Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Lunedì, 29 Agosto 2016 08:32

PERCHE' LE RDA NON SONO ADEGUATE?

29-08-2016

Sebbene le quantità giornaliere raccomandate siano state uno standard di riferimento nutrizionale per molti anni, non sono sufficienti a ottenere uno stato di benessere totale. Hanno molti limiti, il più importante dei quali è probabilmente il fatto che sono state calcolate per individui sani in circostanze normali (ovvero in assenza di malattie, difetti genetici ed esposizione a tossine ambientali) allo scopo di prevenire malattie da carenza e non di raggiungere un equilibrio nutrizionale ottimale. Inoltre gli studi in base ai quali sono stati individuati i livelli dei vari nutrienti necessari per prevenire una carenza conclamata erano della durata di sei-nove mesi, che corrisponde a circa l'1% della vita umana. Studi condotti sugli animali hanno messo in evidenza che la quantità di nutrienti sufficiente a prevenire malattie da carenza e restare in salute a breve termine può rivelarsi assolutamente inadeguata nell'arco della vita.

Domenica, 28 Agosto 2016 06:00

A PROPOSITO DI FARMACI…

28-08-2016

Quando nuovi farmaci appaiono sul mercato, i medicinali tradizionali sono considerati meno efficaci e a volte addirittura pericolosi. I pazienti ai quali erano stati prescritti si erano sentiti dire che si trattava dei migliori farmaci sul mercato per curare la loro malattia. In seguito si è dimostrato che erano inefficaci e pericolosi. Si prescrive ai pazienti un nuovo farmaco, presumibilmente più sicuro e più efficace, fino a quando non compare un nuovo prodotto. Ci si può chiedere che cosa si dirà del nuovo farmaco dopo dieci anni!

28-08-2016

Lo stress emotivo di ogni giorno potrebbe essere un fattore scatenante della crescita dei tumori. Lo rivela un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Nature, che mostra come ogni tipo di trauma, fisico o emotivo, possa agire come "ponte" tra le varie mutazioni genetiche cancerose e le possa fare agire contemporaneamente. "È la prima volta che viene scoperto un collegamento tra le condizioni di sviluppo di una malattia e lo stress emotivo di ogni giorno, non legato ad un momento particolare", ha detto Tian Xu, genetista della Yale University a capo dello studio. "I fattori che possono attivare le segnalazioni molecolari legate allo stress sono molte: stress fisico, psicologico, emotivo, così come infezioni ed infiammazioni". Finora - ha continuato Xu - "si riteneva che una mutazione dannosa in una singola cellula doveva essere necessaria per la crescita di un tumore. Tuttavia, abbiamo scoperto che le mutazioni possono promuovere la crescita anche se sono localizzate in cellule diverse, a causa di "ponti" molecolari che si creano tra esse", ha detto il ricercatore. "La cattiva notizia è che questo rende più facile che le mutazioni dannose si accumulino nello stesso tessuto. Ridurre lo stress ed evitare le infiammazioni è sempre una buona precauzione", ha concluso.

 

http://news.yale.edu/2010/01/13/stress-triggers-tumor-formation-yale-researchers-find

27-08-2016

Come può una donna resistere al richiamo di una scarpa col tacco alto? Sono talmente belle, fanno sentire più alte, slanciano le gambe e donano un'andatura femminile. Però c'è un rovescio della medaglia: lo stiletto può distruggervi il piede e non solo. Ecco quali sono i problemi che potrebbero insorgere:

1. Ginocchio: chi indossa i tacchi aumenta del 26% la pressione sull'articolazione.

2. Neuroma di Morton: si crea un ispessimento del tessuto generalmente tra il terzo e in quarto dito. Il nervo irritato a quel punto causa un forte dolore nevralgico, che si amplifica mentre si cammina ma si avverte anche a riposo.

3. Borsite: è un'infiammazione dei tessuti molli che causa dolori forti e va curata tempestivamente per evitare che in problema si cronicizzi.

4. Alluce valgo: è una deformazione della base dell'alluce, che si piega verso l'interno. La zona in contatto tra l'alluce e il dito vicino si infiamma.

5. Lesioni alla caviglia: colpa del tacco alto.

6. Tallone d'Achille: indossare sempre i tacchi accorcia le fibre muscolari e crea un ispessimento del tallone.

7. Metatarsalgia: è un dolore alla pianta del piede. Le scarpe col tacco alto sono una delle principali fonti di stress che lo causano, così come un'eccessiva attività fisica e il sovrappeso.

8. Piede d'atleta: poiché le dita dei piedi sono compresse nella calzatura, il sudore resta intrappolato creando un terreno fertile per i funghi.

9. Antiestetici duroni.

10. Unghie incarnite.

Piedi, caviglie e ginocchia non sono i soli a risentirne, perché anche la postura viene messa a dura prova, spingendo il baricentro in avanti e disallineando la colonna vertebrale, portando un eccesso di peso sulla parte anteriore del piede. In sostanza non voglio dirvi che dovete indossare scarpe ortopediche, ma per lo meno limitare l'utilizzo dei trampoli, per esempio solo la sera.

27-08-2016

NUTRIENTI

Gli antiossidanti nutrizionali - cioè le vitamine C ed E, i bioflavonoidi, i carotenoidi, il glutatione e il selenio - sono essenziali per proteggere il fegato dai radicali liberi prodotti durante la neutralizzazione delle tossine. Gli effetti protettivi di questi nutrienti antiossidanti possono essere notevolmente potenziati aumentando la varietà e la quantità di altri antiossidanti, come il coenzima Q10 e la catechina. Molto utili sono poi vari flavonoidi vegetali che hanno la particolarità di concentrarsi proprio nel fegato, dove sono più necessari e più efficaci. I fosfolipidi (un tipo di grassi che si trova nella membrana citoplasmatica) sono particolarmente preziosi perchè proteggono il fegato dall'esposizione cronica a solventi organici. Questo effetto è dovuto probabilmente all'integrazione dei fosfolipidi nella membrana cellulare, che si traduce in maggiore fluidità della membrana stessa, attivazione dei processi enzimatici membrana-dipendenti e rigenerazione delle cellule epatiche danneggiate. Tra i fosfolipidi antiepatotossici ci sono fosfatidilcolina, fosfatiletanolamina e fosfatidilserina, che si trovano nel tuorlo d'uovo e nella lecitina e che si possono assumere anche sotto forma di integratori.

CARDO MARIANO

Il cardo mariano è forse la più potente delle sostanze antiepatotossiche che si conoscano. E' talmente efficace che in un esperimento sui topi, somministrando cardo mariano pochi minuti dopo l'ingestione della velenosissima Amanita phalloides, non solo la cavia non muore, ma subisce danni epatici limitati. Il cardo mariano agisce impedendo il danno da radicali liberi (con efficacia molto maggiore della vitamina E) e stimolando la sintesi delle proteine e la produzione di nuove cellule epatiche. I costituenti cui è dovuta questa protezione sono tre flavolignani definiti complessivamente silimarina. L'efficacia clinica della silimarina è stata ampiamente dimostrata in grandi studi clinici. Per esempio, in uno studio multicentrico su 2.637 pazienti con vari disturbi epatici (56,1% infiltrazione grassa del fegato, 19,3% epatite e cirrosi e 22,6% patologia non ben definita) hanno ricevuto in media quattro capsule (140 mg di silimarina per capsula) di estratto standardizzato di cardo mariano al giorno. Dopo otto settimane, nel 63% dei pazienti i sintomi (nausea, prurito, dilatazione addominale, disappetenza e stanchezza) erano completamente scomparsi. Le analisi di laboratorio hanno confermato questi risultati soggettivi rilevando un calo del 40% in media del livello di enzimi epatici nel sangue (che è un indicatore del danno epatico). Nei soggetti con il fegato ingrossato è stata osservata inoltre una riduzione del volume dell'organo. Solo lo 0,8% dei soggetti ha accusato effetti collaterali (mal di stomaco, nausea e leggera diarrea) e ha interrotto la cura. Altri studi clinici hanno dimostrato che la silimarina è efficace contro la cirrosi, l'epatite cronica, l'infiltrazione grassa del fegato (indotta da alcol e sostanze chimiche) e l'infiammazione del dotto biliare. L'effetto terapeutico della silimarina in tutte queste patologie è stato confermato da dati istologici (biopsia), clinici e di laboratorio. La silimarina protegge il fegato da una gamma di sostanze chimiche nocive che va dall'alcol e al tetracloruro di carbonio, all'amanitina (la tossina del fungo amanita) e al nitrato di praseodimio. Il cardo mariano fa bene anche a chi per vari motivi deve prendere medicine che, come per esempio molti dei farmaci psicotropi prescritti ai pazienti psichiatrici, provocano gravi danni al fegato. In uno studio su 60 pazienti trattati a lungo termine con fenotiazine e butirrofenoni, 90 giorni di trattamento con 800 mg di silimarina al giorno hanno permesso di ridurre notevolmente il danno epatico, senza interferire con l'efficacia clinica degli psicofarmaci.

CATECHINA

La catechina è un flavonoide estratto dalle piante Acacia catechu (catecù) e Uncaria gambier, molto usato in Europa per trattare le malattie epatiche. In laboratorio, la catechina inibisce in maniera diretta le endotossine e neutralizza i radicali liberi prodotti dalle endotossine batteriche. La sua somministrazione è efficace nella terapia di varie malattie del fegato, compresi i danni dovuti a sostanze chimiche, all'alcolismo e alle tossine batteriche (quali quelle prodotte dai batteri intestinali Gram-negativi), l'epatite autoimmune, l'epatite virale e la cirrosi. Tuttavia gli studi clinici non hanno dato risultati costanti per quanto riguarda l'epatite: la catechina sembra essere efficace nell'epatite B e C, ma non nell'epatite A acuta. In modelli murini sperimentali, la catechina è risultata inoltre dotata di un effetto protettivo contro alcune sostanze cancerogene. Tuttavia si tratta di un nutriente da usare con cautela perchè, se presa in alte dosi o per periodi prolungati, la catechina può provocare anemia emolitica. L'alimento più ricco di catechina è il tè verde.

 

Sabato, 27 Agosto 2016 14:25

IL MIO PENSIERO SULLE MALATTIE.

27-08-2016

La maggior parte dei medici tradizionali ha imparato gli stessi metodi, che consistono nel curare i sintomi piuttosto che la malattia. Un medico o un naturopata olista esamina il soggetto nel suo insieme: il corpo (fisiologico), lo spirito (emotivo) e l'animo (spirituale). Questo metodo è più efficace poichè la malattia è il risultato della manifestazione di uno squilibrio. La medicina tradizionale dà nomi diversi a varie malattie. Ad ogni modo, tutte le malattie sono essenzialmente le stesse e sono accompagnate da immobilizzazione, malesseri, dolore e depressione. Gli abusi cui è sottoposto l'organismo - il fumo, il consumo di alcol e di droghe, un'alimentazione inadeguata, lo stress e l'inquinamento ambientale - provocano l'accumulo di tossine. Le tossine devono essere eliminate dai reni (urina), dal colon (feci), dalla pelle (traspirazione) e dai polmoni (biossido di carbonio). Quando questi canali non garantiscono più l'eliminazione delle tossine in eccesso, questi attaccano regioni particolari dell'organismo, provocando malattie. La medicina tradizionale non capisce questo principio e, di conseguenza, non ne esamina le cause. Ad esempio, non ci si informa sull'alimentazione dei pazienti che soffrono di depressione. Eppure è stato scientificamente dimostrato che la depressione è causata da uno squilibrio chimico del cervello, aggravato da carenze alimentari. Ciò significa che i composti chimici (neurotrasmettitori) necessari alla funzione cerebrale non sono nè adeguati nè sufficientemente efficaci per adempiere le proprie funzioni. Basterebbe un semplice esame del sangue, più precisamente delle piastrine, per determinare la concentrazione di neurotrasmettitori nel cervello. Se vi è una carenza, sono indicati gli integratori. In seguito, l'attività cerebrale ritorna normale, alleviando lo stato depressivo. Invece si prescrivono farmaci che sono composti estranei all'organismo che, di conseguenza, non ne è carente. Questi prodotti non rigenerano i tessuti ma servono piuttosto come agenti bloccanti che alleviano temporaneamente i sintomi. Questi farmaci causano presto dipendenza perchè occorre prescriverne dosi sempre più elevate man mano che l'organismo vi si abitua. In seguito compaiono effetti collaterali che devono essere curati con l'ausilio di un nuovo farmaco, iniziando una lunga catena di problemi farmacologici.

 

27-08-2016

Il mangostano è il frutto di una pianta tropicale (Garcinia mangostana) nativa del sud-est asiatico, in particolare Thailandia, Myanmar, Cambogia, Vietnam e Isole Molucche. Per migliaia di anni le popolazioni dell’Asia hanno utilizzato questo frutto, composto da una parte di polpa bianca edibile rivestita da un pericarpo di pigmentazione viola, per numerose condizioni in pozioni, cataplasmi e preparazioni di varia natura. Il mangostano contiene significative quantità di alcune classi di fitochimici quali proantocianidine oligomeriche, catechine, polisaccaridi e steroli. Inoltre, contiene xantoni, polifenoli che hanno destato molto interesse fin dal 1855, anno in cui è stato isolato il primo xantone, la mangostina. Dei 250 xantoni indentificati in natura, 39 sono presenti nel mangostano, che rappresenta quindi la principale fonte di questi composti. Sono state condotte numerose ricerche sul valore terapeutico di questo frutto, evidenziando interessanti potenziali attività. In particolare ha attirato molta attenzione per l’azione antinfiammatoria in grado di inibire l’attività delle COX 1 e 2 e i carcinogeni.

ATTIVITA’ ANTIOSSIDANTE

Monitorando l’effetto radical scavenging del pericarpo di mangostano, è risultato un’attività antiossidante attribuibile principalmente a due xantoni, alfa e gamma-mangostina. I più recenti studi in vitro indicano, inoltre, che gli xantoni del mangostano possiedono una rilevante attività ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity).

INIBIZIONE DEL RILASCIO DI ISTAMINA E ANTINFIAMMATORIA

L’estratto di mangostano ha mostrato la capacità di inibire il rilascio di istamina e la sintesi di prostaglandine E-2, ambedue fattori importanti per il controllo dei fenomeni allergici. I ricercatori hanno scoperto che la mangostina mostra un evidente potenziale per combattere allergie e infiammazioni.

ATTIVITA’ ANTIBATTERICA

I ricercatori, esaminando il valore antibiotico della mangostina, hanno notato un effetto inibitore nei confronti della crescita dello Staphylococcus aureus. La rilevante attività antibatterica in vitro di questo composto viene svolta sia contro i batteri meticillino-resistenti (MRSA) che in quelli meticillino-sensibili. Un notevole effetto inibitore in vitro è stato inoltre evidenziato nei confronti del Mycobacterium tubercolosis.

ATTIVITA’ ANTITUMORALE

La valutazione del potenziale antitumorale degli xantoni presenti nel pericarpo del mangostano ha fornito risultati sorprendenti. Tra gli effetti osservati troviamo quelli antiproliferativo, apoptotico, citotossico e inibitorio dell’aromatasi. Dai numerosi studi condotti in vitro si evince che questi composti sono in grado di inibire la crescita di cellule di leucemia HL60. Un’azione citotossica è stata evidenziata contro le cellule di carcinoma epatocellulare. In studi di laboratorio è stata evidenziata l’inibizione della crescita di linee cancerose cellulari umane (seno, reni, melanoma). In un altro studio in vitro l’estratto del pericarpo del frutto di mangostano, ha mostrato di inibire la crescita delle cellule cancerose del cancro al seno.

PROTEZIONE CARDIOVASCOLARE

Gli studi condotti sugli xantoni del mangostano indicano azioni che concorrono al mantenimento della salute cardiovascolare. La potente attività antiossidante dell’estratto di questo frutto, infatti, è responsabile dell’inibizione dell’ossidazione delle LDL. Inoltre, studi su modelli animali mostrano effetti ipotensivo, vasorilassante e antitrombotico.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16536578

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14698525

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12230104

27-08-2016

I farmaci più venduti per la pressione sanguigna sono sotto accusa da parte di un ricercatore della Food and Drug Administration che sostiene: "Aumentano il rischio di cancro al polmone". Thomas A. Marciniak sta chiedendo ai superiori di prevedere avvertimenti più stringenti sui farmaci noti come inibitori del recettore dell'angiotensina, o ARB. A diffondere la notizia, avuta da indiscrezioni nell'ambiente medico, è stato il Wall Street Journal. Questi farmaci, che sono assunti da milioni di persone e che hanno venduto per 7,6 miliardi di dollari nel 2012, possono essere correlati ad una più alta incidenza di cancro. Ma i vertici della FDA sostengono che non ci sono evidenze di una correlazione. Il dibattito sugli ARB porta alla ribalta un quesito: l'agenzia regolatoria americana ha fatto abbastanza per esaminare la sicurezza a lungo termine di questi farmaci? Marciniak ha persino risposto ai vertici della FDA che sarebbe meglio investire tempo sulla sicurezza degli ARB piuttosto che nelle richieste di autorizzazione di nuovi farmaci. Ellis Unger, responsabile della divisione per la valutazione dei farmaci, ha affermato: "Non abbiamo nulla di nuovo da dire ai consumatori". In uno studio del 2010 pubblicato su Lancet Oncology, Ilke Sipahi e colleghi dell'University Hospital di Cleveland hanno esaminato cinque studi che avevano coinvolto 68.402 pazienti scoprendo che chi assumeva gli ARB aveva un rischio dell'11% maggiore di cancro in generale e del 25% maggiore per il cancro al polmone rispetto ai pazienti che non assumevano questi farmaci. Ma nel giro di un anno la FDA disse che l'allarme rientrava e che "non c'era aumento del rischio"; anche le autorità regolatorie europee hanno ignorato l'allarme. Ma Marciniak non è convinto e sostiene che le meta-analisi della FDA si basano su dati inaffidabili e che non sono state condotte rigorosamente, in quanto, secondo il medico, non hanno considerato i casi di carcinoma al polmone nella categoria dei tumori al polmone, quali invece sono. Non è la prima volta che insorgono dissidi interni alla FDA. Nel 2008 nove dipendenti dell'ente hanno scritto al Congresso affermando che i vertici stavano ignorando l'aspetto della sicurezza nell'approvazione di particolari dispositivi. Marciniak ha dunque attinto ai dati originali degli studi sui farmaci ARB e ha concluso che il rischio di tumore al polmone risulta aumentato del 24% nei pazienti che hanno assunto ARB rispetto ai pazienti che hanno assunto placebo e altri farmaci. Ha dunque inviato una segnalazione ai vertici della FDA: "Devono informare pazienti e medici" ha detto. Il capo divisione non concorda e alcune delle case farmaceutiche che commercializzano tali farmaci hanno detto che preferiscono non commentare. Il dottor Marciniak si è specializzato in oncologia alla Mayo Clinic e ha trascorso un decennio al National Cancer Institute prima di approdare alla FDA. Il capo divisione dell'ente ha comunque rifiutato di procedere ad una revisione sulla sicurezza.

 

http://www.wsj.com/articles/SB10001424127887324682204578515172395384146

27-08-2016

In occasione del “National Ice Cream Month”, celebrato negli Stati Uniti, gli esperti hanno stilato quello che dovrebbe essere il vademecum della personalità in base al gusto di gelato prediletto. Al fine di decodificare i tratti della personalità è stato condotto uno studio ad hoc dal dottor Baskin-Robbins, in collaborazione con il dottor Alan Hirsh, Fondatore dello Smell ‘n’ Taste Treatment and Research Foundation di Chicago. I risultati sono assai curiosi, e tra i diversi si è per esempio constatato che le persone che preferiscono il gelato chiamato “Sorbetto Rainbow” (ossia il gelato multigusto alla frutta) sono più pessimiste, nonostante sia un gelato pieno di colori e dal sapore leggero. Coloro che invece preferiscono il gelato “Rocky Road” (ossia il gelato al cioccolato con pezzi di nocciola) sono in realtà dei buoni ascoltatori. Ma ecco l’elenco dei gelati e le relative personalità associate dai due esperti, così come riportate dal New York Daily News.

- Gelato alla vaniglia: chi preferisce questo gusto è molto più probabile sia un tipo impulsivo, facilmente suggestionabile e un idealista.

- Gelato al cioccolato: chi predilige il gusto cioccolato è molto più probabile sia un tipo drammatico, vivace, affascinante, provocante, seducente, generoso, competente, intraprendente, ma anche credulone.

- Gelato ai frutti di bosco: la personalità di questo tipo è molto più probabile sia tollerante, devota e introversa.

- Gelato cioccolato e menta: chi preferisce questo gusto è probabile sia una persona polemica, frugale e prudente.

- Gelato al cioccolato/biscotto: scegliendo questo gusto si è molto probabilmente dei tipi ambiziosi, competitivi e visionari.

- Gelato alla crema, vaniglia e praline: chi sceglie questo gusto è più probabile sia amorevole, solidale e preferisca evitare i riflettori.

- Gelato al caffè: chi sceglie il gusto caffè si ritiene sia un tipo scrupoloso, coscienzioso e un perfezionista morale.

- Sorbetto alla frutta: chi sceglie questo gusto è molto più probabile sia una persona analitica, decisa ma anche pessimista.

- Gelato al cioccolato e pezzetti di nocciole: chi si gusta questo gelato è molto più probabile possa essere un tipo aggressivo, accattivante ma anche un buon ascoltatore.

Finito di scorrere l’elenco vi ritrovate? Forse sì, forse no, anche perché la personalità è qualcosa di talmente personale, appunto, che è difficile schematizzare e standardizzare. Tuttavia può essere che, sempre a grandi linee, qualcosa di ognuno si possa ritrovare in questi profili “da gelato”. Se così non è, gustiamoci il gelato e basta, senza tanti patemi d’animo.

 

http://www.nydailynews.com/life-style/eats/baskin-robbins-study-reveals-favorite-ice-cream-article-1.1401335

27-08-2016

Il caso è stato trattato dall’Università del Canada. Un uomo di 40 anni soffriva di mal di schiena. La terapia farmacologica, tra cui alcuni farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), non alleviavano il dolore. Dopo alcune settimane di sofferenza, il paziente fu trattato da un medico di medicina alternativa, ma senza alcun risultato. Quattro settimane dopo l’inizio del dolore, il paziente fu trattato da un neurologo che gli somministrò un’iniezione di una miscela di 5 ml di lidocaina (1%), e betametasone in forma di fosfato disodico e acetato (6 mg/ml) per la zona più dolorosa. Il paziente ebbe un immediato sollievo dal dolore alla schiena, ma 6 ore più tardi sviluppò un singhiozzo intrattabile. L’uomo divenne molto ansioso e non era in grado di lavorare o dormire. Provò ad usare metoclopramide e clorpromazina così come molti rimedi popolari, ma il singhiozzo continuava. Fece diversi tentativi di massaggiare il suo palato molle anteriore con un batuffolo di ovatta per 1 minuto senza successo. Al quarto giorno di singhiozzo continuo ed ininterrotto, il paziente ebbe un rapporto sessuale con sua moglie. Il singhiozzo proseguì per tutto il rapporto fino al momento dell’eiaculazione, quando improvvisamente il singhiozzo cessò completamente e non si è ripresentato per un periodo di 12 mesi. L’attività sessuale stimola infatti il nervo vago, che controlla, senza che ce ne accorgiamo, cuore e tratto digestivo. Ecco perché si pensa che il sesso sia il rimedio migliore per alcune forme di singhiozzo incurabile.

 

http://www.cfp.ca/content/46/8/1631.long

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