Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

25-04-2014

Allarme in Germania: su 20 prodotti a base di grano e cereali 14 sono contaminati con il glifosate, il potente erbicida reso celebre dalla Monsanto. Il glifosato è l'erbicida più conosciuto e utilizzato al mondo. E ce lo mangiamo ogni giorno, consumando pane, pasta e cereali. La rivista tedesca Oekotest, dopo un attento esame di laboratorio, ha ritrovato tracce evidenti di glifosato in pani, pagnotte, pacchi di farina, confezioni di muesli e fiocchi d'avena. In particolare sono stati analizzati gli alimenti integrali, che anche secondo l'associazione di molitori tedeschi (VDM), se non sono di origine biologica, sono più esposti ad una contaminazione. Nel test comparivano 20 prodotti a base di cereali, 10 tipi di pane, cinque farine e cinque fiocchi di cereali, acquistati nei normali supermercati, discount o catene di panetterie. La sostanza, anche se in percentuale minima, è stata ritrovata in ben 14 prodotti. Si tratta della componente di base del famoso Roundup della Monsanto, che si abbina "perfettamente" o diabolicamente che dir si voglia, all'utilizzo di sementi transgeniche resistenti a questo erbicida. Viene comunemente impiegato in agricoltura, ma anche su scala domestica, in prodotti per la manutenzione di orti e giardini.
In Germania l'Autorità per la sicurezza alimentare e la tutela dei consumatori (BVL) ha rilevato che dalla fine degli anni '90 ad oggi l'impiego di questa sostanza è praticamente raddoppiato, arrivando alla quota di 15 mila tonnellate all'anno. Purtroppo l'erbicida viene spruzzato anche poco prima della raccolta direttamente sulla pianta, per aiutare la maturazione delle spighe di grano. Finisce poi per essere utilizzato anche per legumi, patate e semi oleosi. I residui diventano quindi inevitabili e poco studiati dalle autorità, che non trovano ancora prove convincenti della sua pericolosità. Il recente studio francese guidato da Gilles Eric Seralini, che ha messo sotto accusa il mais ogm della Monsanto, ha ribadito la pericolosità del glifosato come dannoso per il sistema endocrino e riproduttivo. Successivamente l'Autorità Europea per la Sicurezza alimentare (EFSA) è giunta alla conclusione che lo studio Seralini non ha una qualità scientifica tale da essere considerato utile ai fini di una valutazione del rischio. Il giudizio delle autorità e il parere scientifico, come spesso accade, è dunque vago e contraddittorio.
In Italia intanto fa discutere il nuovo dossier di Legambiente "Pesticidi nel Piatto", secondo il quale un terzo della frutta e della verdura che finisce sulle tavole degli italiani presenta tracce di pesticidi. Alcuni campioni contengono 6, 7, anche 9 principi chimici presenti contemporaneamente. Tra le sostanze maggiormente rinvenute dalle analisi pubblicate da Legambiente troviamo il clorpirifos, un insetticida riconosciuto da numerosi studi scientifici come interferente endocrino con spiccata attività neurotossica, il captano, fungicida riconosciuto dall’Epa come possibile cancerogeno e il Fosmet, un insetticida fosforganico dal notevole impatto ambientale e particolare tossicità riscontrata a danno delle api.

25-04-2014

In una ricerca rivoluzionaria appena pubblicata su Stem Cells, una rivista del settore riservata agli specialisti, i ricercatori del Jonsson Comprehensive Cancer Center Department of Oncology della UCLA, hanno scoperto che, benchè uccidano mediamente una metà delle cellule tumorali ad ogni trattamento, le cure con le radiazioni per il tumore al seno trasformano le cellule tumorali superstiti in cellule tumorali staminali che sono molto più resistenti al trattamento delle normali cellule tumorali. Questa nuova ricerca assesta un altro colpo al fallimentare protocollo di cura ufficiale appoggiato dai media ufficiali allineati; protocollo che cerca di tagliar via, avvelenare o bruciare i tumori, cioè i sintomi del cancro, invece di curare le cause dei tumori, cioè il cancro.

 

http://www.laleva.org/it/Nuovo%20studio%281%29.pdf

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22489015

24-04-2014

Un nuovo studio rivela che questi farmaci per il controllo del colesterolo contribuiscono ad epidemie di artriti e malattie autoimmuni nella popolazione esposta. Nello studio eseguito sui topi pubblicato sulla rivista Arthritis Research & Therapy dal titolo “Statins accelerate the onset of collagen type II - induced arthrits in mice” i ricercatori hanno trovato che il 100% degli animali sottoposti ai farmaci a base di statine sviluppavano artriti o segni di autoimmunità contro il 58% di quelli che non li assumevano. Lo studio ha dimostrato che l’uso delle statine era associato all’incremento del rischio di sviluppare artriti reumatoidi. Poiché l’aterosclerosi è risaputo abbia componenti autoimmuni, la connessione emergente tra statine e autoimmunità mina la giustificazione per il loro continuo uso nella prevenzione primaria delle malattie cardiache.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22537858

Giovedì, 24 Aprile 2014 11:07

RIVISTE DI MEDICINA SOTTO ACCUSA.

24-04-2014

"Le riviste di medicina costituiscono un estensione del braccio del marketing delle compagnie farmaceutiche": lo sostiene Richard Smith, ex curatore del British Medical Journal e ora direttore generale di United Health Europe, in un provocatorio editoriale pubblicato sulla rivista "PLoS Medicine". L'esempio più evidente della dipendenza delle riviste mediche dall'industria farmaceutica è la quantità di denaro che ricevono dalle pubblicità di farmaci, ma secondo Smith si tratterebbe della "forma meno corrotta di dipendenza", in quanto le inserzioni "possono essere viste e criticate da tutti".
Il problema maggiore, invece, è quello della pubblicazione di trial clinici finanziati dall'industria. "Per una compagnia farmaceutica - spiega - uno studio favorevole vale più di migliaia di pagine di inserzioni pubblicitarie. Ecco perché le aziende spendono a volte milioni di dollari per ristampare e diffondere in tutto il mondo i risultati delle ricerche". A differenza delle pubblicità, l'affidabilità degli studi viene percepita dai lettori in maniera più positiva. "Fortunatamente per le compagnie farmaceutiche che hanno finanziato questi studi, ma non altrettanto per la credibilità delle riviste che li pubblicano, i trial raramente producono risultati sfavorevoli per i prodotti della compagnia stessa". Citando esempi da 86 diversi studi, Smith dimostra che i risultati dei trial sono influenzati da chi li finanzia.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15916457

24-04-2014

16 fra i Paesi dell’Europa lo hanno ritirato dal commercio da anni. Si tratta dell’Aulin, uno dei più diffusi analgesici che alleviano piccoli dolori come il mal di testa. Questo farmaco però è tossico: il principio attivo su cui si basa, il Nimesulide, devasta il fegato di chi lo assume, causando anche la morte. I primi ad accorgersi della tossicità dell’Aulin, nel 2002, sono stati Spagna, Finlandia ed Irlanda che lo hanno immediatamente ritirato dal mercato. L’Irlanda ha reagito dopo aver appurato che 7 pazienti in cura con l’Aulin erano stati costretti al trapianto di fegato a causa della tossicità epatica del farmaco. Nel Paese dal 1995, anni di ingresso dell’Aulin in Irlanda, si sono registrate ben 53 segnalazioni. L’Italia però non ha preso in considerazione questo problema. Nel nostro Paese l’Aulin è consumato per il 60% rispetto alla produzione mondiale. Si parla di mazzette intascate per evitare controlli sul prodotto, e di funzionari dell’Aifa finiti in manette per aver messo in atto un sistema illecito di disinformazione ai danni della salute dei cittadini.

24-04-2014

Molti identificano l'esposizione ai raggi solari come il primario fattore di rischio per lo sviluppo dei tumori della pelle, ma sono ben pochi coloro i quali crederebbero che anche gli antibiotici possano costituire un fattore di rischio. Eppure vi è un'intera classe di antibiotici riconosciuti per avere come possibile azione collaterale la fotocarcinogenesi, una condizione che può moltiplicare il danno normalmente causato dal sole e può contribuire all'aumento del rischio di sviluppare un tumore della pelle. Gli antibiotici a base di chinolone hanno degli effetti collaterali riconosciuti, tanto che nove differenti antibiotici a base di chinolone precedentemente approvati dalla Food and Drug Administration statunitense, sono stati poi dichiarati pericolosi e ritirati dal mercato.
Almeno quattro degli antibiotici sono stati rimossi perché scoperti causare un problema noto come “fototossicità”. La fototossicità è un comune effetto collaterale di molti farmaci che risulta in un possibile eccessivo danneggiamento da esposizione solare e scottature se ci si espone alla luce solare durante il periodo di assunzione del farmaco. Tuttavia la fototossicità causata dagli antibiotici a base di chinolone è tale da causare un danno alle cellule della pelle e contribuire allo sviluppo di una forma di fototossicità più grave conosciuta come “fotocarcinogenesi”. La fotocarcinogenesi è solitamente riferita all'azione di una sostanza che potrebbe aumentare il rischio di sviluppare tumori della pelle qualora ci si esponesse alla luce solare. Tutti gli antibiotici a base di chinolone di fatto riportano sul foglietto illustrativo l'avvertenza di evitare l'esposizione alla luce solare. Purtroppo però sono poche le persone che leggono i foglietti illustrativi ed è impensabile che medici e/o farmacisti spieghino ogni minima avvertenza di ciascun farmaco a ogni paziente: milioni di persone che assumono gli antibiotici rimangono pertanto all'oscuro di questo possibile effetto collaterale. Ma ancora più inquietante è il fatto che è stata approvata recentemente una crema per le infezioni cutanee (es. acne) a base di chinolone. Questa crema verrà usata principalmente dagli adolescenti che, è facile comprendere, difficilmente eviteranno di esporsi alla luce solare.

Giovedì, 24 Aprile 2014 10:44

IL GRANDE INGANNO DEL LATTE.

24-04-2014

Ci hanno fatto credere per anni che fosse un alimento super nutriente. Ci hanno fatto credere che facesse bene alle ossa perché ricco di calcio. Un surreale inganno orchestrato dalla più grande autorità mondiale dell’alimentazione: la FDA (Food and Drug Administration) la cui sede, sta guarda caso ad Atlanta, città delle più grandi multinazionali del cibo spazzatura e imparentata con la lobby americana del mais ogm. Una città dove il latte viene usato anche per farsi il bagno per quanti allevamenti intensivi di povere mucche ci sono. Ci hanno imposto per anni le loro farneticanti tabelle alimentari che si sono insinuate inesorabilmente in tutte le scuole, le mense, nei testi di pediatria, negli ospedali. Oggi ne paghiamo le conseguenze con il risultato di un’ondata mostruosa di cardiopatie, diabete, obesità, cancro, anemie, osteoporosi e altre centinaia di malattie.
Il latte di mucca è un alimento troppo proteico per l’uomo (la natura infatti lo ha creato per il vitellino che ha una velocità di crescita 3 volte superiore) e crea acidificazione in un organismo dal sangue tendenzialmente alcalino. Danneggiamo in pratica le nostre ossa ad ogni bicchiere di latte che beviamo e con ogni pezzo di formaggio che mangiamo. La continua acidificazione richiede un intervento immediato del nostro sistema immunitario, che affronta il terribile invasore bianco, prelevando calcio organico dalle nostre ossa. Le statistiche parlano chiaro: i paesi con il più alto consumo di latticini sono quelle con le più alte percentuali di osteoporosi.

ECCO IL GRANDE INGANNO.

Ruba più calcio di quanto ne offre. Tra l’altro ci consegna calcio inorganico, pastorizzato, cotto, denaturato e carico di antibiotici. Il latte di mucca è anche un alimento privo di ferro e come tutti i cibi ferro-carenti ruba ciò che gli manca (in questo caso il ferro ma il discorso vale per tutti i minerali) dalle nostre già esigue riserve. La natura non fa nulla a caso. Ad ogni specie il suo latte. Abbiamo sottomesso milioni di povere mucche per poter bere una poltiglia carica di ormoni e pesticidi che ci ha indebolito il sistema immunitario negli ultimi trent’anni.

23-04-2014

Una tazza di caffè può aumentare il rischio di ictus ischemico, specialmente tra i bevitori occasionali. I ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston negli Stati Uniti, hanno trovato un rischio di ictus 2 volte maggiore dopo aver bevuto una tazza di caffè. Il rischio ritorna a livelli basali nell’arco di 2 ore. Precedenti studi che avevano valutato gli effetti del caffè sulle malattie cardiovascolari avevano fornito risultati contrastanti. Gli studi caso-controllo avevano mostrato un aumento del rischio, ma gli studi prospettici di coorte non avevano confermato gli effetti dannosi. Era stato riscontrato un effetto negativo del caffè sui biomarcatori cardiovascolari, con aumento dei livelli plasmatici di colesterolo e di omocisteinemia, e un’accresciuta resistenza all'insulina. Tuttavia, numerosi studi avevano dimostrato che il consumo di caffè era in grado di ridurre il rischio di diabete mellito di tipo 2. In questo nuovo studio multicentrico in cross-over, i ricercatori hanno intervistato 390 pazienti con ictus ischemico.
La maggior parte dei pazienti (78%) ha dichiarato di aver fatto uso del caffè nell’anno precedente all’ictus. Più della metà di queste persone aveva bevuto una tazza di caffè 24 ore prima dall’evento ictale. Quasi il 9% dei pazienti aveva assunto caffè entro 1 ora dall'esordio dell'ictus. L'associazione tra ictus ischemico e il consumo di caffè era evidente solo tra coloro che consumano 1 tazza di caffè o meno al giorno e non per quelli che invece bevono il caffè in modo più regolare. I rischi relativi sono rimasti simili quando i ricercatori hanno ristretto il campione a coloro che non erano stati esposti contemporaneamente a potenziali altri fattori scatenanti.
In un editoriale di accompagnamento, Giancarlo Logroscino, dell'Università di Bari e Tobias Kurth, dell'Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale di Parigi, hanno dichiarato che la caffeina è il più probabile candidato per spiegare l’evento ictale. Il picco di concentrazione plasmatica di caffeina è generalmente inferiore a 2 ore, e la sostanza ha numerosi effetti sistemici, tra cui un rapido aumento del rilascio di epinefrina, un aumento della pressione sanguigna e della sensibilità all'insulina.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20881275

Mercoledì, 23 Aprile 2014 21:31

LE PROPRIETA' ANTIBIOTICHE DEL MIELE.

23-04-2014

È una proteina il componente finora "segreto" contenuto nel miele e capace di uccidere i batteri. La defensina-1, che si trova nel sistema immunitario delle api, è stata scoperta durante uno studio condotto dai ricercatori del Centro Medico Accademico di Amsterdam, che ha chiarito la base molecolare dell’attività antibatterica. La dolce notizia è stata pubblicata sulla rivista della Federazione delle Società americane di Biologia sperimentale, Faseb journal, dove si anticipano i possibili usi antibiotici: la proteina di origine animale potrebbe un giorno essere usata per trattare ustioni e infezioni della pelle e per sviluppare nuovi farmaci contro le infezioni resistenti agli antibiotici.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20228250

Mercoledì, 23 Aprile 2014 21:27

OLIO D'OLIVA AMICO DELLE OSSA.

23-04-2014

L'olio d'oliva, alimento principe della dieta mediterranea, sarebbe in grado di stimolare le cellule responsabili della formazione delle ossa grazie all'azione di due sostanze, i polifenoli e l'oleuropeina. Uno studio condotto dai ricercatori spagnoli dell’Università di Cordoba ha valutato l’azione della oleuropeina, in diverse concentrazioni, nei confronti degli osteoblasti, le cellule responsabili della formazione ossea. I test, condotti in vitro su cellule staminali del midollo osseo umano dal dottor Santiago-Mora e colleghi, sono serviti a scoprire che l’oleuropeina provocava un aumento nella differenziazione degli osteoblasti e una riduzione nella differenziazione degli adipociti, le cellule dove viene immagazzinato il grasso. Altra osservazione degna di nota è quella che riguarda l’espressione di alcuni geni che è stata collegata alla produzione di osteoblasti. "I nostri dati suggeriscono che l’oleuropeina potrebbe prevenire la perdita ossea connesse con l’età e l’osteoporosi", concludono i ricercatori spagnoli.

 

http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20495905

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