Uno dei lati più contestati della nutrizione genetica basata sui gruppi sanguigni è l’affermazione che le persone dei gruppi 0 e B, per stare bene, debbano consumare carni rosse in abbondanza. Le teorie nutrizioniste tradizionali attribuiscono infatti alle carni rosse ogni sorta di nefandezze, considerandole responsabili, tra l’altro, di innalzare il livello del colesterolo, con le conseguenti malattie cardiache e di favorire l’osteoporosi. Ma la conoscenza che abbiamo oggi del ruolo della fosfatasi alcalina intestinale contraddice nettamente questa credenza. La fosfatasi alcalina è un enzima prodotto nell’intestino tenue che, tra le altre sue funzioni, facilita anche la digestione delle proteine e dei grassi animali. Studi recenti dimostrano chiaramente che i soggetti di gruppo sanguigno 0 e, sia pure in misura minore, anche quelli di gruppo B, sono dotati nell’intestino di livelli elevati di fosfatasi alcalina, in grado di proteggerli dagli effetti potenzialmente pericolosi di un regime alimentare ricco di proteine. Al contrario, le persone di gruppo A producono quantità irrilevanti di questo enzima e anche quel poco viene disattivato dai propri antigeni A. Naturalmente è una ragione in più per convincere queste persone ad attenersi rigorosamente a scelte alimentari a basso contenuto di proteine.
Esistono prove che la fosfatasi alcalina intestinale, oltre a favorire la demolizione dei grassi, migliora anche l’assorbimento del calcio. Alla luce di queste scoperte, la teoria dei vegani, o vegetariani integrali, che sostiene l’utilità delle diete a base vegetale per prevenire l’osteoporosi non poggia evidentemente su basi solide. L’osservazione che in alcuni individui sottoposti ad un’alimentazione ricca di proteine l’eliminazione del calcio tende ad aumentare risponde al vero, ma al più può essere considerata una correlazione, e in realtà le ricerche su questo tema provano esattamente il contrario. Per dare il colpo di grazia, a chi sostiene queste teorie assurde, una recente ricerca della Johns Hopkins, dell’Università del Minnessota e del Chicago Center for Clinical Research indica che una quantità di circa 180 g di carne rossa, consumata cinque o sei volte alla settimana, può abbassare anche del 10% il rischio di contrarre malattie coronariche. In particolare, le donne che avevano adottato diete più proteiche (circa il 24% del totale delle calorie assunte), presentavano un rischio cardiopatico inferiore di un quarto rispetto a quello di altre donne che ricavavano da sostanze proteiche solo il 15% delle loro calorie totali.
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POLIAMMINE E GRUPPI SANGUIGNI
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