Angelo Ortisi
UNA MINACCIA PER IL CUORE NELLE PADELLE ANTIADERENTI.
22-04-2014
Oggetti di tutti i giorni come padelle antiaderenti, contenitori per il cibo, prodotti per la pulizia e lubrificanti nascondono al loro interno una seria minaccia per il cuore. Questa minaccia è l'acido perfluoroottanoico (PFOA), da tempo sotto osservazione perchè sospettato di essere tossico e di essere coinvolto nell'insorgenza di cancro al fegato, al pancreas e alla prostata. Oggi però i ricercatori dell'Università della West Virginia di Morgantown mostrano per la prima volta, sugli Archives of International Medicine, un pericolo diverso legato al PFOA, quello di aumentare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. L'acido perfluoroottanoico è una sostanza estremamente diffusa, in grado di persistere a lungo nell'ambiente e di accumularsi all'interno di un organismo. Secondo alcuni studi, negli Stati Uniti è presente nel plasma del 98 per cento della popolazione; in Italia, uno studio dell'Istituto Superiore di Sanità del 2010 ne attesta la presenza nella quasi totalità dei soggetti esaminati, anche se in concentrazioni notevolmente più basse rispetto alla media mondiale. Già dal 2006 l'Unione Europea, ha intensificato le attività di analisi del rischio per il PFOA e sta valutando l'ipotesi di inserirlo tra le sostanze considerate inquinanti organici persistenti, di cui è vietato l'impiego.
Per capire se vi fosse un rapporto tra i livelli di questa sostanza nel sangue e l'incidenza di problemi relativi all'apparato cardiovascolare ed eventualmente di quale entità, gli studiosi, guidati da Anoop Shankar, hanno esaminato i dati relativi a 1.216 adulti statunitensi provenienti dal National Health and Nutrition Examination Survey dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention). "Con le nostre analisi", raccontano i ricercatori, "abbiamo scoperto che, in un campione trasversale rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti, maggiori livelli di PFOA sono effettivamente associati con malattie cardiovascolari e arteriopatia ostruttiva cronica". I dati dei ricercatori della West Virginia hanno, però, bisogno di ulteriori conferme, spiega in un commento sugli Archives of Internal Medicine Debabrata Mukherjee, della Texas Tech University di El Paso. "Ad ogni modo", conclude Mukherjee, "dal punto di vista della collettività avrebbe senso comunque limitare o eliminare l'uso industriale di questa sostanza e altre simili, e cercare di migliorare le tecniche di purificazione dell'acqua potabile, così da eliminare definitivamente questi elementi potenzialmente tossici dalle nostre riserve idriche".
I SUCCHI DI FRUTTA DANNEGGIANO I DENTI.
22-04-2014
Bere succhi di frutta fa male ai denti e spesso può letteralmente erodere lo smalto. Lo rivela una ricerca del Rochester Medical Center dell'Università di New York pubblicata sul Journal of Dentistry. "Alcuni succhi di frutta sono così acidi che possono ridurre la durezza dello smalto dell'84 per cento, facendo consumare i denti più in fretta", ha detto il dottor Yan-Fang Ren, dell'Eastman Institute for Oral Health. "L'acido del succo di arancia - ha continuato - è così forte che i denti vengono letteralmente lavati via". E' noto da tempo che i succhi di frutta e le bibite gassate hanno un alto contenuto di acido e che possono ridurre la resistenza dello smalto. Tuttavia, lo studio di Ren mostra che gli effetti di queste bevande possono essere più gravi di quanto si pensasse. "Siamo arrivati alla scoperta - ha spiegato - misurando gli effetti corrosivi delle sostanze sbiancanti per i denti. Abbiamo utilizzato degli scanner ad alta risoluzione per guardare la superficie dei denti in maniera dettagliata. Quello che abbiamo visto è che l'azione corrosiva degli sbiancanti è insignificante rispetto a quella dei succhi di frutta.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19237235
http://www.jodjournal.com/article/S0300-5712(09)00023-2/abstract
DOPO LA MENOPAUSA TROPPI CARBOIDRATI CAUSANO TUMORE AL SENO.
22-04-2014
Dopo la menopausa, una dieta troppo ricca di carboidrati aumenta il rischio di sviluppare un tipo di cancro al seno poco comune ma molto aggressivo. Lo afferma uno studio su 335.000 donne francesi pubblicato dal Journal of Clinical Nutrition. Nello specifico, la ricerca ha trovato una connessione tra un alto "carico glicemico" e i tumori che non esprimono i recettori degli estrogeni. Il carico glicemico alto deriva da una dieta con molti cibi che provocano una rapida salita nel tasso di zucchero nel sangue, come quelli ricchi di farina bianca, le patate e i dolci. I ricercatori dell’agenzia per la ricerca sul cancro (Iarc) di Lione hanno seguito le 335mila donne per 12 anni, osservando 11.576 tumori al seno, che nelle donne con un carico glicemico elevato corrisponde a un rischio aumentato del 36 per cento.
http://www.reuters.com/article/2012/07/27/us-carbohydrates-idUSBRE86Q02020120727
IL LAMPONE CONTRO IL CANCRO ALL'ESOFAGO.
22-04-2014
L’attenzione degli studiosi si è concentrata di recente sul ruolo dei lamponi neri come agenti di prevenzione tumorale. Gli studiosi hanno scoperto che un mix di agenti di prevenzione, come quelli presenti in concentrazioni elevate nei lamponi neri, ha la capacità di inibire in modo efficace lo sviluppo di cancro, molto più di quanto riescano a fare singoli agenti volti a spegnere un particolare gene. Lo studio, realizzato dai ricercatori dell’Ohio State University Comprehensive Cancer Center, ha esaminato l’effetto prodotto dai lamponi sui geni alterati da una sostanza chimica cancerogena in un modello animale di tumore all’esofago. La sostanza cancerogena aveva compromesso l’attività di circa 2.200 geni nell’esofago degli animali, nell’arco di tempo di una sola settimana. Ben 460 di questi geni sono stati ripristinati e ricondotti alla normale attività negli animali che avevano consumato un’alta percentuale di lamponi, come parte integrante della dieta. Questi importanti risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Cancer Research, hanno inoltre contribuito ad individuare cinquantatre geni che potrebbero avere un ruolo fondamentale nello sviluppo precoce del cancro e sono quindi da etichettare come obiettivi fondamentali da eliminare con degli agenti chemioterapici.
Gary D.Stoner, autore principale della ricerca, spiega: Abbiamo chiaramente dimostrato che i lamponi, che contengono una varietà di composti antitumorali, hanno effetti considerevoli sui geni coinvolti nello sviluppo di cancro. Questo ci suggerisce che una miscela di agenti di prevenzione è molto più efficace contro il cancro di un unico agente che ha come obiettivo solo uno o più geni. Nei lamponi sono contenute vitamine, minerali, fenoli e fitosteroli, tutte componenti note da tempo per la prevenzione dei tumori negli animali. L’essiccazione aumenta di ben dieci volte le proprietà antitumorali dei lamponi, che diventano così dei veri e propri agenti di chemioprevenzione utilizzabili per deregolamentare i diversi percorsi di segnalazione del cancro. Il professor Stoner e i suoi colleghi hanno condotto la sperimentazione su ratti alimentati con una dieta normale e altri con un regime alimentare contenente il 5% di lampone liofilizzato. Durante la terza settimana, alla metà degli animali di ciascun gruppo è stata iniettata per tre volte una sostanza chimica cancerogena (N-nitrosomethylbenzylamine). Negli animali nutriti con i lamponi, un quinto dei geni interessati dal cancro, circa quattrocentosessantadue geni, ha mostrato livelli normali di attività, dimostrando che questi frutti sono efficaci nel contrastare la formazione e la proliferazione di cellule tumorali. Ovviamente, da soli non bastano come chemioterapici, per tale ragione gli scienziati stanno valutando l’opportunità di associare un’altra sostanza o altri alimenti per verificare se la combinazione di più agenti antitumorali risulti maggiormente efficace.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18676871
CIBI LIGHT FANNO AUMENTARE DI PESO.
22-04-2014
Light dovrebbe significare leggero, ossia un alimento povero di grassi che si mangia per evitare di assumere proprio i lipidi che ci farebbero ingrassare. In base a quanto suggerito invece da uno studio della Purdue University nell’Indiana (Usa), i grassi sintetici utilizzati in sostituzione di quelli tradizionali potrebbero sortire l’effetto opposto e contribuire all’aumento di peso. I grassi sintetici di questo genere si utilizzano principalmente negli snack tipo patatine fritte e altri alimenti che vengono tuttavia definiti ipocalorici. Questi grassi chimici possono interferire con le funzioni dell’organismo atte a regolare l’appetito e la gestione delle calorie, suggeriscono i ricercatori. «La nostra ricerca ha mostrato che i sostituti dei grassi possono interferire con la capacità del corpo di regolare l’assunzione di cibo, che può portare a un uso inefficiente delle calorie e un aumento di peso», sottolinea la dottoressa Susan E. Swithers, coordinatrice dello studio e professore di psicologia alla Purdue.
Lo studio è stato condotto su modello animale monitorando gli effetti di una dieta ricca o povera di grassi. Ai topi, suddivisi in due gruppi sono state fatte mangiare, insieme agli altri cibi, delle patatine fritte normali e patatine fritte light. A un gruppo di topi sono state date le patatine normali per alcuni giorni e poi, per altri giorni, le patatine light. Le patatine light, ricordano gli scienziati, contengono un sostituto grasso sintetico detto Olestra, che ha zero calorie e passa attraverso l’organismo senza essere assimilato. Dopo alcuni giorni di questa dieta, i ricercatori hanno scoperto che i topi alimentati con la dieta ricca di grassi e con l’alternanza di patatine normali e light aveva mangiato di più, guadagnato peso e sviluppato più grasso corporeo, rispetto ai topi che avevano mangiato solo le patatine normali, o ipercaloriche. Gli stessi topi che erano ingrassati non hanno poi perso peso neanche quando non sono più state date loro le patatine. Il dato interessante è che i topi che avevano seguito una dieta povera di grassi, anche quando sono state date loro le patatine non sono aumentati di peso. In base ai dati raccolti, Swithers e colleghi – che hanno pubblicato i risultati sulla rivista dell’american psychological association – ritengono che una dieta povera di grassi e calorie sia la strategia migliore ed efficace per perdere peso che non il mangiare cibi light che contengono sostituti sintetici dei grassi.
IL VOLTAREN PROVOCA INFARTO.
21-04-2014
Lo studio è stato realizzato in Danimarca, è durato 8 anni e ha coinvolto 2,5 milioni di volontari. Il diclofenac, il principio attivo di alcuni farmaci antinfiammatori e contro il dolore come il Voltaren, aumenta sensibilmente le probabilità di avere un infarto, secondo una recente ricerca svolta in Danimarca. Che il diclofenac potesse causare un effetto collaterale così grave era noto da tempo, ma i rischi sarebbero molto più alti di quanto stimato, specialmente tra i pazienti in salute e senza particolari patologie al sistema cardiocircolatorio. I risultati della ricerca stanno facendo molto discutere soprattutto in Australia e Nuova Zelanda, dove il farmaco è venduto senza prescrizione del medico e si sta discutendo di un ritiro dal mercato del medicinale. Lo studio della durata di otto anni è stato condotto da un team di ricerca presso il Gentofte University Hospital (Copenhagen) e ha coinvolto due milioni e mezzo di volontari sotto trattamento con antinfiammatori non steroidei (FANS) come aspirina, ibuprofene e ketoprofene. Associando a questi farmaci il principio attivo del Voltaren, il rischio di infarto è aumentato dell’86% in soggetti inizialmente non esposti a questo rischio. Secondo gli autori della ricerca, i pazienti dovrebbero ricevere maggiori informazioni sui rischi legati all’assunzione di diclofenac insieme ad altri FANS. David Henry, docente presso la University of Newcastle (Nuovo Galles del Sud, Australia), è convinto che il farmaco debba essere ritirato dal mercato: «Il medicinale ha ormai esaurito il suo scopo. Si tratta di un farmaco datato e ora è dimostrata la sua tossicità. Ci sono alternative più sicure. Non c’è ragione di averlo ancora sul mercato, sia sotto prescrizione che come medicinale da banco.» In realtà, molti farmaci FANS possono aumentare il rischio di infarto anche nei soggetti non predisposti. Alcuni principi attivi, spiega Henry, aumentano più di altri questa probabilità e il diclofenac è sostanzialmente il primo in lista.
In Australia sono molto attenti agli effetti collaterali causati dai farmaci. Nel 2004, le autorità del paese decisero di mettere fuori commercio il Vioxx, un medicinale utilizzato per combattere l’artrite e alla base di numerosi casi di attacco cardiaco. Nello stesso anno l’azienda farmaceutica che produceva il Vioxx decise di ritirarlo dal mercato sempre per il possibile aumento del rischio di infarto del miocardio e ictus. Il farmaco era molto diffuso e l’anno precedente al ritiro aveva fruttato alla società produttrice circa 2,5 miliardi di dollari. La Therapeutic Goods Administration (TGA), l’ente pubblico australiano che monitora i farmaci, ha ricevuto otto segnalazioni di attacco cardiaco e una di angina di pazienti sotto diclofenac. In attesa di prendere una decisione sulla possibile sospensione delle vendite dei farmaci come il Voltaren, l’ente si è ripromesso di proseguire le indagini e consiglia di utilizzare basse dosi di diclofenac per periodi limitati di tempo. Uno dei farmaci a base di diclofenac più venduti in Italia è il Voltaren in diverse preparazioni: compresse, supposte, soluzione iniettabile e pomata. Tra gli effetti collaterali compare anche l’indicazione del rischio di infarto. In associazione al trattamento con FANS sono state riportati edema, ipertensione e insufficienza cardiaca. Studi clinici e dati epidemiologici suggeriscono che l'uso di diclofenac, specialmente ad alti dosaggi (150 mg/die) e per trattamenti di lunga durata, può essere associato ad un modesto aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi (per esempio infarto del miocardio o ictus).
COLLEGAMENTO TRA PROTEZIONI SOLARI ED ENDOMETRIOSI.
21-04-2014
La certezza non la si ha ancora, tuttavia potrebbe esserci un collegamento tra le sostanze chimiche contenute in alcune creme solari e lo sviluppo dell’endometriosi, il che suggerisce di utilizzare con cautela certi prodotti. L’interazione tra sostanze chimiche e salute è da sempre dibattuta e, sebbene sia risaputo che ogni sostanza ha un impatto sull’organismo, ancora oggi nessuno si sente di affermare con certezza che le sostanze utilizzate nella produzione di cosmetici e creme solari abbiano un impatto negativo. «C’è di certo un problema – commenta il dottor Kurunthachalam Kannan, del New York State Department of Health e coautore dello studio – Ma a quale livello di utilizzo dovremmo essere preoccupati? Noi non lo sappiamo». Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Environmental Science & Technology e ha analizzato l’urina di 625 donne con diagnosi di endometriosi. Le analisi hanno mostrato che queste donne presentavano maggiori livelli di sostanze utilizzate nella produzione di filtri solari. Lo studio pertanto suggerisce che vi possa essere una correlazione tra l’assorbimento di alcune sostanze chimiche presenti nelle creme solari e il rischio di endometriosi, un disturbo che interessa l’utero e che è causa non solo dolore ma può anche portare la donna all’infertilità.
L’autore principale della ricerca, il dottor Warren Foster, professore nel dipartimento di ostetricia e ginecologia della McMaster University di Hamilton (Canada) si è dedicato allo studio di come le sostanze chimiche influenzano la salute delle persone. In questo studio ha scoperto che alcuni prodotti chimici potrebbero far aumentare il rischio di endometriosi, tuttavia i risultati non specificano in quale misura le donne potrebbero sviluppare la malattia. Da qui la necessità di ulteriori approfonditi studi che facciano luce sui possibili rischi derivanti dall’assorbimento di determinate sostanze. «La ricerca è particolarmente importante perché le sostanze chimiche in questione si trovano in altri prodotti come idratanti e lozioni», ha sottolineato il dottor Kannan – Questo è un qualcosa per cui tutti dovrebbero essere preoccupati. Stiamo procedendo per condurre ulteriori studi e analizzare molti dei cosmetici e prodotti per la cura personale contenenti questi composti per vedere a quale livello le persone ne sono esposte ogni giorno». Il tipo di sostanze chimiche utilizzate nei filtri solari sono note come Benzophenone-type UV filters (o Benzofenone) e dovrebbero proteggere la pelle dai raggi ultravioletti del Sole, tuttavia simulano anche gli effetti degli ormoni estrogeni femminili. Da qui il possibile collegamento con il rischio della patologia in una attività che vada ad alterare questi ormoni. Precedenti ricerche hanno dimostrato che il benzofenone-3, o BP-3, viene assorbito nel sangue più velocemente di altri agenti per la protezione solare, fanno notare i ricercatori. Per cui, anche se questo studio preliminare non conferma che vi sia una correlazione tra queste sostanze e l’endometriosi, in attesa di conferme o smentite chi fosse preoccupato può limitarne l’uso.
CHEMIOTERAPIA E CANCRO: LA MALATTIA E' NELLA CURA.
21-04-2014
Il cancro è la seconda causa di morte nei paesi sviluppati e la medicina ufficiale sembra ancora lontana dal comprenderlo e curarlo. Lo prova il fatto che stiamo assistendo ad un colossale fallimento dei trattamenti tradizionali, mentre il cancro resta un nemico ancora incompreso. La chemioterapia e la radioterapia sono trattamenti intrinsecamente cancerogeni e li giustifica solo il fatto che danneggiano in modo efficace il Dna all’interno delle cellule. Il trattamento si regge sulla speranza che le cellule tumorali muoiano…La stessa speranza che veniva applicata all’elettroshock: diamo una scossa alle cellule del cervello e speriamo che vadano a posto! La realtà è che il danno collaterale del trattamento è inevitabile; non è una questione di “se”, ma fino a che punto si verificano gli effetti collaterali dannosi.
Possiamo davvero parlare di “livello accettabile di sofferenza” sottoponendoci alle chemioterapie? Cosa ne ricaviamo in cambio? In questo caso la medicina non è solo “amara e cattiva” da mandar giù…Ma ne vale la pena? Sai quanto contribuisce alla tua sopravvivenza? Il contributo complessivo stimato della chemioterapia alla sopravvivenza a 5 anni negli adulti è del 2,3% in Australia e del 2,1% negli Stati Uniti.
L'OMS HA CLASSIFICATO LA CHEMIO COME AGENTE CANCEROGENO
Gli effetti genotossici (che danneggiano il dna) della chemioterapia e della radioterapia sono la prima causa di sviluppo è diffusione del cancro. Da oltre mezzo secolo si parla della “teoria della mutazione” nello sviluppo del cancro ed è assolutamente sconcertante che il trattamento standard si basi ancora sull’uso di agenti genotossici. Prendiamo ad esempio un farmaco come il tamoxifene. Sebbene due importanti organismi come l’organizzazione mondiale della sanità e l’american cancer society l’abbiano classificato come cancerogeno per l’uomo, il tamoxifene è ancora utilizzato come prima linea di trattamento per alcuni tipi di cancro al seno. Anche se il tamoxifene è stato efficace (ma sempre più spesso si scopre che non lo è), come conseguenza del trattamento provoca il cancro all’endometrio o al fegato. Ne vale davvero la pena? Il tamoxifene e la chemioterapia rappresentano sempre di più un problema, proprio come la resistenza dei batteri patogeni agli antibiotici.
LA RADIOTERAPIA CAUSA IL CANCRO E LO PEGGIORA
Allo stesso modo, la radioterapia è nota per indurre tumori secondari, oltre ad avere un’ampia gamma di gravi effetti avversi. Una donna il cui seno è stato irradiato ha più probabilità di sviluppare il cancro ai polmoni, per esempio. Ma nella realtà si possono avere effetti di gran lunga peggiori. Quando un tumore al seno viene esposto a radiazioni, le cellule all’interno del tumore non sono uniformi, hanno una grande eterogeneità. Alcune cellule si replicano velocemente, mentre altre lo fanno lentamente o sono benigne; alcune sono più vecchie, tecnicamente senescenti, eppure con la loro stessa esistenza mantengono in vita le cellule con maggiore potenziale di malignità all’interno del tumore. Ci sono poi le cellule staminali tumorali “lente” nel replicarsi e quindi con meno probabilità di essere distrutte dalla chemioterapia o dalla radioterapia, ma responsabili della risemina e della ricrescita del tumore. E’ stato dimostrato che la radioterapia aumenta fino a 30 volte la sopravvivenza e le capacità di auto rinnovo di alcune cellule del carcinoma mammario. Quindi, mentre inizialmente il trattamento con radiazioni può far regredire il volume del tumore o massa tumorale, in realtà succede che una sottopopolazione di cellule resistenti alle radiazioni diventa aggressiva e provoca maggiore malignità.
Questa promozione di auto avvio di cellule tumorali è vera anche per la chemioterapia. Tra l’altro, sembra che le radiazioni a basso dosaggio, utilizzate per diagnosticare i tumori al seno nelle mammografie a raggi X, è molto probabile siano la causa dello sviluppo di un numero maggiore di tumori di quello che si dice dovrebbero evitare nel corso del tempo. Può sorprendere come in letteratura medica le radiazioni ionizzanti a bassa intensità abbiano una documentata cancerogenicità 3-4 volte superiore rispetto a quelle ad alta intensità. In effetti, le radiazioni conferiscono maggiore suscettibilità al cancro ad uno dei più conosciuti geni ad esso associati: BRCA1/BRCA2. In altre parole, può essere di vitale importanza rimanere lontano dalle radiazioni diagnostiche o terapeutiche.
PERCHE' IL TRATTAMENTO CHEMIO NON PUO' FUNZIONARE
Quando si espone una popolazione eterogenea di cellule tumorali del seno ad un agente altamente tossico queste in teoria dovrebbero morire. Tuttavia il cancro non è un processo avvenuto a caso, ma un rigoroso programma di sopravvivenza, ovvero, la cellula tumorale possiede un kit di sopravvivenza evolutiva e genetica per resistere nelle condizioni più difficili:
- Esposizione ad agenti chimici.
- Scarsità di ossigeno.
- Maggiore disponibilità di zuccheri.
- pH acido.
L’aggiunta di agenti chemioterapici altamente tossici può uccidere la cellula più debole ma crea le condizioni affinchè possano prosperare le cellule tumorali maligne e chemio-resistenti. Quando attaccata da una sostanza chimica, la cellula tumorale può regredire e attivare l’apparecchiatura genetica che le permette di vivere e di respingere l’agente utilizzato per la chemio, mentre le cellule vicine più deboli (tecnicamente più normali e sane) muoiono. Detto questo, credo che sia abbastanza chiaro che la radio e la chemioterapia sono responsabili di tumori altamente aggressivi. Inoltre compromettono le cellule del sistema immunitario e producono danni al midollo osseo.
TALI TERAPIE CONDUCONO A MORTE PREMATURA
L’obiettivo delle procedure operative standard è quello di farci credere che la morte dei pazienti sia avvenuta a causa di una forma “eccezionalmente aggressiva” di cancro, piuttosto che ammettere che gli stessi trattamenti possono aver trasformato la crescita relativamente lenta in una proliferazione più rapida e invasiva. Prova a pensare questo: se a causa di sostanze chimiche e radiazioni i tuoi vicini di casa muoiono come mosche, non ti vorresti spostare? La cellula non vuole morire, ha un suo istinto di sopravvivenza e dunque per sopravvivere si sposta verso un altro tessuto: quello delle ossa ad esempio o di un altro organo. Il cancro è qualcosa che il nostro corpo produce probabilmente per sopravvivere, non accade a caso. L’industria farmaceutica del cancro riduce enormemente qualità e lunghezza della vita, perciò abbiamo il dovere di cercare sicurezza ed efficacia nelle cure alternative per la prevenzione e la cura del cancro. Forse in questo modo la medicina ortodossa, poco evoluta filogeneticamente, capirà finalmente che i veleni non hanno mai curato!
UOVA: UNA MINIERA DI ANTIOSSIDANTI.
21-04-2014
Dalle uova può giungere un valido aiuto nella prevenzione di malattie gravi come i tumori o i disturbi cardiovascolari. A stabilirlo è una ricerca dell'Università canadese dell'Alberta, nella città di Edmonton. Secondo i ricercatori coordinati da Jianping Wu le uova prodotte da galline che seguono un'alimentazione basata sul granturco possiedono due aminoacidi fondamentali, il triptofano e la tirosina, che si caratterizzano per il loro notevole tasso di antiossidanti. Stando ai calcoli, due tuorli crudi di uova contengono una quantità doppia di antiossidanti rispetto a una mela e pari a quella riscontrabile in 25 grammi di mirtilli rossi. La cottura, tuttavia, mette a dura prova le proprietà nutritive dell'alimento facendo perdere più o meno la metà degli antiossidanti presenti. Spiega Wu: “si tratta di una riduzione notevole, ma nonostante la cottura le uova conservano un livello di antiossidanti uguale a quello delle mele".
Uno studio americano sottolinea la capacità dell'alimento di prevenire il tumore del seno. In questo caso, i ricercatori hanno esaminato menù e abitudini alimentari di 121.707 donne, negli anni in cui erano adolescenti. Hanno così scoperto che le più “golose” di uova erano meno a rischio di ammalarsi. Discorso opposto, invece, per le intervistate che da teenager abbondavano col burro. Insomma, dopo aver analizzato i risultati ottenuti, i ricercatori non hanno dubbi: ''L'aumento del consumo di uova è associato alla riduzione del rischio di cancro al seno, mentre per il burro - scrive il team di Lindsay Frazier sull'Harvard Medical School - accade il contrario. Inoltre, chi consuma in quantità olio d'oliva o di semi e alimenti ricchi di fibre sembra meno vulnerabile a questa malattia''. L'effetto benefico di frittate, uova sode o alla coque sarebbe dovuto alle notevoli quantità di aminoacidi, vitamine e minerali presenti in questo cibo. Ma i risultati ottenuti, avvertono gli stessi specialisti, sono ancora preliminari. ''Occorrono ulteriori ricerche - sottolineano infatti sulla rivista - per avere un quadro preciso della relazione tra la dieta nell'adolescenza e il rischio di tumore al seno''.
http://www.sciencedaily.com/releases/2011/07/110706093900.htm
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0308814611006248
LA CAFFEINA NON TI SVEGLIA.
21-04-2014
Poco più di un effetto placebo. È quanto sostengono alcuni ricercatori dell’University of East London riguardo la capacità del caffè di risvegliarci, ad esempio, dal torpore del dopo-pranzo. La caffeina in realtà migliorerebbe concentrazione e umore soltanto in relazione alle aspettative con le quali il soggetto si accosta alla tazzina di caffè, dando vita a un fenomeno di auto-suggestione.
I ricercatori inglesi hanno pubblicato sulla rivista Appetite i risultati del loro studio su un gruppo di volontari ai quali è stato offerto a loro insaputa un caffè decaffeinato, mentre si trattava in realtà di normale caffè. Nei test successivi a cui sono stati sottoposti, i volontari hanno fornito prestazioni mentali e tempi di reazione addirittura superiori a quelle del gruppo di controllo, che avevano consumato caffè normale. L'effetto, secondo i ricercatori, è dovuto all'aspettativa riposta nella caffeina, le cui proprietà sono in tal senso di gran lunga sovradimensionate.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21824504