Angelo Ortisi

Angelo Ortisi

Sabato, 25 Luglio 2020 11:51

I BENEFICI DELL’OLIVELLO SPINOSO.

25-07-2020
 
L’olivello spinoso è un arbusto del genere Hippophae rhamnoides. Le sue bacche di colore giallo-arancio durano tutto l’inverno. Con un processo di estrazione supercritico con CO2, non aggressivo, si ottiene un estratto ricco di acidi grassi Omega-3 (acido alfa- linolenico), Omega-6 (acido linoleico), Omega-9 (acido oleico) e in particolare Omega-7 (acido palmitoleico), che è molto più raro e di cui l’olivello spinoso è la fonte vegetale più ricca. L’estratto offre anche diverse altre sostanze importanti: carotenoidi, tocoferoli e tocotrienoli, fitosteroli e molti flavonoidi e vitamina C.
L’olio dell’olivello spinoso, già noto alla medicina cinese e tibetana per le sue proprietà digestive e rilassanti e urogenitali, è particolarmente ricco di acidi palmitoleico e cis-vaccinico, della classe degli Omega-7. Gli scienziati stimano che alcuni tessuti, quali la pelle o le mucose membranose, che rivestono il sistema digerente ed urogenitale, hanno un’affinità massima per la classe degli acidi Omega-7, che non è più presente o quasi nella dieta moderna. Gli effetti benefici di questi acidi grassi sulla pelle e sulle mucose sono stati convalidati da studi clinici, soprattutto finlandesi. Gli Omega-7 inibiscono l’invecchiamento cutaneo idratando la pelle, migliorandone la morbidezza e l’elasticità e riducendo il numero e la profondità delle rughe.
Gli estratti di olivello spinoso sono utilizzati anche:
 
- per alleviare la secchezza oculare, soprattutto nei portatori di lenti a contatto;
 
- nel trattamento di disturbi della pelle e digestivi;
 
- per alleviare la secchezza vaginale che colpisce una donna su sei durante e dopo la menopausa;
 
- nel trattamento delle micosi vaginali, delle ustioni, delle ulcere cutanee o delle ulcere gastriche (studi su animali);
 
- per alleviare il dolore e accelerare la cicatrizzazione;
 
- per le proprietà cardiovascolari preventive.
 
L’estratto di olivello spinoso è un aiuto prezioso e poco costoso per affrontare la carenza di acidi grassi essenziali Omega-7 nella dieta, ma è anche un ingrediente nutricosmetico molto apprezzato per le sue proprietà rigenerative in tutti i fenomeni più importanti relativi alla cicatrizzazione.
Mercoledì, 22 Luglio 2020 11:22

LIQUIRIZIA EFFICACE CONTRO IL CORONAVIRUS.

22-07-2020
 
Nuova scoperta in ambito Covid-19, con un interessante studio che accerta l’efficacia della liquirizia contro il Coronavirus. Un team di ricercatori ha recentemente svolto una ricerca su questo tema presso l’Università Federico II di Napoli. Sarebbe tutto merito della glicirrizina, la principale componente della liquirizia. Questa sostanza, infatti, riuscirebbe a rendere molto più difficile l’ingresso del virus all’interno delle nostre cellule e in alcuni casi addirittura a bloccarlo. Un’efficacia, dunque, da non sottovalutare. Stando alle parole di Desiderio Passali, il Past President dell’Italian Society of Rhinology, questa sostanza è in grado di legarsi sia al ricettore Ace delle cellule umane, sia alla proteina Spike del Covid. Queste due componenti possono essere un pò considerate come la chiave e la serratura per l’ingresso del Coronavirus nel nostro organismo. Agendo su queste due componenti, dunque, la glicirrizina riuscirebbe ad ostacolare una loro interazione, evitando così che il virus entri nel nostro organismo. La glicirrizina è da sempre considerata una molecola dal grande potenziale farmacologico per le caratteristiche peculiari che la contraddistinguono in quanto, nonostante il basso profilo tossicologico, possiede spiccate proprietà antinfiammatorie e antivirali, queste ultime in particolare rispetto alla famiglia dei Coronavirus Sars. Con queste parole, Passali ha spiegato l’efficacia della liquirizia contro il Coronavirus. Insomma, finalmente un’altra bella novità in questa lotta che da ormai molti mesi a questa parte ci tiene con il fiato sospeso.
 
 
 
22-07-2020
 
In uno studio condotto sui topi e pubblicato sulla rivista Nutrients, i ricercatori hanno scoperto che una dieta ricca di lamponi neri riduceva l’infiammazione dovuta all’ipersensibilità da contatto, una condizione che causa arrossamento e infiammazione della pelle. “Molte volte, i trattamenti vengono applicati direttamente sulla pelle – cose come gli steroidi”, ha dichiarato Steve Oghumu, autore senior del documento e assistente Professore di patologia presso la Ohio State University. “Ed è interessante che il semplice consumo di un frutto potesse ottenere gli stessi effetti”. I ricercatori hanno alimentato un gruppo di topi con una dieta che includeva lamponi neri, con una dose equivalenti a una singola porzione al giorno per gli umani. Il gruppo di controllo, invece, era composto da topi nutriti con la stessa dieta, ma senza lamponi neri. Tre settimane dopo l’inizio delle diete, i ricercatori hanno esposto le orecchie di ogni topo a sostanze irritanti che causavano ipersensibilità al contatto. Quindi, hanno misurato le riduzioni del gonfiore, confrontando le orecchie di ciascun topo. Hanno scoperto che nei topi alimentati con una dieta che includeva lamponi neri, il gonfiore diminuiva rispetto ai topi che non mangiavano lamponi neri. I ricercatori hanno scoperto che i lamponi neri sembrano modulare le cellule dendritiche che agiscono come messaggeri per il sistema immunitario del corpo, dicendo al sistema immunitario di entrare o meno in azione, essenzialmente se creare infiammazione o meno.
“Il sistema immunitario è molto complesso, ma una volta che inizi a identificare le cellule uniche che sono colpite dalle bacche, puoi vedere come le bacche inibiscono l’infiammazione”, ha detto Oghumu. “Molti dei cattivi effetti che vediamo non sono sempre dovuti ai patogeni o agli allergeni stessi, ma sono dovuti al modo in cui il nostro corpo risponde a questi fattori scatenanti”. Nel caso dell’ipersensibilità da contatto, ad esempio, la pelle di una persona incontra un allergene e il corpo risponde inondando l’area con cellule che causano infiammazione e prurito. “E quindi un modo per gestire questo tipo di malattie è controllare quella risposta e questa è una delle cose che i lamponi neri sembrano essere in grado di fare”, ha detto il ricercatore. Oghumu e colleghi del suo laboratorio studiano da anni gli effetti dei lamponi neri sull’infiammazione. Una dieta ricca di lamponi neri ha mostrato risultati promettenti anche nel ridurre l’infiammazione associata ad alcuni tipi di cancro e Oghumu e il suo team stanno indagando se i lamponi neri possono anche aiutare a ridurre l’infiammazione in altre condizioni. “Questo studio è un’indicazione precoce che tali benefici potrebbero esistere”, ha detto Oghumu, che ha osservato che occorre lavorare di più per determinare quali proprietà specifiche dei lamponi neri portano a una diminuzione dell’infiammazione.
22-07-2020
 
L’olio di cocco è ricco di grassi saturi e può quindi aumentare le concentrazioni sieriche di colesterolo, ma sono stati anche suggeriti effetti benefici su altri fattori di rischio cardiovascolare. Pertanto, i ricercatori dell’American Heart Association Heart Failure and Transplantation Committee of the Council on Clinical Cardiology hanno condotto una revisione sistematica dell’effetto del consumo di olio di cocco sui lipidi nel sangue e altri fattori di rischio cardiovascolare rispetto ad altri oli da cucina, utilizzando i dati degli studi clinici. I ricercatori hanno analizzato i dati da fonti come PubMed, SCOPUS, Cochrane Registry e Web of Science fino a giugno 2019. Hanno selezionato prove che hanno confrontato gli effetti del consumo di olio di cocco con altri grassi che sono durate almeno 2 settimane. Due revisori hanno vagliato in modo indipendente articoli, estratto i dati e valutato la qualità dello studio in base alle linee guida PRISMA (Articoli di segnalazione preferiti per revisioni sistematiche e meta-analisi). I risultati principali includevano colesterolo lipoproteico a bassa densità (colesterolo LDL), colesterolo lipoproteico ad alta densità (colesterolo HDL), colesterolo totale, trigliceridi, misure di grasso corporeo, marker di infiammazione e glicemia. I dati sono stati riuniti utilizzando la meta-analisi di effetti casuali.
16 articoli sono stati inclusi nella meta-analisi. I risultati erano disponibili da tutti gli studi sui lipidi nel sangue, 8 studi sul peso corporeo, 5 studi sulla percentuale di grasso corporeo, 4 studi sulla circonferenza della vita, 4 studi sulla glicemia a digiuno e 5 studi sulle proteine C-reattive. Il consumo di olio di cocco ha aumentato significativamente il colesterolo LDL di 10,47 mg/dl e il colesterolo HDL di 4,00 mg/dl rispetto agli oli vegetali non tropicali. Questi effetti sono rimasti significativi dopo aver escluso studi non randomizzati o studi di scarsa qualità. Il consumo di olio di cocco non ha influenzato in modo significativo i marcatori di glicemia, infiammazione e adiposità rispetto agli oli vegetali non tropicali. In conclusione, il consumo di olio di cocco determina un colesterolo LDL significativamente più elevato rispetto agli oli vegetali non tropicali. Questo dovrebbe informare le scelte sul consumo di olio di cocco.
 
 
22-07-2020
 
Il consumo di zucchero è collegato a maggiori depositi di grasso attorno al cuore e nell’addome, che sono rischiosi per la salute. Questo è il risultato di uno studio pubblicato sull’European Journal of Preventive Cardiology. “Quando consumiamo troppo zucchero, l’eccesso viene convertito in grasso e immagazzinato”, ha detto l’autore dello studio, So Yun Yi, dottoranda presso la School of Public Health dell’Università del Minnesota. “Questo tessuto adiposo situato intorno al cuore e nell’addome rilascia sostanze chimiche nel corpo che possono essere dannose per la salute. I nostri risultati supportano la limitazione dell’assunzione di zuccheri aggiunti”, ha spiegato la ricercatrice. Il consumo eccessivo di zucchero è un problema mondiale. I sei paesi con le più alte vendite di bevande zuccherate pro capite sono Cile, Messico, Argentina, Perù, Stati Uniti e Arabia Saudita. La domanda di zucchero è aumentata anche in Asia, Africa e Russia. Questo studio osservazionale ha esaminato sia le bevande zuccherate con zucchero (come bibite analcoliche, bevande alla frutta, bevande energetiche) sia lo zucchero aggiunto agli alimenti e alle bevande (ad esempio durante la cottura o negli alimenti trasformati). I ricercatori hanno analizzato l’associazione tra consumo di zucchero a lungo termine e depositi di grasso nel cuore e in altri organi. I dati sono stati ottenuti dal Coronary Artery Risk Development in Young Adults (CARDIA), uno studio di coorte in corso negli Stati Uniti che comprende centri in Alabama, California, Illinois e Minnesota. In questo studio sono stati inclusi in totale 3.070 partecipanti sani di età compresa tra 18 e 30 anni.
L’assunzione di alimenti e bevande è stata misurata tre volte in un periodo di 20 anni (1985-2005). Dopo 25 anni (nel 2010) sono state eseguite scansioni di tomografia computerizzata (TC) del torace e dell’addome per misurare i volumi di grasso nell’addome e intorno al cuore. I ricercatori hanno scoperto che l’assunzione di zucchero nel corso dei 20 anni era correlata a maggiori volumi di grassi più avanti nella vita. Assunzioni più elevate di bevande zuccherate e zuccheri aggiunti erano correlate a maggiori depositi di grasso attorno agli organi in modo graduale. “I nostri risultati forniscono ulteriori prove del fatto che il consumo eccessivo di zuccheri e bevande zuccherate è correlato a una maggiore quantità di tessuto adiposo. E sappiamo che i depositi di grasso sono associati a maggiori rischi di malattie cardiache e diabete”, dice il Dr. Lyn Steffen, autore dello studio, della School of Public Health dell’Università del Minnesota. Steffen ha consigliato di ridurre la quantità di zucchero aggiunto consumato ogni giorno. “Bevi acqua invece di bevande zuccherate e scegli spuntini più sani rispetto a cibi ricchi di zuccheri aggiunti come le torte. Leggi le etichette degli alimenti per verificare la quantità di zucchero aggiunto in ciò che stai acquistando. Essere più consapevoli dello zucchero nascosto ti aiuterà a ridurre l’assunzione di zucchero”. Il Dr. Steffen conclude: “Oltre ai nostri sforzi individuali, i governi, i produttori di alimenti, i ristoranti, le scuole e i luoghi di lavoro hanno un ruolo da svolgere nel sensibilizzare i consumatori sul contenuto di zucchero negli alimenti e nelle bevande e nell’offrire alternative più salutari”.
22-07-2020
 
L’esercizio fisico è estremamente salutare per il corpo e la mente. Tuttavia, un intenso esercizio fisico può causare alcuni dolori e, talvolta, persino lesioni. I corridori, ad esempio, usano spesso antinfiammatori non steroidei (FANS) per alleviare dolori o le lesioni post-allenamento, ma gli scienziati della Queen Mary’s University di Londra e dell’Università di Birmingham affermano che questa potrebbe essere una pessima idea. L’ibuprofene e altri antinfiammatori da banco sono comunemente usati dai corridori. Questi farmaci alleviano i dolori e in qualche modo aiutano il recupero. Tuttavia, gli scienziati del Regno Unito affermano che questi comuni antinfiammatori possono bloccare le prostaglandine protettive nello stomaco e le prostaglandine che aiutano a mantenere la funzione renale. In altre parole, questi farmaci possono causare più danni che benefici nonostante siano facilmente reperibili in farmacia.
I ricercatori hanno intervistato 806 persone con un’età media di 48 anni. Sono state invitate a rispondere ad alcune domande relative alle lesioni sportive e al loro uso di antinfiammatori. I ricercatori hanno scoperto che l’88% dei partecipanti aveva usato i FANS negli ultimi 12 mesi. La maggioranza assoluta dei corridori ha scelto l’ibuprofene come farmaco principale in queste situazioni. In effetti, i corridori spesso assumono FANS prima o dopo la corsa – l’11% di loro ha ammesso di aver preso FANS durante la gara o l’esercizio fisico. Le donne avevano maggiori probabilità di usare i FANS dopo la corsa rispetto agli uomini. Ma perché usare gli antinfiammatori per alleviare il dolore dopo l’attività fisica è una cattiva idea? Bene, un terzo dei partecipanti sa esattamente perché questa è una cattiva idea: hanno avuto effetti collaterali come disagio gastrointestinale, bruciore di stomaco, nausea e vomito, diarrea e sanguinamento gastrointestinale. Ci sono anche altri problemi – i FANS possono aumentare il rischio di iponatriemia – la riduzione del sodio causata dal sovraccarico idrico durante le gare di endurance, che potrebbe essere fatale. I FANS possono anche rallentare la guarigione e causare problemi ai reni.
Il Dr. Anthony Cox, co-autore dello studio, ha dichiarato: “Questo elevato utilizzo di FANS, senza la piena conoscenza degli effetti avversi o delle precauzioni per l’uso, è preoccupante. Sebbene un uso prudente dei FANS possa svolgere un ruolo prezioso nel consentire alle persone di partecipare all’esercizio, raccomandiamo agli organizzatori di eventi di resistenza di prendere in considerazione la possibilità di fornire consigli basati sull’evidenza sull’uso dei FANS”. I fans sono farmaci che possono causare danni significativi se utilizzati in modo inappropriato. È sempre una buona idea consultare prima il medico.
 
 
22-07-2020
 
Se vi state allenando regolarmente per perdere peso ma non avete successo, il problema potrebbe essere (anche) un’eventuale carenza di vitamina D. Un livello sufficiente di vitamina D, di contro, renderebbe più semplice il processo di dimagrimento. Ma perché? Molti presumono che la vitamina D sia come qualsiasi altra vitamina normale, ma in realtà essa agisce più come un ormone, perché il nostro corpo lo produce miscelando altri prodotti chimici. È fondamentale per la regolazione e l’assunzione di calcio e giova al benessere di denti e ossa. Nello specifico, la vitamina D è formata da un gruppo vitaminico di 5 pro-ormoni inattivi (D1-D2-D3-D4-D5) che si attivano con la luce del sole. Ha effetto benefico sulla longevità ed è determinante per il corretto funzionamento del sistema cardiocircolatorio, proteggendo cuore e cervello, ed è utile per aumentare le difese del sistema immunitario abbassando il rischio di ammalarsi. Inoltre, previene patologie gravi come diversi tipi di tumori ed è essenziale per il sistema nervoso diminuendo ansia e depressione. Ecco perché la vitamina D non può mai essere “carente”.
Molti nutrizionisti, supportati da studi scientifici, evidenziano come la vitamina D abbia anche un alto potere dimagrante: il rapporto tra massa grassa e massa magra è bilanciato nei soggetti che hanno alte dosi di vitamina nel sangue. Questi soggetti risultano normopeso e non tendono ad ingrassare mentre chi è in sovrappeso e obeso ha nel sangue dei bassissimi valori di vitamina D. In buona sostanza, questa vitamina aiuta a perdere peso perché stimola la leptina, un particolare ormone che riduce la fame e aumenta il senso di sazietà. Inoltre, riduce la formazione di molecole proteiche come le citochine, responsabili della formazione del grasso soprattutto addominale. E non solo: un’altra ricerca pubblicata sul Nutrition Journal afferma che l’aumento dell’assunzione di vitamina D porta a una riduzione della percentuale di grasso corporeo. Ciò è dovuto principalmente al fatto che la vitamina D influenza la conservazione e la produzione di grassi nel corpo e ha un impatto su altri ormoni (come il testosterone) e neurotrasmettitori (come la serotonina) nel corpo. Mentre il testosterone è noto per ridurre il grasso corporeo e promuovere la perdita di peso aumentando il metabolismo e bloccando la formazione di nuove cellule adipose, la serotonina può ridurre l’appetito e l’apporto calorico facendo saziare più a lungo e regolando anche il ritmo del sonno. Molte altre possono essere le conseguenze di una carenza di vitamina D, che variano in base all’età e alle condizioni di salute. Tra queste:
 
• Rachitismo.
• Depressione.
• Alzheimer: uno studio mette in relazione la carenza di vitamina D all’aumento del rischio di ammalarsi di Alzheimer.
• Rischi per il cuore: un altro studio evidenzia che bassi livelli di vitamina D potrebbero essere dannosi per il cuore.
• Rischio sclerosi multipla per le donne.
• Malattie autoimmuni.
Domenica, 12 Luglio 2020 13:44

MALATTIE IMMUNITARIE TIPICHE DEL GRUPPO AB

Le persone di gruppo AB sono più predisposte a determinate malattie e disturbi cronici. Tuttavia per voi il quadro è un pò più complesso, dal momento che possedete entrambi gli antigeni A e B, che è un pò come mettere due nemici a condividere le funzioni di custode della casa. Questo aspetto vi rende più vulnerabili alle malattie immunitarie, sicchè diventa ancora più importante per voi osservare scrupolosamente l’alimentazione per il vostro gruppo sanguigno. Più volte ho verificato, per quanto riguarda le malattie croniche, che gli individui di gruppo AB sono più simili a quelli di gruppo A che a quelli di gruppo B. Ciò accade probabilmente a causa di un’estrema vulnerabilità che contraddistingue l’antigene A. Le persone di gruppo AB sembrano invece condividere solo in parte la predisposizione tipica del gruppo B per le infezioni batteriche e virali a lenta progressione. D’altro canto, il rischio di cancro sembra essere per le persone di gruppo AB un pò più marcato che per quelle di gruppo A. Nel complesso chi appartiene a questo gruppo sanguigno può assicurarsi un buono stato di salute semplicemente attenendosi al regime alimentare basato sul proprio gruppo sanguigno e alle linee guida indicate per il gruppo A. C’è tuttavia un’area che richiede particolare attenzione, ed è quella che concerne le difese immunitarie: è stato infatti dimostrato che i soggetti di gruppo AB sono particolarmente predisposti a cali, anche rilevanti, dell’attività delle cellule natural killer (NK). Pertanto vi consiglio alcune strategie che vi aiuteranno a difendervi efficacemente da questo pericolo. È stato dimostrato che cattive abitudini alimentari come saltare la colazione, nutrirsi in modo irregolare, consumare poche verdure o proteine non adatte, mangiare troppi prodotti a base di frumento e consumare grassi saturi, tendono a deprimere l’efficacia delle cellule NK.

  • Come regola generale, l’esposizione a sostanze chimiche tossiche e metalli pesanti provoca un calo dell’attività delle cellule NK. In alcuni soggetti tornano a livelli normali nel giro di qualche settimana o al massimo di qualche mese, ma in altri l’effetto può durare per molto tempo. Perciò è molto importante limitare il più possibile questo tipo di esposizioni.
  • L’attività delle cellule NK dipende anche dalla carenza di alcune sostanze nutritive. In particolare occorre assicurare all’organismo il giusto apporto di selenio, zinco, vitamina C, Coenzima Q10, beta-carotene, vitamina A, vitamina D e vitamina E.
  • L’uso regolare di L-arginina per tre giorni alla settimana (da 3 fino a 30 g al giorno) può essere utile, particolarmente alle donne che devono essere sottoposte a cicli di chemioterapia. I risultati di numerosi studi hanno indicato che con questa strategia è possibile mantenere invariato il numero di globuli bianchi del sangue nel corso del trattamento chemioterapico.
  • Ho notato che molte delle piante comunemente utilizzate per favorire la funzionalità del sistema immunitario, possono essere utili per stimolare l’attività delle cellule NK: ginseng, astragalo, liquirizia ed echinacea. Anche un fungo medicinale, il maitake, ha dimostrato la capacità di stimolare le cellule natural killer.

Le piante medicinali funzionano al meglio quando l’attività delle cellule NK non è del tutto compromessa; ma una volta che le malattie si sono cronicizzate, in piccole dosi non sono più in grado di dare risultati apprezzabili. Utilizzatele soprattutto in modo preventivo, come aiuto per reggere lo stress e mantenere in buona efficienza il sistema immunitario.

Domenica, 12 Luglio 2020 13:33

MALATTIE IMMUNITARIE TIPICHE DEL GRUPPO B

Il sistema immunitario è il vero tallone d’Achille per i soggetti di gruppo B. Mentre il vostro gruppo sanguigno sembra offrirvi qualche protezione contro il cancro, lo stesso non si può dire nei confronti delle infezioni batteriche, virali e a certe malattie autoimmuni.

Infezioni batteriche. Molte infezioni batteriche attaccano particolarmente i soggetti di gruppo B. Il motivo è evidente: le più comuni malattie infettive producono batteri affini all’antigene B e pertanto è impossibile generare anticorpi capaci di combatterne l’invasione.

Infezioni dei reni e delle vie urinarie.  Spesso le persone di gruppo B sono soggette all’invasione di batteri responsabili delle infezioni delle vie urinarie (UTI). La ragione è semplice: incapacità di prevenire l’aderenza di batteri indesiderati, presenza di un numero maggiore di siti a cui possono attaccarsi e tendenza ad incontrare difficoltà per liberarsi dalle colonizzazioni batteriche. È provato che il 55-60% di donne e bambini appartenenti al gruppo B sviluppano danni renali conseguenti a UTI, anche se trattati regolarmente con antibiotici. I ceppi batterici che possono provocare infezioni delle vie urinarie sono svariati.

I più comuni sono:

  • Klebsiella pneumoniae;
  • Specie Proteus;
  • Specie Pseudomonas.

Contro questi batteri esistono alcuni rimedi naturali:

  • I mirtilli hanno proprietà antiadesive e quindi impediscono ai batteri di aderire alle cellule della vescica e delle vie urinarie;
  • L’uva ursina è una pianta eccellente per combattere questo tipo di infezione;
  • Acqua e limone è un ottimo rimedio antibatterico;
  • L’ananas fresco, il kefir e lo yogurt magro disinfettano le vie urinarie.

Influenza. Fra tutti i gruppi sanguigni, quello B è il più vulnerabile ai più diffusi virus influenzali. Vi consiglio di assumere regolarmente durante la stagione fredda un estratto di bacche di sambuco (un cucchiaino tre o quattro volte al giorno). Il sambuco è utilizzato da secoli dagli erboristi e ha dimostrato di essere in grado di inibire la replicazione di tutti i ceppi dei bacilli influenzali. (Attenzione: quantitativi molto superiori al dosaggio consigliato possono provocare nausea.)

Escherichia coli. Molte delle forme di Escherichia coli più patogene, ad esempio quelle che provocano diarrea, sono immunologicamente affini all’antigene B, e ciò vi rende vulnerabili ai loro attacchi. Di conseguenza dovete puntare su misure preventive:

  • Non consumate mai cibi che contengono carni tritate crude o poco cotte.
  • Mani, attrezzi e tutte le superfici che sono venute in contatto con carni crude devono essere lavate con acqua calda e sapone prima di toccare alimenti già cotti o che verranno serviti crudi.
  • L’igiene è assolutamente necessaria per prevenire il contagio della malattia dalle persone infette. Lavatevi sempre le mani con acqua calda e sapone dopo la toilette o aver cambiato pannolini.
  • Se venite colpiti da un’infezione da Escherichia coli, combattete gli effetti disidratanti della diarrea bevendo moltissimi liquidi.

Infezioni da streptococchi. Queste malattie colpiscono con particolare frequenza le persone di gruppo B provocando una forte infiammazione alla gola o anche disturbi più gravi, come la sindrome da shock tossico e la polmonite. Una forma di infezione da streptococchi particolarmente pericolosa è quella che può colpire i neonati, provocando sepsi, polmonite e meningite. In alcuni casi possono sopravvenire complicazioni neurologiche, con perdita della vista e dell’udito e persino ritardo mentale. Conseguenze mortali sono state verificate per il 6% dei neonati e per il 16% degli adulti.   

Malattie virali e del sistema nervoso. Ho assistito personalmente a straordinari miglioramenti e attenuazioni dei sintomi di molti casi di fibromialgia semplicemente adottando l’alimentazione per il gruppo sanguigno. In testa alla lista dei cibi che notoriamente provocano infiammazione articolare ci sono sicuramente i cereali. Leggete cosa afferma un ricercatore a proposito delle lectine: “Spesso l’unica misura dietetica richiesta è evitarle, specialmente se la malattia è in fase iniziale”. Come già sappiamo, i cereali che consumiamo abitualmente contengono lectine e molte di esse aderiscono in modo selettivo agli zuccheri, in particolare alla N-acetilglucosammina (NAG), presenti in abbondanza nel tessuto connettivo. Presumo che gran parte dei miglioramenti registrati siano semplicemente ascrivibili all’esclusione degli alimenti a base di frumento, in particolare nel caso di persone di gruppo sanguigno B.

Misure preventive:

  • Seguite l’alimentazione per il gruppo il vostro gruppo sanguigno.
  • Mangiate le bacche di sambuco. D’Adamo, nei suoi esperimenti, ha verificato che queste bacche sono capaci di inibire tutti i ceppi influenzali esaminati. Alcuni ricercatori hanno registrato una maggiore capacità di riconoscere i bacilli influenzali, ossia di identificarli come nemici, in soggetti che avevano mangiato queste bacche. D’Adamo ha notato che i pazienti della sua clinica che assumono regolarmente una miscela concentrata di bacche di sambuco, mirtilli, ciliegie e mele sembrano avere più probabilità di superare indenni la stagione delle influenze. Non esagerate con il dosaggio. Per evitare l’influenza può bastare una dose moderata assunta regolarmente. La posologia prevede due cucchiai di succo di bacche di sambuco 2 o 3 volte al giorno per gli adulti e un cucchiaio 2 volte al giorno per i bambini.
  • Mangiate funghi medicinali orientali: i funghi maitake e reishi sono molto efficaci per rafforzare le difese organiche contro i virus.
  • Assumete vitamine del complesso B, in particolare riboflavina e tiamina, per migliorare la salute del sistema nervoso.
  • L’arginina (250 mg) aiuta a sostenere i livelli dell’ossido nitrico e aumenta l’efficacia dell’attività antivirale.
  • Assumete un integratore a base di astragalo. È una pianta medicinale dotata di straordinarie proprietà equilibranti per il sistema immunitario, dimostrando la capacità di potenziare l’attività delle cellule NK e di stimolare le difese antistress e antivirali.
  • La radice di liquirizia migliora la funzionalità antivirale del sistema immunitario.
  • Gli integratori probiotici potenziano un’ampia gamma di specifiche attività immunitarie antivirali.
  • La pectina, normalmente ricavata dalle mele, è ricca di polisaccaridi in grado di impedire l’adesione di virus e batteri.

Malattie autoimmuni. Alcune malattie autoimmuni colpiscono più frequentemente le donne, specialmente quelle in età lavorativa e negli anni della fertilità. Probabilmente gli stimoli ormonali svolgono un ruolo importante nello sviluppo di queste malattie. Le persone di gruppo B sono particolarmente sensibili alle affezioni autoimmuni, come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso e la sclerodermia. Oltre all’alimentazione, le seguenti integrazioni aiutano a rafforzare il sistema immunitario degli individui colpiti da queste patologie:

  • Magnesio (300-500 mg al giorno);
  • Estratto di radice di liquirizia, noto per le sue proprietà antivirali ed efficace per prevenire la sindrome da affaticamento cronico.

Sindrome da affaticamento cronico (CFS). Per combattere la CFS sono state individuate numerose strategie nutrizionali, molte delle quali ampiamente utilizzate anche dalla medicina più tradizionale. In oltre il 50% dei casi accertati sono stati riscontrati stress ossidativi e carenze di magnesio. Da un’analisi più dettagliata dei dati riportati in letteratura, si desume che anche altre deficienze nutrizionali possano marginalmente contribuire allo sviluppo di questa sindrome: varie vitamine del complesso B, vitamina C, sodio, zinco, triptofano, carnitina, coenzima Q10 e acidi grassi essenziali. Le persone affette da CFS possono denunciare carenze di questi nutrienti, a causa più del decorso della malattia che in seguito a un’alimentazione inadeguata. Se siete di gruppo B, vi consiglio le seguenti strategie:

  • Metilcobalammina, 500 microgrammi due volte al giorno. Ricordate che questa sostanza non è la vitamina B12, bensì la sua forma “attiva”.
  • Magnesio, 500 mg due volte al giorno.
  • Un buon integratore multivitaminico.
  • Acidi grassi essenziali. Consumate in abbondanza olio di semi di lino biologico per condire le vostre insalate. Anche poche capsule al giorno di olio di semi di ribes nero sono utili per un apporto più che sufficiente di acidi grassi essenziali.
  • Liquirizia. In alcuni soggetti può provocare qualche effetto collaterale, come la ritenzione idrica, e va quindi utilizzata sotto la guida di un erborista, naturopata o medico esperto. 
  • Sindrome X. L’equilibrio metabolico dei soggetti di gruppo B è fortemente influenzato dai peculiari effetti delle lectine contenute in certi alimenti, in particolare quelle presenti nel mais, nel grano saraceno, nelle arachidi e nei semi di sesamo, che possono indurre resistenza all’insulina, con conseguenze piuttosto serie, come aumento di peso, ritenzione di liquidi e ipoglicemia. Chi appartiene a questo gruppo e vuole dimagrire deve assolutamente tenersi lontano in primo luogo dal mais e dal frumento. Per certi aspetti le persone di gruppo B presentano una reazione al frumento abbastanza simile a quelle di gruppo 0, in quanto le lectine del grano esaltano gli effetti provocati da altri alimenti che tendono a rallentare il metabolismo. Quando il cibo non viene digerito in modo efficiente e bruciato come carburante, viene immagazzinato nel corpo sotto forma di grasso. È anche vero che per il gruppo B la lectina del frumento è meno aggressiva rispetto al gruppo 0, ma se il consumo di frumento si somma a quello di mais, grano saraceno e arachidi, il risultato finale sarà altrettanto negativo. Le persone di gruppo B che desiderano dimagrire dovrebbero assolutamente evitare il frumento integrale e i prodotti a base di segale. Ho notato più volte che eliminando gli alimenti che contengono lectine reattive, i pazienti di gruppo B riescono a tenere il peso sotto controllo senza grossi problemi: in generale non soffrono di disturbi a carico della tiroide, a differenza di quanto accade nei soggetti di gruppo 0. Le persone di gruppo B sono molto equilibrate anche dal punto di vista digestivo: tutto sommato, per perdere peso dovete solo impegnarvi a seguire fedelmente il programma alimentare studiato per voi. Quando non rispettate tali consigli diventate vulnerabili ai vari disturbi del metabolismo associati con la sindrome X, in particolare obesità, resistenza all’insulina e alti livelli di trigliceridi. In questi soggetti un classico indizio di resistenza all’insulina è la corporatura a forma di mela, caratterizzata cioè da un’ampia circonferenza all’altezza della vita. Il problema riguarda le cellule adipose dell’addome, che rilasciano il grasso nel sangue più facilmente di quelle localizzate in altre parti del corpo. Per esempio, gli individui con una corporatura a forma di pera, cioè con il grasso concentrato prevalentemente nelle anche e nelle natiche, corrono meno rischi. Questa maggiore facilità di rilascio dei grassi si riflette in livelli più elevati di trigliceridi e di acidi grassi ematici. A loro volta, gli acidi grassi liberi di circolare nel sangue inducono resistenza all’insulina e i trigliceridi alti di solito coincidono con bassi livelli di colesterolo HDL. È stato notato che l’eccessiva produzione di insulina che deriva da una crescita della resistenza si riflette in un incremento del colesterolo “molto cattivo”, o VLDL. Chi è di gruppo B riesce a perdere peso semplicemente seguendo l’alimentazione per il suo gruppo sanguigno, potenziata con alcuni accorgimenti specifici. Accostatevi al vostro programma alimentare come una strategia a lungo termine, senza avere fretta di raggiungere risultati in breve tempo.

Scoprite il vostro profilo metabolico. (Vedere il metabolismo dei gruppi sanguigni 0 e A).

Determinate la presenza di acqua extracellulare. (Vedere il metabolismo dei gruppi sanguigni 0 e A).

Misurate il rapporto tra anche e vita. (Vedere il metabolismo dei gruppi sanguigni 0 e A).

Eliminate gli alimenti più nocivi. Per accelerare la perdita di peso, apportate all’alimentazione i seguenti aggiustamenti:

  • Eliminate il mais e tutti i prodotti che lo contengono.
  • Eliminate tutti i cibi a base di frumento. Anche se per voi il glutine del grano non è così dannoso, per ottenere dei buoni risultati è necessario bandirlo dalla tavola.
  • Nelle persone di gruppo B le lectine di molti alimenti inibiscono l’assorbimento e compromettono l’efficienza del metabolismo. Ho notato che molti dei miei pazienti perdono chili senza troppa fatica una volta eliminati i seguenti cibi: mais, arachidi, semi di sesamo e grano saraceno (in alcuni casi anche il pollo e le lenticchie).
  • Consumate pesce più volte alla settimana.

Tenete d’occhio i sintomi di un metabolismo lento. State attenti ai segnali che avvertono che il vostro metabolismo non funzioni a dovere. I più frequenti sono:

  • Affaticabilità;
  • Pelle secca;
  • Mani e piedi freddi;
  • Perdita di interesse per il sesso;
  • Costipazione e ritenzione idrica;
  • Giramenti di testa.

Controllate lo stress. Lo stress può essere di ostacolo al dimagrimento, in quanto gli ormoni dello stress aumentano la resistenza all’insulina e alterano l’equilibrio ormonale. Inoltre catabolizzano (cioè bruciano) i tessuti muscolari in luogo di quelli adiposi.

Integrate l’alimentazione con i seguenti stimolatori del metabolismo:

Magnesio: 200-300 mg al giorno se siete in condizioni normali oppure 400-500 mg se siete molto stressati o affaticati.

Coenzima Q10: 60 mg due volte al giorno. Il coenzima Q10 è fondamentale per l’efficienza del metabolismo e la salute del cuore. Integrando l’alimentazione con questa sostanza si è osservato una riduzione della pressione sanguigna, dei livelli ematici del glucosio e dei trigliceridi, e un incremento del colesterolo HDL (quello buono).

L-carnitina: ne sono necessari da 1 a 2 g per trasferire i grassi nei mitocondri (le cellule che metabolizzano l’energia), dove possono essere utilizzati come carburante. Ci sono prove che la L-carnitina riduce anche la resistenza all’insulina.

Biotina: da 2 a 8 mg. È una vitamina necessaria per la metabolizzazione dei grassi. È provato che alle giuste dosi può abbassare i valori glicemici del sangue, aumentare la tolleranza allo zucchero e diminuire la resistenza all’insulina.

Cromo o lieviti ricchi di cromo: il cromo è un minerale che in quantità minime può aiutare a regolare i livelli della glicemia a digiuno. Alle giuste dosi migliora anche la sensibilità dei recettori dell’insulina.

Zinco: 25 mg al giorno. Lo zinco serve a migliorare la funzionalità dell’ormone della crescita e della tiroide, oltre a favorire una risposta equilibrata allo stress.

Acido lipoico: da 100 a 600 mg al giorno. Migliora la capacità di metabolizzare lo zucchero.

Vitamina B6: migliora il metabolismo delle proteine e aiuta a costruire la massa dei tessuti attivi.

Controllate le vostre abitudini. Il consumo di alcolici può aggravare la resistenza all’insulina contribuendo all’iperglicemia. Evitate il consumo di birra e vino. Non fumate. Se temete che smettendo potreste ingrassare, tenete conto che i fumatori incalliti sono più insulino-resistenti e iper-insulinemici di chi non ha questa abitudine.

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