Angelo Ortisi
ZINCO: IL MINERALE CHE PUO’ MIGLIORARE L’UDITO.
02-05-2018
Una ricerca dimostra che una supplementazione con zinco può migliorare il recupero dell’udito in caso di perdita improvvisa idiopatica dell’udito neurosensoriale, noto anche come SSNHL. I pazienti con SSNHL che hanno ricevuto supplementi di zinco e corticosteroidi hanno avuto un guadagno dell’udito, una maggiore percentuale di recupero, e un aumento del tasso di recupero molto più grande rispetto al gruppo di controllo, che ha ricevuto solo steroidi. I sondaggi suggeriscono che molte persone hanno una dieta carente in zinco. Bisogna, tuttavia, stare attenti a non assumerne troppo perché può interferire con la capacità del corpo di assorbire altri minerali. La dieta è la migliore fonte di zinco, utilizzando alimenti ricchi in proteine come carne e pesce. Altre buone fonti alimentari di zinco sono formaggio, fagioli, yogurt o kefir.
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/lary.21291/abstract
IL COENZIMA Q10 E’ INDISPENSABILE IN CASO DI ASSUNZIONE DI STATINE.
08-05-2018
Le statine, siano esse di origine naturale come il lievito di riso rosso o prescritte dal medico (simvastatina, pravastatina, atorvastatina, rosuvastatina), rappresentano un modo efficace per ridurre la quantità di grassi nel sangue, ma come tutti i farmaci o integratori molto efficaci, presentano degli effetti collaterali, tra i quali una riduzione dei livelli plasmatici di CoQ10 che potrebbe spiegare in parte il dolore muscolare, ma anche le disfunzioni cognitive osservate in animali trattati con statine. Infatti, si stima che il 5-10% delle persone che assumono statine (percentuale che arriva fino al 22% secondo alcuni studi), soffrono di disturbi muscolari che variano dal semplice dolore fino ad arrivare a casi di rabdomiolisi (degenerazione del tessuto muscolare). In alcune persone trattate mediante questi farmaci, le statine, inibendo l' HMG-CoA reduttasi, bloccano non solo la produzione endogena di colesterolo nel fegato, ma anche la sintesi di coenzima Q10, spiegando così la diminuzione dei livelli di questo antiossidante endogeno liposolubile. Il lievito di riso rosso, il policosanolo e l'olio di riso agiscono anche su questo enzima chiave del metabolismo lipidico e possono provocare, sul lungo periodo, bassi livelli plasmatici di CoQ10.
Dall'inizio degli anni novanta, il cardiologo Peter Langsjoen, del centro medico di Tyler in Texas, ha reso pubblici i risultati di uno studio che mostrano chiaramente i meccanismi attraverso i quali l'assunzione di statine diminuisce non solo il tasso di colesterolo, ma inibisce anche la sintesi endogena di CoQ10. Secondo questo studioso, poiché è noto che il CoQ10 è indispensabile per il buon funzionamento del sistema cardiovascolare, la diminuzione della sua produzione costituisce un nuovo rischio di patologie cardiache. Negli anni seguenti, oltre una decina di prove d'efficacia hanno dimostrato che l'assunzione di statine determina una significativa diminuzione (dal 19 al 54%) delle concentrazioni plasmatiche di CoQ10 e una disfunzione dei mitocondri. In uno studio condotto nel 2012 presso l'ospedale universitario di Praga, l'assunzione di CoQ10 per 6 mesi ha ridotto il dolore muscolare (mialgia) di circa il 54% e la debolezza muscolare del 44%, entrambi provocati dall'assunzione di statine. Alcuni ricercatori danesi hanno constatato che l'assunzione di simvastatina, uno dei numerosi farmaci comunemente prescritti per diminuire i livelli di colesterolo, riduceva la tolleranza al glucosio e la concentrazione di CoQ10. I loro risultati, pubblicati sulla rivista American College of Cardiology, di fatto mostrano che, sebbene le statine offrano vantaggi a milioni di persone a rischio cardiovascolare, i loro effetti sulle concentrazioni di CoQ10, un importante cofattore mitocondriale, non sono stati adeguatamente divulgati attraverso i mezzi di informazione medica tradizionale.
Questo studio è stato condotto su 10 persone trattate con simvastatina per almeno un anno e 10 soggetti di controllo sani. I partecipanti sono stati sottoposti a test orale di tolleranza al glucosio, biopsie di muscoli scheletrici e analisi del sangue. Uno degli effetti collaterali che si riscontrava frequentemente assumendo statine è il dolore muscolare, nonostante il meccanismo non sia realmente noto. L'ipotesi dei ricercatori è che la riduzione della concentrazione di CoQ10 nei muscoli scheletrici può ridurre la capacità di fosforilazione ossidativa nei mitocondri. Quattro persone appartenenti al gruppo simvastatina hanno riferito dolore muscolare. I ricercatori hanno constatato che nei pazienti trattati con simvastatina, i livelli di glucosio rilevati mediante il test orale di tolleranza al glucosio erano significativamente più alti rispetto ai soggetti di controllo non trattati. Inoltre, quando sono stati confrontati i risultati delle biopsie dei tessuti, il CoQ10 e la capacità di fosforilazione ossidativa erano diminuite nei pazienti trattati con simvastatina, ciò può in parte spiegare il dolore muscolare e l'impossibilità di svolgere esercizio fisico riscontrato in numerosi pazienti che assumevano statine.
Secondo i risultati di uno studio randomizzato, riportato sul Nutrition Journal, nelle persone affette da patologie coronariche e che assumono statine, l'assunzione di 300 mg al giorno di CoQ10, ha ridotto l'infiammazione e aumentato l'attività degli enzimi antiossidanti. Un elevato stress ossidativo associato a un'infiammazione cronica può effettivamente contribuire alla patogenesi di malattie cardiovascolari. Inoltre, alcuni ricercatori di Taiwan hanno somministrato a 42 uomini e donne, trattati con statine per almeno un mese e affetti da stenosi coronarica, o 300 mg di CoQ10 o un placebo per 12 settimane. I campioni di sangue sono stati prelevati all'inizio e alla fine del test clinico e sono stati analizzati per determinare le concentrazioni di CoQ10, vitamina E, alcuni marcatori di infiammazione (proteina C-reattiva, fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa) e interleuchina-6) e l'attività di enzimi antiossidanti come superossido dismutasi (SOD), catalasi e glutatione perossidasi. Nei soggetti che hanno ricevuto il CoQ10, i ricercatori hanno osservato una riduzione dell'interleuchina-6 e di TNF-alfa, il che indica una diminuzione dell'infiammazione; inoltre, rispetto al gruppo che ha ricevuto il placebo, hanno constatato un aumento significativo della concentrazione di SOD, catalasi, glutatione perossidasi e vitamina E. Gli autori hanno concluso che "durante il trattamento con statine, i pazienti affetti da patologie coronariche potrebbero trarre beneficio dall'uso di integratori di coenzima Q10 per aumentare la loro capacità antiossidante e antinfiammatoria".
Uno studio precedente aveva già dimostrato che, nei pazienti diabetici che assumono statine, l'assunzione di CoQ10 potrebbe migliorare la funzione endoteliale. In questo studio, della durata di 12 settimane, realizzato in doppio cieco su 23 pazienti affetti da diabete di tipo 2 e trattati con statine, l'assunzione giornaliera di 200 mg di CoQ10 aveva effettivamente migliorato la funzione endoteliale, limitando a livello vascolare gli effetti dannosi dovuti allo stress ossidativo. La diminuzione della concentrazione di CoQ10 nell'organismo, causata dall'assunzione di statine, rappresenta un problema poiché provoca una riduzione dell'energia cellulare e una diminuzione significativa della protezione antiossidante; ciò può portare a danni a carico di DNA, lipidi e proteine, accelerando inoltre il processo di invecchiamento e le malattie a esso associate. Pertanto un'integrazione di CoQ10 deve essere considerata, preferibilmente come ubiquinolo (la forma ridotta di CoQ10), poiché nel plasma oltre il 90% del CoQ10 è presente in questa forma ridotta. Inoltre, l'assunzione di ubiquinolo consente di aumentare direttamente le concentrazioni plasmatiche di CoQ10 nella sua forma ridotta. In effetti, l'ubiquinolo è già una forma ridotta, quindi l'organismo non ha bisogno di modificare questo nutriente. Nel momento in cui viene ingerito, l'ubiquinolo è pronto a entrare nel processo di respirazione cellulare e in quello di produzione di energia, a differenza del tradizionale CoQ10, sotto forma di ubichinone, che necessita di una riduzione enzimatica iniziale. Visto che le statine riducono le concentrazioni di CoQ10 nell'organismo e tenuto conto dell'importanza cruciale di questo enzima a livello cardiovascolare e non solo, ai pazienti che seguono trattamenti con statine viene fortemente consigliato di assumere integrazioni di ubiquinolo, in misura di almeno 100-200 mg al giorno.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16048353
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC55074/
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8463436
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23183519
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23287371
SILIBININA, COMPOSTO ATTIVO DEL CARDO MARIANO, UTILE NEL TRATTAMENTO DEL TUMORE DELLA GHIANDOLA PITUITARIA.
09-07-2015
La malattia di Cushing, da non confondere con la sindrome di Cushing, è causata da un tumore della ghiandola pituitaria nel cervello. Il tumore causa l’aumento di secrezione dell’ormone adrenocorticotropo, seguito dal rilascio di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali che porta ad un rapido aumento di peso, aumento della pressione sanguigna e debolezza muscolare. I pazienti sono inclini a osteoporosi, infezioni e possono mostrare disfunzione cognitiva e depressione. Nell’80-85% dei casi, il tumore può essere rimosso chirurgicamente. Per i casi inoperabili vi è attualmente una sola terapia mirata che causa purtroppo effetti collaterali gravi come iperglicemia, in più del 20% dei pazienti.
Lo scienziato Günter Stalla, endocrinologo presso il the Max Planck Institute of Psychiatry a Monaco, ha scoperto in colture cellulari, modelli animali e tessuto tumorale umano che un estratto vegetale può essere utilizzato per trattare con successo la malattia di Cushing. ”L’estratto vegetale utilizzato si chiama silibinina ed è il principale componente attivo dei semi di cardo mariano. Ha un profilo di sicurezza eccellente negli esseri umani ed è già utilizzato per il trattamento di malattie del fegato ed in caso di avvelenamento”, spiega Paez-Pereda, leader dello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine. ”Dopo il trattamento con silibinina, le cellule tumorali hanno ripreso la normale produzione di ACTH, la crescita del tumore è rallentata e i sintomi della malattia di Cushing sono scomparsi nei topi”, ha aggiunto il ricercatore. Nel 2013 gli scienziati del Max Planck hanno depositato un brevetto per una vasta gamma di composti chimici e naturali, tra cui silibinina, per il trattamento di tumori ipofisari.
La malattia di Cushing è una malattia rara. Secondo le stime solo il 5,5% di persone su 100.000, sviluppa la condizione, mentre è molto diffusa tra gli animali domestici: il 4% dei cani e addirittura il 7% dei cavalli, soffre di malattia di Cushing. I ricercatori ora intendono testare una formulazione speciale con una sostanza pura e a lento rilascio di silibinina, negli studi clinici. ”Sapevamo che la malattia di Cushing è causata dall’eccessiva produzione di ACTH. Così ci siamo chiesti che cosa provoca questa eccessiva produzione e come fermarla. Nei primi esperimenti abbiamo trovato un’eccessiva quantità della proteina heat shock 90 (HSP90), nel tessuto tumorale di pazienti con malattia di Cushing. In quantità normali, HSP90 aiuta a ripiegare correttamente un’altra proteina, il recettore dei glucocorticoidi che a sua volta inibisce la produzione di ACTH. Quando ci sono troppe molecole HSP90 nel tessuto tumorale, esse si attaccano al recettore dei glucocorticoidi che non riesce più a controllare la produzione di ACTH. Abbiamo scoperto che la silibinina si lega ad HSP90 permettendo al recettore dei glucocorticoidi di separarsi da HSP90 e tornare alla normale attività di controllo della produzione di ACTH. Con silibinina abbiamo scoperto una strategia non invasiva per il trattamento non solo della malattia di Cushing, ma anche per altre condizioni collegate al recettore dei glucocorticoidi come il tumore del polmone, leucemia linfoblastica acuta o mieloma multiplo”, ha concluso Pereda.
http://www.nature.com/nm/journal/vaop/ncurrent/full/nm.3776.html
AMINOACIDO ISTIDINA: UTILE NELLA TERAPIA DELL'ARTRITE.
29-08-2016
La L-istidina è uno degli aminoacidi meno conosciuti e poche sono le proprietà che le sono attribuite. Studiando l'artrite reumatoide, un ricercatore rilevò livelli abnormemente bassi di istidina nel sangue degli individui colpiti da questo disturbo. Somministrando fino a 6 grammi al giorno di istidina, ottenne buoni risultati in molti di essi (per alcuni fu sufficiente 1 solo grammo al giorno). Nel corso di un esperimento successivo furono ottenuti risultati meno evidenti, ma tali comunque da giustificare ulteriori approfondimenti. Dagli studi più recenti risulta, inoltre, che l'istidina sarebbe in grado di stimolare l'attività dei leucociti noti, per la loro particolare funzione, come cellule T killer. Si tratta di un dato interessante, soprattutto se si tiene presente che questo aminoacido è risultato almeno in parte efficace contro l'artrite reumatoide, una delle molte malattie autoimmunitarie caratterizzate da un'anomala attività dei leucociti T killer.
SUCCO DI LIMONE CONTRO I CALCOLI E LE COLICHE.
08-05-2018
Per quel 18% di italiani che soffre di calcoli renali e coliche un rimedio semplice e soprattutto naturale: mezzo bicchiere di succo di limone al giorno. Lo suggerisce una ricerca clinica dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Bergamo condotta con il sostegno del Consorzio di Tutela del Limone di Siracusa Igp. «Le coliche si possono prevenire bevendo mezzo bicchiere di succo di limone al giorno. Meglio dei farmaci perché non ha controindicazioni». Medici, ricercatori e agricoltori sono stati coinvolti su questo tema dal 2008 per dimostrare le proprietà dell’agrume mediterraneo nella prevenzione e cura di questo disturbo, in alternativa ai farmaci, eliminando gli effetti collaterali che un terzo degli interessati lamenta. Gli agricoltori italiani possono esultare visto che la superficie coltivata è quasi di 13.000 ettari e sono ben 6 i prodotti tutelati dal marchio di Indicazione Geografica Protetta (IGP).
Era cosa nota nel 1500 che il succo dei limoni immaturi aiutasse ad eliminare i calcoli, così come la limonata, aggiunta a una corretta dieta alimentare, è utile nella prevenzione della calcolosi urinaria. Sappiamo che agrumi e dieta specifica sono di beneficio, ma la novità è la dimostrazione delle proprietà benefiche del limone. Infatti il contenuto di citrato nel limone è di 42,9 grammi per chilo, 5 volte superiore a quello contenuto nell'arancia. Basta quindi una spremuta di due o tre limoni per avere lo stesso apporto di una medicina a base di citrato di potassio. Secondo Giuseppe Remuzzi dell'Istituto Mario Negri: «Siamo di fronte a una notizia molto interessante considerando che la calcolosi renale è molto diffusa nel nostro paese, con milioni di persone affette da questa patologia. Si tratta di un disturbo ad altissimo coefficiente di ricadute: i calcoli si riformano in un paziente su tre in un arco temporale che va dai due ai cinque anni. Questo impone ai pazienti un continuo monitoraggio della situazione e, soprattutto, una particolare attenzione alla dieta».
TROPPA PULIZIA CAUSA DI ALLERGIE NEI NOSTRI BAMBINI.
02-05-2018
Laviamo troppo i nostri bambini, laviamo troppo spesso il posto dove soggiornano, siamo tempestati di messaggi pubblicitari che ci invogliano ad usare questo o quel detersivo, per la pulizia di qualsiasi superficie, soprattutto per la tutela della salute dei più piccoli. Eppure “il troppo stroppia” e le allergie al polline aumentano nei bambini delle nostre città, più che nelle campagne italiane. Secondo la Siaaic (Societa' italiana di Allergologia, asma e immunologia clinica) è colpa di un mix di alcuni fattori tra i quali lo smog (che trattiene il polline nell'aria) e l'eccesso di pulizia degli ambienti. “L’allergia - fanno sapere gli esperti - e’ una malattia del sistema immunitario caratterizzata da reazioni eccessive portate da particolari anticorpi nei confronti di sostanze abitualmente innocue come ad esempio i pollini. Il sistema immunitario, non incontrando germi da combattere, reagisce in maniera eccessiva al polline, ‘sballa’, perchè non abituato. Un ambiente eccessivamente pulito, quindi, non è salutare per il sistema immunitario“. Fra le varie osservazioni che avallano l’ipotesi, si è rilevato che “nei bambini che vivono in ambiente rurale o che hanno un gatto in casa (dimostrato nei primi due anni di vita) - proseguono dalla Siaaic - la probabilità di allergia si riduce in modo significativo. Curiamo la pulizia, allora, ma non in maniera maniacale. Lasciamo che i nostri bambini giochino per terra e spesso all'aria aperta. Così - concludono - godranno in salute sia da piccoli sia da grandi“.
IL COENZIMA Q10 CALMA L’EMICRANIA.
01-05-2018
Si tratta di una problematica importante che, secondo i più recenti dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, colpisce circa il 14% della popolazione mondiale. La ricerca non smette di verificare l’efficacia di sempre nuovi rimedi, dal momento che le cure farmacologiche ad oggi disponibili provocano effetti collaterali ad esse collegate.
Negli anni, il coenzima Q10 ha mostrato una buona efficacia come agente antinfiammatorio nell’ambito di diversi disturbi. Con questo studio gli Autori hanno voluto valutare l’impatto dell’integrazione di coenzima Q10 sull’infiammazione e sulle caratteristiche cliniche dell’emicrania. Dopo una fase di inserimento di un mese, 45 donne tra i 18 e i 50 (non in menopausa) hanno ricevuto 400 mg/die di coenzima Q10 o un placebo per tre mesi. A tutte era stata diagnosticata emicrania episodica, secondo quanto riporta la International Headache Society. Nelle conclusioni viene evidenziato un importante miglioramento nel gruppo coenzima Q10 rispetto al placebo quanto a frequenza, gravità e durata degli attacchi di emicrania.
I PROBIOTICI FANNO BENE AL FEGATO.
01-05-2018
Un nuovo studio suggerisce che i probiotici possono migliorare non solo la salute del nostro intestino, ma anche la salute del fegato. “I probiotici sono stati studiati più intensamente nel contesto del tratto gastrointestinale”, ha detto Bejan Saeedi, un dottorando presso l’Emory University che ha condotto la ricerca. “Questo studio dimostra che gli effetti dei probiotici si estendono oltre il tratto gastrointestinale e ciò che rende questo studio unico è che suggerisce un meccanismo molecolare discreto mediante il quale questi effetti vengono stimolati”. Saeedi presenterà la ricerca alla riunione annuale dell’American Society for Investigative Pathology durante la riunione del 2018 Experimental Biology che si terrà a San Diego.
Le vaste popolazioni di microbi che risiedono all’interno del nostro corpo hanno dimostrato di svolgere un ruolo in numerose funzioni che mantengono il nostro corpo sano. I probiotici sono batteri che vengono consumati o somministrati nel tentativo di aumentare la popolazione di questi microbi benefici. Saeedi ed i suoi colleghi hanno focalizzato il loro studio sul probiotico Lactobacillus rhamnosus GG (noto come LGG), una specie comune in molte formulazioni probiotiche da banco. Hanno somministrato ai topi cibi con LGG per due settimane e poi hanno esaminato come hanno risposto ad una dose elevata di paracetamolo (il principio attivo di Tylenol®).
Assumere troppo acetaminofene può causare gravi danni al fegato e persino la morte aumentando l’abbondanza di una forma di ossigeno chiamata radicali liberi, un processo noto come stress ossidativo. Tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che i topi che hanno ricevuto il trattamento probiotico hanno sofferto meno danni al fegato quando sono stati sottoposti a un sovradosaggio di paracetamolo, rispetto ai topi che non hanno ricevuto i probiotici. “La somministrazione del probiotico LGG ai topi ha migliorato la risposta antiossidante del fegato, proteggendolo dal danno ossidativo prodotto da farmaci come il paracetamolo”, ha spiegato Saeedi.
Il fegato è un centro per la rimozione delle tossine dal sangue e svolge un ruolo importante nei processi corporei per convertire il cibo in energia. Poiché è “a valle” del tratto gastrointestinale nel processo digestivo, ha senso che la composizione dei batteri nell’intestino possa influire sul funzionamento del fegato. La precedente ricerca dei colleghi di Saeedi ha tracciato il processo molecolare mediante il quale LGG sembra proteggere il fegato dalle lesioni ossidative. Quella ricerca indica il ruolo di una proteina chiamata Nrf2, che regola l’espressione dei geni coinvolti nella lotta contro i radicali liberi. Altri studi su topi hanno precedentemente dimostrato che LGG può proteggere da malattie epatiche alcoliche e da steatosi epatica non alcolica. Studi sui volontari umani saranno necessari per testare definitivamente i potenziali benefici clinici di LGG negli esseri umani.
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2018-04/eb2-get041218.php
ASSORBENTI INTERNI RISCHIO SHOCK TOSSICO: GAMBA AMPUTATA A MODELLA USA.
01-05-2018
Di marche e tipologie diverse, gli assorbenti interni sono tra gli acquisti più diffusi tra le donne, ma siamo certi che siano veramente così sicuri? Secondo una recente ricerca condotta dall’Università Claude Bernard di Lione in Francia, i tamponi mestruali potrebbero trasformarsi nel peggiore nemico delle donne, arrivando anche a causare uno shock tossico. I ricercatori hanno esaminato 15 tamponi attualmente in commercio e coppette mestruali. Ecco cos’hanno scoperto.
L’INSIDIA NASCOSTA NEGLI ASSORBENTI INTERNI
Febbre alta, vomito, diarrea, stato confusionale ed eruzione cutanea. Sono questi i sintomi da shock tossico che possono derivare dall’uso degli assorbenti interni. Una condizione rara, ma non impossibile, che ha portato ad esempio all’amputazione di un arto della modella californiana Lauren Wasser. Il rischio maggiore lo corrono le donne con un’infezione intima da Staphylococcus aureus, che produce tossina-1 della sindrome da shock tossico (TSST-1) e di cui le mestruazioni possono aumentare la crescita.
SHOCK TOSSICO E TAMPONI: I RISULTATI DELLO STUDIO
Nello studio, Gerard Lina dell’Università Claude Bernard e i suoi colleghi hanno esaminato il ruolo di tamponi e coppette mestruali sulla crescita di S. aureus e sulla produzione della tossina incriminata. Nel loro laboratorio, gli scienziati hanno cercato di riprodurre le condizioni interne della vagina, durante l’uso di questi dispositivi. I risultati hanno confermato i timori: tamponi e coppette favoriscono la proliferazione dello Staphylococcus aureus, anche se non è stato possibile stabilire la differenza tra le varie marche di assorbenti interni.
«I nostri risultati non supportano l’ipotesi che suggerisce che tamponi composti esclusivamente da cotone organico potrebbero essere intrinsecamente più sicuri di quelli in cotone misto e rayon, o viscosa o ancora dei tamponi composti interamente di viscosa», spiega Lina. Ma le coppette mestruali non sarebbero meglio. Anzi. Sembrerebbe infatti che favoriscano una maggiore produzione di tossine rispetto ai tamponi vaginali.
Cosa fare allora per proteggersi? Gli esperti consigliano di prestare molta attenzione all’igiene intima, cambiando spesso gli assorbenti interni e di bollire le coppette tra un uso e un altro. Rossella Nappi, ginecologa dell’Ambulatorio di endocrinologia ginecologica e della menopausa del Policlinico San Matteo di Pavia, consiglia: «I rischi di andare incontro alla sindrome da shock tossico possono essere ridotti alternando l’uso dell’assorbente interno a quello esterno, lavando le mani prima di inserirlo o dopo averlo rimosso e cambiarlo ogni 4-6 ore, senza mai dimenticarlo in vagina».
IL CASO DELLA MODELLA LAUREN WASSER
«La sindrome da shock tossico è una malattia rara ma grave caratterizzata da febbre, pressione bassa, eruzione cutanea con successiva desquamazione e a una disfunzione multiorgano», sottolinea il report. La sua incidenza annuale media è di circa 0,7 casi per milione. Un’esperienza del genere, purtroppo, è stata vissuta dalla modella californiana Lauren Wasser. Laura ha solo 24 anni quando rischia di morire per uno shock tossico causato da un assorbente interno. La ragazza mette un tampone prima di uscire. Tornando a casa e sentendosi molto stanca, decide di mettersi a dormire, per poi svegliarsi con febbre altissima. Arriva in ospedale con uno shock settico in corso. Le sue condizioni sono così gravi che i medici sono costretti ad amputarle una gamba. Ma il suo calvario sembra non essere ancora terminato: «Il mio piede sinistro è un’ulcera aperta, non ha dita né tallone e mi causa dolori continui. Tra pochi mesi avrò inevitabilmente anche l’altra gamba amputata e non c’è niente che io possa fare», dichiara.
http://www.dailymail.co.uk/health/article-5276685/Model-loses-second-leg-toxic-shock-syndrome.html
DOLCIFICANTI ARTIFICIALI E BEVANDE A ZERO CALORIE PROVOCANO DIABETE E OBESITA’.
01-05-2018
Usati tantissimo in bevande dietetiche o a zero calorie e in altri prodotti come additivi alimentari, i dolcificanti artificiali continuano a finire sul banco degli imputati. Se lo zucchero consumato in grandi quantità aumenta il rischio di una serie di problemi di salute, i dolcificanti artificiali possono avere conseguenze simili, ma attraverso percorsi biochimici completamente diversi. È questa la conclusione cui giunge un nuovo studio della Wisconsin and Marquette University, che esamina i cambiamenti biochimici nel corpo dopo il consumo di zucchero o sostituti dello zucchero e gli effetti sulla salute vascolare. Quel che emerge è che sostituire lo zucchero raffinato con i dolcificanti artificiali non porta alcun beneficio alla salute, anzi, potrebbe essere rischioso. I dolcificanti artificiali non aiutano a dimagrire, così come aumentano il rischio di obesità e diabete.
Già accusati di essere più nocivi dello zucchero, insomma, e di aumentare il rischio di sviluppare diabete tipo 2, i dolcificanti artificiali ora risultano essere anche i principali responsabili dell’aumento dei casi di obesità. “Nonostante l’aggiunta di questi dolcificanti artificiali non calorici alle diete quotidiane, c’è stato un drastico aumento dell’obesità e del diabete”, spiega Brian Hoffmann, uno dei principali autori della ricerca. Quello condotto dai ricercatori è una delle esplorazioni più approfondite ad oggi dei cambiamenti biochimici prodotti da dolcificanti artificiali nel corpo. Per raggiungere questo livello di dettaglio, gli studiosi hanno usato una tecnica chiamata metabolomica imparziale ad alto rendimento, che si riferisce allo studio dei prodotti del metabolismo all’interno delle cellule. Concentrandosi su due zuccheri, glucosio e fruttosio, e sugli edulcoranti a zero calorie, come aspartame e acesulfame potassico, si è voluto capire come e in che misura lo zucchero e gli edulcoranti incidano sul rivestimento dei vasi sanguigni.
Ebbene, dagli esperimenti si è rivelato che sia lo zucchero che i dolcificanti artificiali compromettono il funzionamento dei vasi sanguigni. Ma questi problemi sono stati raggiunti in diversi modi: “Nei nostri studi, sia lo zucchero che i dolcificanti artificiali sembrano mostrare effetti negativi legati all'obesità e al diabete, anche se attraverso meccanismi molto diversi l'uno dall'altro”, spiegano gli autori, che concludono che i cambiamenti vascolari osservati “possono essere importanti durante l’esordio e la progressione del diabete e dell’obesità”. In buona sostanza, in quantità moderate il nostro corpo sarebbe in grado di gestire gli zuccheri, ma quando il sistema è sovraccaricato per un lungo periodo di tempo questo meccanismo si rompe e sostituire questi zuccheri con dolcificanti artificiali non calorici porta a cambiamenti negativi nel metabolismo dei lipidi e dell’energia.
Quindi zucchero o edulcoranti artificiali? Nessuno, perché entrambi hanno effetti negativi sulla salute, ma Hoffmann conclude: “Smettere di utilizzare dolcificanti artificiali non è la semplice chiave per risolvere le conseguenze sulla salute legate ad obesità e diabete. Se si consumano queste sostanze estranee in maniera cronica il rischio di effetti negativi aumenta. Come per altri componenti alimentari, la moderazione è la chiave se è difficile eliminare completamente qualcosa dalla nostra alimentazione”.