Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Martedì, 18 Febbraio 2020 13:08

DATTERO: CALMA LA TOSSE E RILASSA I BRONCHI.

18-02-2020

Gli Arabi nomadi chiamavano la palma da dattero “la fonte della vita”. Quest’albero infatti non offre solo i suoi frutti nutrienti, i datteri, ma anche una bevanda zuccherina (che il tronco essuda quando viene inciso), e fibre tessili con cui si preparano indumenti e corde, oltre a un’ombra rinfrescante. Per millenni, i datteri sono stati un alimento base della dieta dei popoli del Vicino Oriente, ma il loro potere nutritivo è poco conosciuto nei paesi occidentali, dove sono consumati come dessert a fine pasto o come ghiottoneria. I datteri sono uno dei frutti più energetici, perché 100 g (circa 10 datteri) forniscono 275 kcal, cioè l’11% del fabbisogno calorico giornaliero di un adulto che svolge un’attività fisica media. Le principali sostanze che compongono i datteri sono:

- Zuccheri (66%), composti principalmente da glucosio e fruttosio. I datteri sono uno dei frutti più ricchi di zuccheri.

- Vitamine del gruppo B, specialmente B1, B2, niacina e B6. Queste vitamine, tra le varie funzioni, favoriscono l’approvvigionamento degli zuccheri da parte delle cellule del nostro organismo. I datteri forniscono quantità importanti di tutte queste vitamine, ed esercitano perciò un effetto rinvigorente.

- Minerali: i datteri sono uno dei frutti più ricchi di minerali e forniscono soprattutto, in ordine di importanza, potassio, ferro, magnesio, fosforo e calcio. Contengono anche quantità importanti degli oligoelementi rame, manganese e zinco.

- Fibre vegetali: 100 g di datteri forniscono quasi un terzo della quantità giornaliera raccomandata di fibre vegetali. Si tratta per la maggior parte di fibre solubili, formate da pectine e gomme, ma anche di fibre non solubili o cellulosiche. Entrambi i tipi di fibre esercitano azioni favorevoli complementari sull’intestino.

I datteri sono dunque un frutto molto nutriente ed energetico, il cui contenuto proteico è piuttosto basso (appena il 2%), ma superiore alla maggior parte della frutta fresca (eccetto l’avocado). Le loro proteine sono abbastanza complete e facilmente assimilabili dall’organismo. I grassi costituiscono solo lo 0,5%. Le loro applicazioni dietoterapiche più importanti sono:

MALATTIE RESPIRATORIE

Tradizionalmente, i datteri si usano per calmare la tosse quando è eccessivamente secca e per combattere i catarri delle vie respiratorie. La loro azione emolliente (calmante) sui bronchi e antitussigena è scientificamente dimostrata e probabilmente è dovuta al loro alto contenuto di zuccheri e ad alcuni componenti ancora non identificati. In caso di catarro, il modo più efficace di consumarli è cuocerli nel latte d’avena o di miglio.

DIETE IPOPROTEICHE

I datteri sono molto energetici, ma forniscono pochissime proteine, perciò sono indicati quando se ne deve ridurre l’assunzione (per esempio, in caso di insufficienza renale).

DIETE ENERGETICHE

I datteri esercitano un effetto tonificante e rinvigorente e si consigliano a qualsiasi età in caso di affaticamento o debilitazione. Per la loro ricchezza di zuccheri, vitamine e minerali (incluso il ferro), sono particolarmente utili agli adolescenti, ai giovani sportivi e alle donne, durante la gravidanza o l’allattamento. Sono invece da evitare ai diabetici e agli obesi per il loro elevato contenuto di zuccheri.

PROPRIETA' E USO

- Crudi: i datteri freschi sono più delicati e gradevoli di quelli secchi. Spesso, dopo la raccolta, vengono congelati nei paesi di origine e poi scongelati subito prima di essere esportati per essere venduti. I datteri contengono poca acqua e quindi la congelazione ne altera appena la composizione, tuttavia quelli non congelati sono più gustosi (e più cari).

- Secchi: tradizionalmente, i datteri vengono essiccati per essere conservati. Per ammorbidirli, devono essere messi a bagno nel latte o in acqua prima di essere mangiati.

- Cotti nella bevanda d’avena o di miglio: se si consumano circa 100 g di datteri messi a cuocere in mezzo litro di bevanda d’avena o di miglio per alcuni minuti, si ottiene un effetto benefico per le vie respiratorie. Effetto che si potenzia aggiungendo un cucchiaio di miele.

18-02-2020

Il dolore, acuto o cronico che sia, è una condizione che tutti, prima o poi, sperimentiamo nella vita. Spesso, per riuscire a resistere e gestire i dolori ci affidiamo subito a dei farmaci antidolorifici o antinfiammatori che poco o nulla hanno di naturale e che comportano pericolosi effetti collaterali. Eppure, la natura ci mette a disposizione un’ampia varietà di soluzioni, altrettanto efficaci dei farmaci tradizionali, ma di gran lunga più sicure. Ecco tre rimedi naturali che possono essere utilizzati in sostituzione dei più comuni farmaci antidolorifici.

BOSWELLIA

La boswellia serrata è un albero originario delle regioni collinari dell’India, ma si trova anche in Africa e più generalmente nel Mediterraneo. È una pianta dalle notevoli proprietà antinfiammatorie. La Boswellia ha attirato molto l’attenzione della comunità scientifica grazie proprio alle sue spiccate proprietà antinfiammatorie che la rendono simile ad alcuni farmaci di prescrizione adoperati per curare l’artrite, il morbo di Crohn, l’artrosi e tante altre condizioni dolorose. Non solo. Le sue proprietà le consentono di aumentare il flusso di sangue nelle articolazioni e di ripristinare l’integrità dei vasi indeboliti da spasmo. Questo rende la mobilità migliore e allenta la rigidità delle articolazioni colpite da malattie infiammatorie. Può anche essere utile per il trattamento dell’artrite reumatoide, ancora una volta senza gli effetti collaterali che interessano in genere l’uso dei farmaci tradizionali di scelta. La medicina tradizionale ayurvedica, inoltre, utilizza la resina gommosa della Boswellia per trattare artrite, diarrea, dissenteria e malattie polmonari.

CURCUMA

Che aggiungere di più a quanto sia già stato detto della curcuma? Abbiamo visto le sue proprietà, abbiamo visto la ricerca condotta dall’American College of Rheumatology che la valutava come un’alternativa sicura, naturale ed efficace alla terapia farmacologica utilizzata per il trattamento dell’artrite reumatoide. Insomma, la curcuma è una spezia che svolge un’azione antinfiammatoria e antidolorifica potentissima per il nostro organismo. Non solo blocca l’infiammazione, ma sopprime il dolore nelle fibre nervose.

ASTAXANTINA

Meno conosciuta delle due precedenti alternative, l’astaxantina è un antiossidante naturale che fa parte della famiglia dei carotenoidi. L’astaxantina naturale viene estratta dalla microscopica Haematococcus Algae che può contenere fino a 40 gr di questa sostanza, per kg di alga secca. L’alga viene coltivata in acqua dolce con tecniche sofisticate che incoraggiano la crescita, utile all’estrazione delle sostanze capaci di proteggere l’organismo dall’ossidazione, delle radiazioni UV, e da altri fattori di stress ambientali, che possono incidere pesantemente sugli stati infiammatori del nostro corpo. Le principali proprietà dell’astaxantina riguardano la sua capacità di attraversare le naturali barriere del nostro corpo, per raggiungere in maniera diretta muscoli, tessuti, retina. La sostanza, infatti, è liposolubile e, attraversando la barriera ematoencefalica, riesce a trasportare la sua azione antinfiammatoria anche al cervello e al sistema nervoso. Funziona inoltre come un super-antiossidante per tutto l’organismo. Nello sport, sembra che aumenti la potenza muscolare e la resistenza allo sforzo fisico, prevenendo i dolori articolari e muscolari dopo le attività.

Naturalmente, l’efficacia di questi rimedi si basa su diversi fattori, tra cui l’attuale stile di vita dell’individuo e le sue abitudini alimentari, visto che il consumo di alcuni alimenti può facilitare stati di infiammazione cronica e quindi di dolori.

13-02-2020

La bromelina è un enzima proteolitico estratto dal gambo dell’ananas. Migliora il rinnovamento delle proteine nell’organismo, comprese quelle del tessuto articolare, ed è utilizzata con scopi terapeutici dal 1957. Ma le sue proprietà dimostrate scientificamente si estendono ben oltre alla semplice digestione delle proteine. La bromelina ha un’azione antiaggregante delle piastrine verificata sull’essere umano in modo dose-dipendente. Svolge anche un’azione fibrinolitica diretta sui coaguli sanguigni, anch’essa dipendente dalla dose. Questo enzima ha un’azione antinfiammatoria sia diretta che indiretta. Negli studi condotti su animali, la bromelina è risultata la più potente fra nove sostanze esaminate, al pari del farmaco prednisone. Agisce sull’infiammazione, gli edemi e il dolore mediante la fibrinolisi diretta dei coaguli, l’attivazione delle prostaglandine antinfiammatorie e attraverso l’inibizione della bradichina, una sostanza che aumenta la permeabilità vascolare e stimola il dolore. L’azione della bromelina sui mediatori dell’infiammazione è realmente potente e varia.
È stata studiata diverse volte, nei differenti tipi di cancro, da sola o come trattamento coadiuvante, per la sua azione antitumorale e antimetastasica con risultati interessanti che meritano di essere approfonditi. Induce la produzione di citochine, un elemento chiave del sistema immunitario, assunta da sola o combinata con l’interferone. Applicata per via topica (35% in una base lipidica), è efficace per trattare le piaghe da decubito e migliorare la cicatrizzazione nel trattamento delle ustioni e dei geloni. Uno degli effetti più interessanti è quello di potenziare il trattamento antibiotico, in particolare quando somministrata insieme alla tetraciclina e l’amoxicillina. La concentrazione di antibiotici nel siero aumenta fino a tre volte. Terminato il trattamento antibiotico, l’aggiunta di bromelina permette spesso di ristabilirne l’efficacia, risultante in una significativa riduzione della morbilità.
Svolge un’azione mucolitica: 124 pazienti ricoverati per bronchite cronica o polmonite hanno assunto questo enzima per via orale. Hanno dimostrato una riduzione significativa del volume, della viscosità e della purulenza del muco che poteva essere espettorato attraverso le vie respiratorie. Ma l’effetto più conosciuto è quello a livello digestivo: la bromelina è attiva nei differenti pH, nello stomaco e nell’intestino tenue. Sostituisce bene la pepsina e la tripsina quando queste sono insufficienti o se il pancreas ha un deficit. Si è notato anche un miglioramento dei sintomi (dolore, gonfiore, flatulenza). In studi condotti su animali, la bromelina ha permesso di trattare le ulcere cicatrizzando rapidamente la mucosa gastrica. Ma non è finita qui: diversi studi hanno confermato che la bromelina riduce in modo importante la durata delle infiammazioni, dei dolori e degli edemi post-operatori (spesso di due terzi). L’uso preventivo, prima dell’operazione, è efficace e consigliato. Restando in questo campo, questo favoloso enzima riduce anche l’intensità dei traumatismi sportivi e accelera il recupero. Il primo studio di questo tipo è stato condotto su un gruppo di 74 pugili vittime di lividi sul volto e di ematomi su orbite, labbra, petto e braccia. Dopo 4 giorni di assunzione di bromelina, tutti i lividi erano scomparsi in 58 pugili! Molti sportivi la usano a titolo preventivo prima dell’allenamento e delle competizioni. Passando per i disturbi cardiologici, la bromelina previene e minimizza la gravità dell’angina pectoris e degli attacchi ischemici, previene e cura le trombosi e le tromboflebiti, aiuta a sciogliere la placca di ateroma ed esercita un’azione fibrinolitica. Nell’animale ha anche un’azione antipertensiva a seguito di prolungata somministrazione. Questo enzima è quasi privo di effetti collaterali e presenta una debole tossicità. Sotto forma di integratore può essere assunto a dosaggi da 200 a 2.000 mg al giorno per periodi prolungati. Le persone allergiche all’ananas, o a un livello inferiore, al veleno delle api e al polline degli ulivi dovrebbero comunque astenersi dall’uso.

13-02-2020

Sono divertenti ed esotiche gli utensili utilizzati nella cucina asiatica. Ma le bacchette, in particolare le varietà usa e getta che si trovano comunemente in ristoranti cinesi take-out, sono spesso piene di tossine. E il governo cinese sembra non preoccuparsene, facendo praticamente niente per garantire la sicurezza di questi prodotti, che vengono utilizzati da decine di milioni di persone in tutto il mondo. Provate a lavare a casa vostra delle bacchette usa e getta con acqua calda e vedrete che acqua gialla otterrete. Probabilmente non vi verrebbe mai in mente, ma le bacchette usa e getta vengono regolarmente trattate con conservanti chimici come l’anidride solforosa, potenzialmente pericolosa per la vita con effetti a lungo termine che includono problemi respiratori e infiammazione cronica.
“Lo zolfo, il perossido di idrogeno, il solfito di sodio come inibitore della muffa, sono sostanze chimiche comunemente usate per fare bacchette monouso, anche se non sono permesse “, dice Dong Jinshi, segretario generale della Food International Packaging Association (IFPA), rivelando che il colore e l’odore delle bacchette possa indicare con quali sostanze chimiche siano state trattate. Che ci crediate o no, la maggior parte delle bacchette usa e getta sono ancora prodotte in piccoli laboratori di villaggi in zone montuose della Cina. Questa immagine idilliaca non ci nasconde il fatto che in questi laboratori non si riescano a rispettare le norme nazionali cinesi per la produzione di bacchette, trattate con livelli molto più elevate di sostanze chimiche, e anche con prodotti chimici non approvati durante la loro produzione.

13-02-2020

Gli effetti benefici delle bacche di goji per la salute sono stati studiati in modo estensivo nel corso di questi tre ultimi decenni, principalmente in Cina in cui è stata dichiarata tesoro nazionale dalla commissione governativa scientifica e tecnologica. Gli studi scientifici hanno dimostrato che le bacche di goji possiedono delle proprietà antitumorali e immunostimolanti dovute alla presenza di polisaccaridi glicoconiugati. Alcuni studi animali hanno mostrato che le bacche di goji rinforzano il sistema immunitario aumentando la percentuale di trasformazione dei linfociti e migliorando la funzione di fagocitosi dei macrofagi. Rinforza anche l’attività dei linfociti T, delle cellule citotossiche e delle cellule NK (Natural Killer). L’assunzione di 50 g di bacche di goji determina in alcuni soggetti volontari un aumento del numero dei globuli bianchi e delle IgA (immunoglobuline A).
Nel 67% delle persone anziane coinvolte in uno studio, l’assunzione di bacche di goji quotidianamente per tre settimane ha moltiplicato per tre le funzioni di trasformazione dei linfociti T e per due l’attività delle interleuchine-2 dei globuli bianchi che stimolano la crescita delle cellule sanguigne del sistema immunitario incaricate della protezione contro le cellule cancerogene e contro l’invasione dei microbi. Le bacche di goji favoriscono una crescita cellulare normale così come il ripristino e la riparazione del DNA. Quando si somministra a dei pazienti affetti da cancro un trattamento farmaceutico o un trattamento farmaceutico combinato con le bacche di goji, i pazienti rispondono meglio al trattamento associato rispetto al farmaco singolo. Altri studi mostrano che le bacche di goji esercitano un’azione epatoprotettiva:

- grazie alla presenza di zeaxantina, aiuta a contrastare la tossicità epatica del tetracloruro di carbonio;

- somministrati per 5 settimane ad alcuni ratti, i polisaccaridi delle bacche di goji prevengono la formazione del “fegato alcolizzato” provocata da una perfusione di alcol;

- in alcuni topi anziani, le bacche di goji proteggono il fegato grazie al potere antiossidante che gli permette di inibire la perossidazione lipidica delle cellule epatiche.

I polisaccaridi diminuiscono il rischio cardiovascolare in alcuni animali diabetici. Diminuiscono l’ossidazione creata da alcuni livelli elevati permanenti di zucchero sanguigno e riducono la perossidazione lipidica. Diminuiscono anche i livelli di colesterolo, di trigliceridi e di insulina, potendo così migliorare l’insulino-resistenza. Somministrato ad alcuni animali di laboratorio, un estratto di bacche di goji proteggeva i loro neuroni dagli effetti tossici della proteina beta amiloide.

13-02-2020

Chi ama la salute naturale e prodotti di bellezza, li ama ancora di più quando funzionano bene. Questo collutorio naturale è efficace, ma soprattutto facile da preparare, costa quasi nulla e comprende ingredienti che si possono effettivamente mangiare. Ricordate il motto: se non si può mangiare, non si può usare.
Ecco la ricetta per il collutorio naturale:

• 450 grammi di acqua pura (preferibilmente filtrata);
• 3 gocce di olio essenziale di menta piperita;
• 2 cucchiaini di bicarbonato di sodio.

Mescolare tutti gli ingredienti insieme in una bottiglia di vetro. Il bicarbonato di sodio si dissolverà dopo un pò. Risciacquate in bocca per 30-60 secondi e poi sputate (anche se questo collutorio è ovviamente non tossico, non deve essere molto buono da deglutire).
La vera bellezza del collutorio fatto in casa è che può davvero soddisfare le preferenze di ognuno di noi: ci sono infatti un sacco di varianti che è possibile utilizzare, come ad esempio:

1. è possibile combinare gli oli essenziali per trovare il sapore giusto: menta, agrumi o cannella sono alcune idee;

2. se si preferisce invece il collutorio dolce, si può aggiungere un pò di stevia;

3. si può sperimentare con differenti quantità di olio essenziale e di bicarbonato di sodio per vedere quale funziona meglio per sé.

Giovedì, 13 Febbraio 2020 17:21

LUCI E OMBRE DELLA MEDICINA TRADIZIONALE.

13-02-2020

Nel 1535 Jacques Cartier salpò dalle coste della Francia diretto verso Terranova con un equipaggio di 110 uomini. In 6 settimane 100 uomini si ammalarono di scorbuto. Un indigeno disse loro di bere succhi dei frutti di un albero che crescevano in quella zona e gli uomini guarirono nel giro di pochi giorni. Da quell'episodio capitani di navi accorti e lungimiranti comandarono al loro equipaggio di consumare succhi di arancia e limone per scongiurare lo scorbuto. Ci volle molto tempo prima che il mondo medico accettasse questa semplice soluzione, ma alla fine nel 1795 dovette soccombere al buon senso e il succo di limone diventò obbligatorio nella dieta dei marinai. Uno dei motivi per cui le infezioni sono così numerose in ospedale è che molti infermieri amano più gli antibiotici che lavarsi le mani. Quando nel 1843 Oliver W. Holmes suggeriva ai medici di cambiare gli indumenti e lavarsi le mani dopo aver visitato i pazienti affetti da febbre puerperale le sue richieste vennero completamente ignorate. Anche l'avvento dell'anestesia è stata per lungo tempo trascurata se non osteggiata dal mondo medico e venne ufficialmente accettata soltanto quando la regina Vittoria diede alla luce il principe Leopoldo sotto l'effetto del cloroformio. Fino al 1980 era prassi comune operare i bambini senza anestesia perché si riteneva che fossero incapaci di provare dolore.
Da dati riportati da vari libri e giornali, pare che oggi i medici causano più malattie e decessi del cancro o delle cardiopatie. Una persona su 6 si trova in ospedale a causa del medico. Le reazioni negative ai farmaci sono la quinta causa di morte negli USA perché i medici non comprendono i pericoli associati ai farmaci. Il 40% delle persone che assume farmaci subisce pesanti effetti collaterali, d'altronde nessuno può stabilire in anticipo quali saranno le conseguenze sulla salute di un farmaco lanciato sul mercato. Molte più persone vengono uccise dai farmaci prescritti che dall'uso illegale di droghe. Solo in Australia ogni anno vengono ricoverate quasi mezzo milione di persone perché dei medici li hanno fatti ammalare e 18.000 di questi muoiono ogni anno a causa di errori medici, tossicità dei farmaci, errori chirurgici ecc., mentre negli USA i casi di mortalità a causa dei medici si aggira intorno alle 200.000 unità. E le cifre in Europa non sono più incoraggianti dove medici e medicine pare che uccidono più persone di tutti i tipi di cancro. In realtà i medici rappresentano una delle principali cause di malattie e morte molto più di tutti gli altri tipi di problemi messi insieme, compreso cancro e malattie cardiache. D'altronde, come afferma la stessa rivista British Medical Journal, 6 trattamenti su 7 non sono supportati da prove scientifiche. Il problema di fondo è che gran parte della ricerca medica è organizzata, pagata, commissionata e sponsorizzata dall'industria farmaceutica che è fatta per produrre buone recensioni e non certo arrecare danno a se stessa. Pare che molti degli scienziati implicati sono pronti a modificare i risultati dei loro esperimenti se questi non danno i risultati sperati. Si calcola che almeno il 12% delle ricerche scientifiche siano false.
Anche gli esami e le analisi per le diagnosi mediche pare non siano affidabili: non riescono a prevedere l'andamento di una malattia nel 50% dei casi. Dei patologi hanno effettuato diverse centinaia di autopsie scoprendo che più della metà dei defunti era morto per una causa diversa da quella diagnosticata, praticamente aveva ricevuto un trattamento medico sbagliato. E se la vita media si è allungata (ma non certo il benessere della persona) ciò non è dovuto ai medici e alle medicine ma all'igiene, all'acqua corrente, al riscaldamento centralizzato, al poco lavoro, alla riduzione della mortalità infantile, alla carenza di guerre. Ci sono più malati oggi di quante ce ne siano stati in tutta la storia umana. In sostanza si può dedurre che dopo i 65 anni di età il cittadino è un peso per lo Stato e cerca di sostituirlo con chi produce.
Il numero delle persone che muoiono a causa dei medici è 4 volte maggiore di quello delle persone che muoiono per incidenti stradali. Praticamente il medico ha più probabilità di ucciderci della nostra automobile. In realtà i medici oggi sono solo un canale commerciale dell'industria farmaceutica e gran parte dei medicinali che prescrivono non si conosce gli effetti perché tutti i medicinali, nessuno escluso, sono sperimentati sugli animali. Insomma i medici uccidono più persone di quante non ne curino e causano più malattie e disagi di quanti ne riescano ad alleviare: il motivo è da ricercare nel fatto che la classe medica è in stretta alleanza con l'industria farmaceutica. Almeno il 70% degli esami e dei test richiesti dal medico non sono necessari. Un sondaggio ha dimostrato che le analisi del sangue e delle urine consentono al medico di formulare una diagnosi esatta solo all'1% dei casi. Uno studio recente ha dimostrato che su 93 bambini cui erano state diagnosticate malattie di cuore solo il 15% erano realmente malati. Se si dovesse classificare l'industria del cancro in base al suo fatturato sarebbe tra le più importanti del mondo; ma se la si dovesse considerare in base alla sua capacità di sconfiggere la malattia che si prefigge di combattere sarebbe tra le industrie più fallimentari del pianeta.
Nel 1970 una persona su 6 poteva ammalarsi di cancro; nel 1980 il rischio era raddoppiato; nel 1990 si arriva a circa il 40%. Non solo, oggi il tasso di sopravvivenza al cancro è lo stesso del 1950. I tempi della dichiarata guarigione dal cancro rientrano nei 5 anni: se una persona muore dopo 5 anni e un giorno il caso verrà considerato un successo. Sembra che lo scopo dominante sia tenere in vita il paziente per quei 5 anni. Uno studio approfondito ha dimostrato che i pazienti che avevano rifiutato i trattamenti convenzionali del cancro sono vissuti in media tre anni di più. In realtà la guerra contro il cancro è stata un fallimento come quella contro la droga. E i medici che osano consigliare terapie alternative, naturali, vengono sistematicamente isolati, scherniti, disprezzati.
I risultati delle ricerche mediche dipendono da chi le finanzia. Ma nessuno sembra interessato a scoprire perché ci si ammala di cancro, o di qualunque altra patologia: questo farebbe diminuire i profitti e il fatturato. Nessuno ha intenzione di far capire alla gente che il nostro organismo è in grado di neutralizzare, senza l'ausilio di medici e medicine, 9 malattie su 10. Un gruppo di ricercatori ha esaminato le cartelle cliniche di 100 pazienti: solo il 53% degli infarti era stato diagnosticato. Nel corso di uno studio è stato chiesto a 80 medici di esaminare un modello di seni femminili al silicone: i medici sono riusciti a trovare solo metà dei noduli anomali nascosti. Un altro studio ha dimostrato che su pazienti in punto di morte una diagnosi su 4 era sbagliata e che il 70% dei deceduti sottoposti ad autopsia presentavano patologie gravi mai state diagnosticate. In un altro studio avente per oggetto 400 autopsie, in più della metà dei casi era stata formulata una diagnosi sbagliata. Anche gli errori della lettura di raggi X si aggira intorno al 30% e anche quando le radiografie vengono visionate una seconda volta solo un terzo degli errori commessi viene individuato.
Nel 1950 un bambino su 14 si ammalava di cancro; nel 1985 la cifra era salita a uno su 4 e nonostante gli ingentissimi finanziamenti le industrie ricercatrici non sembrano provare il minimo imbarazzo per l'abissale fallimento, anzi continuano a chiedere altri e poi altri fondi. In realtà la scienza medica non sa come affrontare il cancro. Se una persona ammalata di cancro si fa visitare da tre medici diversi riceverà sicuramente tre diverse terapie. Il problema è che la quasi totalità dei medici non accetta che ci sia un legame tra stile di vita e malattia, tra cibo e cancro, anche se la National Academy of Sciences afferma che il 60% dei casi di cancro nelle donne e il 40% negli uomini sono collegati a fattori nutrizionali. Anche la British Medical Association calcola che almeno un terzo dei casi di cancro è attribuibile all'alimentazione. Negano l'esistenza tra stress e sistema immunitario, tra tossiemia e malattie congenite. Ma i medici si ostinano a ignorare tale equazione e si rinnova la nemesi karmica che da millenni grava sulla classe medica, a danno della popolazione. Fin da quando fu introdotta la mammografia al seno mediante raggi X i medici si accorsero che poteva procurare più casi di cancro di quanti non ne rilevasse. Ogni dose media di raggi X equivale ai danni di 6 sigarette.
Alcuni studi negli USA hanno dimostrato che l'incidenza del cancro in una determinata zona di un determinato paese aumenta con il numero dei medici presenti in quella zona. La propensione per la radiografia da parte dei medici forse spiega tale fenomeno. Ma anche se il meccanismo instaurato in campo medico ha allontanato i medici dal principio ippocratico che recita "Primo non nuocere", ritengo ingiusto trascurare l'importante contributo della medicina e di molti medici i quali, con vero spirito di sacrificio personale, in molte circostanze risultano determinanti per alleviare sofferenze e salvare molte vite, specialmente nei casi di emergenza. L'operato dei medici dovrebbe essere improntato a combattere le cause delle malattie e considerare simultaneamente l'entità umana in tutte le sue componenti fondamentali e quindi uscire della logica settoriale e dei sintomi in una visione olistica in cui la medicina naturale rientra come branca insostituibile e complementare per il bene integrale dell'uomo.

13-02-2020

Consumare tè, in particolar modo il tè verde, almeno tre volte a settimana garantisce una vita più lunga e più sana. Il consumo abituale di questa bevanda sarebbe infatti associato a un minor rischio di malattie cardiovascolari e a una salute di ferro. A confermarlo sono i risultati riportati sull’European Journal of Preventive Cardiology di uno studio svolto su 100.902 adulti cinesi (appartenenti a 15 province della Cina) che non avevano precedenti di infarto, ictus o cancro. Le informazioni sul consumo di tè sono state raccolte attraverso questionari standardizzati, i cui partecipanti sono stati classificati in due gruppi: bevitori di tè regolari, che li hanno bevuti tre o più volte alla settimana e non abituali bevitori di tè, che lo bevevano meno di tre volte a settimana. La ricerca è durata ben 22 anni.
Gli studiosi hanno scoperto che i bevitori abituali di tè verde avevano un rischio inferiore del 20% di incorrere in malattie cardiache e ictus rispetto a quelli che non avevano mai bevuto tè o lo avevano consumato solo di rado. Inoltre, coloro che bevevano regolarmente tè avevano 1,41 anni in più in assenza di malattie cardiovascolari aterosclerotiche e la loro aspettativa di vita era di 1,26 anni in più rispetto all’età indice di 50 anni. Degli abituali bevitori di tè, il 49% ha bevuto tè verde, il 43% ha preferito tè profumati o altri tè e l’8% ha optato per il tè nero. Da tutti è emerso che il consumo di tè può essere collegato a un ridotto rischio di malattie cardiovascolari aterosclerotiche e di mortalità per tutte le cause, ma il consumo di tè verde, rispetto a quello nero, è associato a rischi ancora inferiori di circa il 25% per malattie cardiache, ictus e morte in generale, dicono gli studiosi.
Il motivo? Secondo i ricercatori tutto potrebbe dipendere dai polifenoli presenti nel tè, sostanze chimiche con proprietà antiossidanti. Cosa succede se consumiamo tè verde 3 volte a settimana? Secondo lo studio, già l’assunzione regolare di tè aiuterebbe a condurre una vita più sana, ma il fattore principale sta comunque proprio nella presenza dei polifenoli, di cui il tè verde è particolarmente ricco, composti bioattivi che proteggerebbero proprio dalle malattie cardiovascolari e da fattori di rischio tra cui ipertensione e dislipidemia. Nel caso del tè nero, però, non essendo questo completamente fermentato, i polifenoli finiscono per ossidarsi nei pigmenti e perdere così gli effetti antiossidanti.

 

https://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/2047487319894685

https://www.mirror.co.uk/science/drinking-tea-could-extend-your-21240275

Giovedì, 06 Febbraio 2020 17:34

SE SIETE STRESSATI ASSUMETE QUESTA PIANTA.

06-02-2020

La Rhodiola rosea è una pianta vivace che cresce sui suoli sabbiosi, rocciosi, freddi e asciutti dei pendii siberiani. L’utilizzo medicinale risale al medico greco Dioscoride (77 a.C.). La tradizione le attribuisce il potere di aumentare la resistenza, la longevità, il vigore sessuale e le capacità cognitive. I primi studi scientifici russi e scandinavi che hanno convalidato queste applicazioni sono iniziati negli anni Settanta. Si considera la Rhodiola rosea come uno dei primi adattogeni (sostanze che aumentano in modo generale e non specifico la resistenza dell’organismo agli stress diversi che subisce) così come il ginseng, l’eleuterococco e l’ashwagandha.

1. Astenia e depressione: i ricercatori sovietici hanno studiato a diverse riprese gli effetti psicostimolanti della Rhodiola rosea. Uno di questi studi ha permesso di osservare un’attenuazione dei sintomi nel 64% dei casi.

2. Resistenza: la Rhodiola rosea permette di aumentare la resistenza allo sforzo e di ridurre la durata del tempo di recupero dopo un esercizio intenso.

3. Stress: in base a uno studio armeno recente condotto su 56 medici sottoposti a lunghe ore di lavoro notturno, 170 mg al giorno di Rhodiola per due settimane migliorano significativamente le prestazioni cognitive (memoria, calcolo mentale, concentrazione, percezione visiva e uditiva) malgrado lo stress e la fatica. In uno studio russo condotto su alcuni studenti in periodo di esami, 100 mg al giorno per 20 giorni hanno migliorato significativamente il benessere e la forma fisica riducendo allo stesso tempo la fatica. Gli studenti hanno ottenuto dei voti migliori ma le prestazioni cognitive sarebbero state ulteriormente migliorate grazie a una dose superiore. Uno studio in doppio cieco (2003) conclude che in situazione di stress e di fatica, la Rhodiola aumenta significativamente la capacità di lavoro intellettuale dei soggetti trattati. È stato dimostrato che la Rhodiola rosea permette di ridurre la concentrazione di diversi metaboliti indotti dallo stress nell’organismo, soprattutto il CRF (Corticotropin Releasing Factor) che aumenta la fatica mentale e disturba la funzione sessuale.

4. La Rhodiola permette di ripristinare le mestruazioni nel 60% delle donne affette da amenorrea e migliora significativamente la fertilità (studio russo su 40 donne).

5. La Rhodiola migliora la funzione sessuale nel 70% degli uomini affetti da disfunzione erettile o da eiaculazione precoce (studio russo su 35 casi). In Siberia, la Rhodiola è consigliata sia a coloro che soffrono di disturbi sessuali sia a coloro che non ne hanno ma che desiderano semplicemente migliorare le proprie prestazioni. È d’altronde un gesto della tradizione offrire un mazzo di Rhodiola rosea alle giovani spose proprio prima della notte di nozze.

6. La Rhodiola aumenta gli effetti dei farmaci antitumorali e riduce gli effetti indesiderati (studi animali e studio umano preliminare).

06-02-2020

Non soltanto miele, cera d’api o proteine della seta. I cosmetici e i prodotti di bellezza in circolazione possono contenere altri ingredienti di origine animale che chi preferisce cosmetici animal-free e cruelty-free vorrebbe decisamente evitare. Leggere sempre bene INCI ed etichette prima degli acquisti permette di evitare di comprare cosmetici che contengano sostanze indesiderate.

1. MIDOLLO DI BUE E PLACENTA

Pare che la placenta sia ormai quasi in disuso. Insieme al midollo di bue fino a qualche anno fa la placenta era tra gli ingredienti più pubblicizzati per quanto riguarda alcuni prodotti per capelli. Gli shampoo al midollo di bue sarebbero ancora in produzione e verrebbero presentati come prodotti nutrienti per la chioma. Basta leggere le etichette per evitare l’acquisto di prodotti per capelli con ingredienti indesiderati.

2. CARMINE

Il carmine, noto anche come cocciniglia, è un colorante estratto dal corpo e dalle uova di un insetto sudamericano. Viene utilizzato per colorare rossetti e altri prodotti per il make-up con i toni del rosa e del rosso. Tra le alternative naturali al carmine troviamo il succo di barbabietola e l’annatto, un colorante naturale estratto dalle piante.

3. CHERATINA

La cheratina è tra gli ingredienti più utilizzati e periodicamente più pubblicizzati per la cura dei capelli. La cheratina è un ingrediente di origine animale che può essere presente nella criniera, nelle piume e nelle corna di diversi animali. Tra le alternative vegetali alla cheratina troviamo le proteine della soia e l’olio di amla.

4. MUSCHIO

Pare che al giorno d’oggi in gran parte dei profumi si utilizzino muschi sintetici. Tradizionalmente però le fragranze al muschio vengono ottenute dai genitali di lontra, castoro, cervo mischiato e altri animali. Il muschio in profumeria serve come fissativo e nota di base. In caso di dubbio meglio rivolgersi alle aziende produttrici, per comprendere quali ingredienti utilizzino davvero per la profumazione.

5. SQUALENE

Lo squalene è un composto contenuto nell’olio di fegato di squalo. Viene utilizzato in creme, lozioni e sieri per addizionare qualità emollienti e lubrificanti. Le alternative all’olio di fegato di squalo sono naturalmente gli oli vegetali, ad esempio l’olio di germe di grano, molto utilizzato nei prodotti per capelli, e l’olio di crusca di riso.

6. LANOLINA

La lanolina è una sostanza cerosa formata da acidi grassi che viene secreta dalla pelle di pecora, con funzione protettiva ed emolliente per l’animale. Viene utilizzato come agente idratante, ad esempio nei prodotti per la pelle, per le unghie e per i capelli. Per sostituire la lanolina si possono ottenere sostanze idratanti a base di ingredienti di origine vegetale.

7. ACIDO IALURONICO

L’acido ialuronico per uso estetico viene impiegato comunemente come filler per le rughe e può essere di origine aviaria (derivato dalle creste di gallo, noto come acido ialuronico Hylaform) o di origine batterica (tipo Restylane o Juvederm). Meglio accertarsi dell’origine di questo ingrediente prima di acquistare prodotti o di sottoporsi a trattamenti a base di acido ialuronico.

8. ACIDO STEARICO

Si tratta di un acido di derivazione animale che in genere proviene dallo strutto, quindi dal grasso addominale del maiale, o dal sego, cioè da grassi prelevati dalla carne di manzo o di montone. Viene utilizzato come legante e addensante in cosmetici e lozioni oppure nella produzione del sapone. L’acido stearico è presente però anche in alcuni oli vegetali, soprattutto nell’olio di cocco. Se un cosmetico vegan contiene acido stearico, si tratta dunque della sua versione vegetale.

9. COLLAGENE ED ELASTINA

Si tratta di proteine presenti nel tessuto connettivo degli animali. Vengono utilizzati soprattutto nei prodotti idratanti. Esistono anche versioni sintetiche del collagene o dell’elastina. Per conoscere l’origine di questi ingredienti è dunque importante rivolgersi ai produttori, se l’intenzione è di evitare sostanze di origine animale.

10. AMBRA GRIGIA

L’ambra grigia è una sostanza prodotta dall’intestino dei capodogli quando questi animali ingeriscono materiali irritanti, come il becco di un calamaro. Il National Geographic spiega che l’ambra grigia ricopre il materiale formando una massa che viene espulsa in mare. L’ambra grigia è una sostanza cerosa che viene utilizzata soprattutto come base e come fissativo nella produzione industriale dei profumi e delle fragranze cosmetiche.

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