Angelo Ortisi
SALTARE LA COLAZIONE METTE A RISCHIO IL CUORE.
23-04-2015
Saltare la colazione, in particolar modo per quanto riguarda i maschi, non fa affatto bene al cuore. A dimostrarlo sarebbe stato uno studio condotto dai ricercatori della “Harvard School of Public Health” e pubblicato sulle pagine della rivista “Circulation”, secondo cui per coloro che saltano il pasto più importante della giornata, il rischio di mortalità per insufficienza coronarica aumenterebbe in maniera preoccupante. Lo studio sarebbe durato ben 16 anni, dal 1992 al 2008, ed avrebbe coinvolto ben 27mila persone di entrambi i sessi di età compresa tra i 45 e gli 82 anni. I ricercatori avrebbero analizzato lo stile di vita e l’alimentazione dei volontari, ed avrebbero poi rilevato quali sarebbero le conseguenze sulla salute in base a questi parametri. Ebbene, stando a quanto analizzato, pare che nei 1.527 casi di eventi coronarici registrati nel corso dei 16 anni di follow up, i rischi più elevati sarebbero stati corsi da coloro che saltavano la colazione, con una percentuale maggiore di rischio del 27% di sviluppare una malattia coronarica rispetto a coloro che invece facevano una sana colazione regolarmente. A tirare le somme di questa importante ricerca è stata Leah Cahill, autrice dello studio, che ricorda dunque quali sono i rischi per coloro che decidono di saltare la colazione, abitune tipica peraltro dei soggetti fumatori, single, tendenti a consumare alcool, e delle persone che conducono una vita sedentaria: “Saltare regolarmente la colazione mette le persone a rischio di pressione alta, diabete, colesterolo alto, fattori che possono condurre a malattie cardiache”. Un accenno meritano anche i classici “spuntini di mezzanotte”. Secondo gli studiosi infatti, questi farebbero ancor più male del saltare la colazione, tanto che questa cattiva abitudine provocherebbe un aumento di addirittura il 55% di rischi di malattie cardiache.
CONTRO L'ICTUS 3 BANANE AL GIORNO.
23-04-2014
Una banana a colazione, una a pranzo e una a cena: è la dieta consigliata dai ricercatori dell'Università di Warwick (Regno Unito) e dell'Università di Napoli per abbassare del 21% il rischio di incorrere in un ictus. Il merito è tutto del potassio, presente in circa 500 mg in ogni frutto di media grandezza, in grado di ridurre "la pressione sanguigna, uno dei principali fattori di rischio per l'ictus", spiegano i ricercatori. Meglio ancora se si unisce al consumo giornaliero di tre banane la diminuzione dell'introito di sale: si potrebbe arrivare a tagliare, ogni anno, più di un milione di morti. "Il tutto si tradurrebbe in una riduzione di ben 1.155.000 morti per ictus in un anno su scala mondiale", scrivono gli autori. Lo studio, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology, è stato condotto esaminando i dati provenienti da undici diversi studi: i ricercatori hanno così scoperto che un apporto giornaliero di potassio di circa 1.600 milligrammi - meno della metà della quantità giornaliera consigliata nel Regno Unito per ogni adulto, pari a 3.500 mg - è sufficiente per abbassare il rischio di ictus di oltre un quinto. Migliaia di ictus potrebbero quindi essere evitati, spiegano i ricercatori, solo grazie a un'alimentazione più accorta che comprenda altri cibi ricchi di potassio come spinaci, noci, pesce e lenticchie.
VACCINAZIONI DI MASSA.
23-04-2014
I medici americani registrano ogni anno migliaia di reazioni serie ai vaccini, incluse centinaia di morti e di menomazioni permanenti. Le popolazioni completamente vaccinate sono state investite da epidemie, e i ricercatori attribuiscono dozzine di condizioni neurologiche e immunologiche croniche ai programmi di immunizzazione di massa. Vi sono centinaia di studi medici pubblicati che documentano il fallimento dei vaccini e le reazioni avverse, e dozzine di libri scritti da medici, ricercatori e scienziati indipendenti che rivelano serie lacune nella teoria e pratica dell'immunizzazione.
MITO NUMERO 1: i vaccini sono completamente innocui?
Il VERS (sistema che riporta gli effetti avversi ai vaccini) dell'FDA (Food and Drug Administration) riceve annualmente 11.000 rapporti su serie reazioni avverse ai vaccini, di cui l'1% rappresenta le morti causate dalle reazioni al vaccino. La maggior parte delle morti sono ascrivibili al vaccino della pertosse. Studi internazionali hanno dimostrato che la vaccinazione è causa della SIDS (sindrome di morte infantile improvvisa).
MITO NUMERO 2: i vaccini sono molto efficaci?
La letteratura medica possiede un numero sorprendente di ricerche che documentano il fallimento del vaccino. Epidemie di morbillo, orecchioni, vaiolo, polio si sono manifestate in popolazioni vaccinate. Nel 1989 il CDC (Center for Diesease Control and Prevention) riportò: "nelle scuole con un livello di vaccinazioni superiore al 98% si sono avute epidemie (morbillo) fra i bambini di età prescolare"..."l'apparente paradosso è che, quando il tasso di immunizzazione al morbillo aumenta a livelli alti in una popolazione, il morbillo diventa una malattie di persone immunizzate".
MITO NUMERO 3: i vaccini sono la ragione principale del basso tasso di malattie?
Secondo l'Associazione Britannica per il Progresso della Scienza, le malattie infantili diminuirono del 90% fra il 1850 ed il 1940, parallelamente al miglioramento delle pratiche sanitarie ed igieniche, ben prima che fossero introdotti i programmi di vaccinazione obbligatoria. A sottolineare questa conclusione è stato un recente rapporto dell'OMS (Organizzazione Mondiale per la Sanità), il quale trovò che la malattia e i tassi di mortalità nei paesi del terzo mondo non hanno un legame diretto con le procedure di immunizzazione o il trattamento medico, ma sono strettamente collegate con gli standard igienici ed alimentari.
MITO NUMERO 4: la vaccinazione si basa su fondate teorie e pratica dell'immunizzazione?
L'evidenza clinica sta nella loro capacità di stimolare la produzione di anticorpi. Quello che non è chiaro è se tale produzione produca immunità. Per esempio i bambini anemici di agammaglobine sono incapaci di produrre anticorpi, tuttavia guariscono dalla malattie infettive quasi con la stessa velocità degli altri bambini. L'immunità naturale è un fenomeno complesso che coinvolge molti organi e sistemi.
MITO NUMERO 5: le malattie infantili sono pericolose?
La maggior parte delle malattie infettive dell'infanzia hanno poche serie conseguenze al giorno d'oggi. Persino le statistiche conservatrici del CDC sulla pertosse durante il 1992/1994 indicano un tasso di guarigione del 98.8%. Nella maggior parte delle volte, la malattie produce immunità per tutta la vita, mentre l'immunità del vaccino è solo temporanea.
MITO NUMERO 6: mio figlio non ha avuto reazioni, quindi non vi è nulla di cui preoccuparsi?
Gli effetti negativi documentati del vaccino includono disturbi immunologici e neurologici cronici, quali autismo, iperattività, scarsità di attenzione, dislessia, allergie, cancro. I componenti del vaccino includono noti cancerogeni quali thimerosal, il fosfato di alluminio e la formaldeide. Il dilemma è che gli elementi virali presenti nel vaccino possono perdurare e mutare nel corpo umano per anni, con conseguenze imprevedibili.
MITO NUMERO 7: esiste solo la vaccinazione?
Storicamente l'omeopatia si è rivelata più efficace della medicina ortodossa, nel trattare e prevenire le malattie. Si è riscontrato che i rimedi omeopatici sono più efficaci quando vengono assunti durante i periodi di incremento del rischio, poichè non contengono sostanze tossiche, non danno effetti collaterali.
Qualunque sia il vostro pensiero riguardo alle vaccinazioni, prendete una decisione informata: perchè ne avete tutto il diritto. La responsabilità è molto elevata, soprattutto pensando che state giocando con la vita dei vostri figli. Non prendete una decisione basandovi su questo resoconto, ma cercate da voi.
FEBBRE: MIGLIOR ALLEATO PER LE INFEZIONI.
23-04-2014
Febbre. Bastano poche linee di rialzo della temperatura corporea e ci sentiamo a terra. Spesso più col morale che non con il fisico. Sì, perché altrettanto spesso, tendiamo a demonizzare questo normale processo fisiologico di risposta. Allora, giù con i rimedi antipiretici (febbrifughi) per ricacciare in basso chi ha osato alzare “la voce”. Solo che, così facendo, riduciamo le possibilità di guarire – davvero – più in fretta e bene. Certo, la febbre deve essere tenuta sotto controllo. Se si alza troppo, tanto da mettere in pericolo, è bene abbassarla in qualche modo. Tuttavia, nella maggioranza dei casi, è bene lasciare che faccia il suo mestiere. E questo non lo dico io, ma gli scienziati del Dipartimento di Immunologia di Buffalo nello Stato di New York (Usa). La temperatura corporea elevata permette a determinati tipi di cellule del sistema immunitario di funzionare meglio. «Un aumento della temperatura corporea è conosciuto fin dai tempi antichi per essere associato alle infezioni e infiammazioni – spiega la dottoressa Elizabeth A. Repasky, del Dipartimento di Immunologia presso il Roswell Park Cancer Institute – Dal momento che una risposta febbrile è altamente preservata in natura (anche i cosiddetti animali a sangue freddo sostano nei luoghi più caldi, quando si ammalano) sembrerebbe importante per gli immunologi dedicare maggiore attenzione a questa interessante risposta».
La dottoressa Repasky e il suo team hanno pubblicato i risultati del loro studio sul Journal of Leukocyte Biology, il quale riporta come abbiano scoperto che la generazione e la differenziazione di un particolare tipo di linfociti, noto come “CD8 - cellule T citotossiche”, è favorita dagli aumenti medi della temperatura corporea fino all’ipertermia – e sono in grado di distruggere cellule infettate da virus e cellule tumorali. In particolare, questo studio, suggerisce che la temperatura corporea elevata modifica le membrane delle cellule T, cosa che può aiutare a mediare gli effetti della temperatura micro-ambientale sulla funzione cellulare. I test sono stati condotti su modello animale e mostrano come iniettando in due gruppi di topi un antigene, si avesse un’attivazione delle cellule T, a seguito dell’interazione con le cellule che presentavano l’antigene. Dopodichè, la temperatura corporea dei topi del primo gruppo è stata fatta aumentare di 2 gradi centigradi; i topi dell’altro gruppo hanno mantenuto una temperatura normale.
Il risultato è stato che nei topi con rialzo della temperatura si è trovato un maggior numero di cellule T CD8 in grado di distruggere le cellule infette. Questo, secondo i ricercatori, suggerisce che un rialzo fisiologico, e nella norma, della temperatura, può essere benefico per il sistema immunitario e per combattere meglio le infezioni. Ricordiamocelo, la prossima volta che ci viene la febbre.
SCIENZIATI VERI O PER FINTA?
23-04-2014
Capanna: Presidente della Fondazione Diritti Genetici.
Capanna ha affermato che ci sono due tipi di scienziati: quello vero che «avverte l'orgoglio della scoperta, è umile, perchè sà che, più sà, più sà di non sapere» e lo scienziato «squillo», meglio definito come scienziato «profittuale», che: «in genere millanta certezze incrollabili: quasi sempre lo fa per accontentare i suoi finanziatori e la loro ricerca di profitto». Nel descivere la figura dello scienziato «profittuale» Capanna ha fatto esplicito riferimento a un caso che potrebbe essere definito «da manuale», e che riguarda l'esimio Prof. Umberto Veronesi. Il noto oncologo, il 4 maggio 2005, dichiarava all'Agenzia Ansa che grazie al riso transgenico Golden Rice e ai suoi precursori della vitamina A «è sparita nei bambini cinesi la cecità dovuta a questo problema». «Qui addirittura siamo oltre la magia - ha proseguito Capanna - giacchè è a tutti noto che il Golden Rice per ora non esiste, dunque non è in commercio e nessun bambino, nè cinese nè di altri paesi ha potuto cibarsene. Non è indifferente nel caso di Veronesi che egli sia Vice-presidente di Genextra, che è una società biotecnologica che gode di cospicui finanziamenti privati».
Nella relazione Capanna ha poi ricordato che nel corso della trasmissione Report del 14 novembre 2007, con riferimento alla costruzione del Cerba (Centro europeo di ricerca biomedica avanzata), il giornalista autore del servizio parlò degli interessi che intercorrono tra Veronesi, Ligresti ed altri protagonisti istituzionali lombardi. Con riferimento all'episodio Capanna ha sottolineato: «Non è questo un caso da manuale di commistione stretta tra scienza e affari, ricerca e profitto?» Il presidente della Fondazione Diritti Genetici ha poi evidenziato come sempre la scienza debba essere in sintonia con gli interessi e i diritti dei cittadini, e come questo sia stato «il cemento della Consultazione nazionale promossa dalla Coalizione «ItaliaEuropa - liberi da Ogm». Concludendo il suo intervento ha poi sottolineato che «per la cattiva scienza i cittadini sono il nemico; per la buona scienza, al contrario, i cittadini devono essere il referente principale».
IL TEA TREE NELLA CURA DEL MELANOMA.
23-04-2014
Un’alternativa naturale ed efficace nella cura e la prevenzione dei tumori della pelle, come il pericoloso e temuto melanoma, pare arrivare dall’olio essenziale di Tea Tree. Il Tea Tree è un albero indigeno australiano che appartiene alla famiglia delle melaleuca; il suo nome botanico è infatti “melaleuca alternifolia”. Ricercatori australiani dell’University of Western Australia (UWA), guidati dalla dottoressa Sara Greay, hanno condotto con ottimi risultati uno studio su modello animale. Lo studio iniziato da tre anni ha permesso di individuare tre forme di tumore sviluppate sotto la pelle dei topi utilizzati in questa ricerca. Gli animali sono stati trattati con una formulazione a base di olio di tea tree assunto in modo da inibire la crescita tumorale e favorire la regressione del tumore. I primi risultati si sono visti dopo tre giorni di trattamento e sono stati significatuvamente positivi. Ulteriori test condotti per mezzo di questa formulazione hanno permesso di rilevare un effetto anticancro grazie anche a un’attivazione del sistema immunitario.
A differenza delle tradizionali cure a base di chemioterapia che causano effetti collaterali come nausea e sintomi simili a quelli dell’influenza, e che possono essere utilizzate unicamente da tre a sedici settimane, il trattamento con il tea tree a livello locale ha prodotto unicamente una leggera irritazione della pelle che tende a scomparire entro breve tempo o comunque entro la fine del trattamento, fanno notare gli scienziati australiani. Questa formulazione limita l’evaporazione e favorisce la penetrazione sotto la cute dei principi attivi dell’olio di tea tree. «Siamo molto entusiasti di questi risultati e speriamo di trovare finanziamenti per una piccola sperimentazione clinica con circa 50 persone con lesioni pre-cancerose, con l'obiettivo di prevenire lo sviluppo dei tumori della pelle», ha dichiarato la dottoressa Greay.
IMMUNOLOGO DI FAMA MONDIALE CONDANNA I VACCINI ANTINFLUENZALI.
23-04-2014
Chi ha fatto almeno 5 vaccini antinfluenzali tra il 1970 e il 1980 è 10 volte più esposto al morbo di Alzheimer di colui che ne ha subìti solo uno o due, ha affermato il Dr. Hugh Fudenberg, uno dei leader mondiali in immunologia e genetica. “Ciò è dovuto all’alluminio e al mercurio che quasi ogni vaccino antinfluenzale contiene. Il graduale accumulo di alluminio e mercurio nel cervello porta a disfunzioni cognitive”, ha detto il dr. Fudenberg. Visto che i vaccini antinfluenzali non hanno avuto molto beneficio ha raccomandato di evitarli. Il Dr. Fudenberg ha aggiunto che i vaccini influenzali contengono molte sostanze chimiche tossiche e invece di stimolare il sistema immunitario lo rendono più debole aumentando la probabilità di essere contagiati con l’influenza. Ha detto che i vaccini incidono negativamente sugli organi interni in particolare sul pancreas e l’influenza stagionale potrebbe sviluppare nelle persone con gravi malattie autoimmuni il diabete, il morbo di Addison, l’artrite, l’asma, la sindrome Guillian-Barrè, l’epatite, la malattia di Lou Gehrig, il lupus e molte altre. Alcuni vaccini possono anche infliggere invalidità e dolori a vita.
http://topnews.us/content/231514-world-s-leading-immunologist-condemned-flu-vaccination
GLI ESPERIMENTI SUGLI ANIMALI NON SONO ATTENDIBILI.
23-04-2014
Claude Reiss, tossicologo molecolare che ha lavorato per anni al Consiglio nazionale per la ricerca francese (Cnrs) dove è stato direttore di ricerca, dichiara: "gli esperimenti condotti sugli animali non sono attendibili. La prova è molto semplice e può essere capita anche da persone non esperte. Ogni specie è definita dalla sua capacità riproduttiva particolare che consente agli individui di una specie di riprodursi solo a seguito di un accoppiamento con un esemplare della stessa specie: cane con cane, pollo con pollo e non cane con gatto. Questo perché il corredo cromosomico è unico per ogni specie e determina la risposta di un organismo all'ambiente, il suo comportamento biologico, che è quindi anch'esso unico. Quando una specie è esposta a un agente chimico reagisce in un modo specifico che è frutto del suo patrimonio genetico. Ecco perché nessuna specie può essere considerata un modello affidabile di un'altra specie. È una prova logica".
SOSTANZE TOSSICHE NEI VESTITI: GREENPEACE ATTACCA I GRANDI MARCHI.
23-04-2014
Le grandi catene di moda vendono indumenti contaminati da sostanze chimiche pericolose che possono alterare il sistema ormonale dell'uomo o che, se rilasciate nell'ambiente, possono diventare cancerogene. E' la denuncia pubblicata nel rapporto internazionale "Toxic Threads - The Fashion Big Stitch-Up" che Greenpeace ha lanciato da Pechino con una sfilata shock. Le analisi chimiche eseguite da Greenpeace su 141 articoli dei 20 principali brand di moda (Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blazek, C&A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H&M, Zara, Levi's, Victoria 's Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl) dimostrebbero, secondo l'organizzazione ambientalista, un collegamento tra gli impianti di produzione tessile, principali responsabili dell'avvelenamento dei corsi d'acqua, e la presenza di sostanze chimiche pericolose nei prodotti finali. Vendendo prodotti contaminati da sostanze chimiche pericolose, le marche più famose del fashion ci stanno trasformando in vittime inconsapevoli della moda che inquina. Le sostanze trovate da Greenpeace, infatti, contribuiscono all'inquinamento dei corsi d'acqua in tutto il mondo, sia durante la produzione che nel lavaggio domestico" - spiega Li Yifang, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Asia orientale. Per ogni marca, uno o più articoli analizzati contengono NPE (composti nonilfenoloetossilati) che possono rilasciare i corrispondenti nonilfenoli, pericolosi perchè in grado di alterare il sistema ormonale dell'uomo.
I livelli più alti, superiori a 1 ppm, sono stati trovati per i marchi Zara, Metersbonwe, Levi's, C & A, Mango, Calvin Klein, Jack & Jones e Marks & Spencer (M&S). Per Zara, inoltre, quattro dei capi analizzati risultano contaminati da alti livelli di ftalati tossici, e altri due presentano tracce di un'ammina cancerogena derivante dai coloranti azoici. "In qualità di piu' grande rivenditore al mondo di abbigliamento, Zara deve adottare con urgenza un piano ambizioso e trasparente per eliminare le sostanze tossiche dalle sue filiere di produzione" - afferma Martin Hojsik, coordinatore della campagna Detox di Greenpeace International. Greenpeace chiede ai marchi dell'abbigliamento di impegnarsi ad azzerare l'utilizzo di tutte le sostanze chimiche pericolose entro il 2020 - come già hanno fatto alcuni importanti marchi tra cui H&M e M&S - e di imporre ai loro fornitori di rivelare alle comunità locali i valori di tutte le sostanze chimiche tossiche rilasciate nelle acque dai loro impianti.
APPENDICE: UNA RISERVA DI BATTERI BUONI.
22-04-2014
Da sempre è stata considerata una parte superflua del nostro intestino, invece potrebbe essere una scorta di batteri "buoni" utili a sostituire quelli che tentano di colonizzare l'intestino. A riferirlo è una ricerca Winthrop-University Hospital (USA), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista specialistica Clinical Gastroenterology and Hepatology. Secondo i gastroenterologi, chi ha subito l'asportazione dell'appendice è maggiormente a rischio di contrarre un'infezione causata dal batterio denominato Clostridium difficile, appartenente alla famiglia Clostridiaceae.
Lo studio ha preso in esame i dati di 254 pazienti precedentemente colpiti dal batterio in questione, è stato così possibile verificare che quelli a cui è stata asportata l'appendice hanno un rischio quattro volte più elevato di contrarre una nuova infezione. In sintesi, i pazienti con l'appendice hanno un rischio dell'11%, per quelli senza il rischio è del 48%. Il Clostridium si fa vivo generalmente quando la flora batterica intestinale subisce dei danni, come quando si assumono dosi massicce di antibiotici. James Grendell, che ha coordinato lo studio, spiega che "se l'infezione ritorna, probabilmente la riserva non è stata ripristinata correttamente, forse proprio perché non è presente l'appendice".