’affollamento e il rumore possono provocare rapidamente un sovrappeso sensoriale. Eysenck effettuò anche uno studio comparativo delle caratteristiche della personalità in differenti nazionalità, riuscendo a tracciare distinzioni tra i gruppi sanguigni in certe popolazioni. Per farlo, utilizzò alcuni dei suoi studi precedenti, che mostravano l’esistenza di differenze significative nella frequenza di determinati gruppi sanguigni tra europei introversi ed estroversi e tra individui fortemente emotivi e persone tendenzialmente più rilassate. I suoi risultati dimostrarono che il comportamento emotivo era nettamente più comune nel gruppo B che nel gruppo A, mentre l’introversione era più diffusa nel gruppo AB che negli altri gruppi sanguigni. Eysenck esaminò campioni di due popolazioni, una inglese e l’altra giapponese. Poichè studi precedenti avevano indicato che i giapponesi erano più introversi e più neurotici degli inglesi, egli previde che tra i giapponesi si sarebbero trovate percentuali maggiori di individui di gruppo sanguigno AB e minori percentuali dei gruppi A e B. L’ipotesi fu confermata dalla semplice analisi dei dati disponibili sulle frequenze dei gruppi sanguigni nei due paesi.

Letto 774 volte Ultima modifica il Venerdì, 10 Luglio 2020 10:37
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