Angelo Ortisi
ZENZERO: LA RADICE CHE FA MORIRE IL CANCRO.
21-06-2020
Lo zenzero è un alimento che porta molti benefici alla salute: aiuta a migliorare la digestione, previene il raffreddore, combatte il diabete, allevia la nausea ed è un ottimo rimedio per il mal di gola. Per di più alcune sostanze contenute in questa pianta, come il gingerolo, sono antiossidanti, antinfiammatorie e anticancro. Scrive Odile Fernández Martínez nel suo libro “La mia ricetta anticancro“: “Uno studio realizzato dall’Università del Michigan ha dimostrato che la polvere di zenzero, la stessa che si vende al supermercato, riesce a sopprimere le cellule aggressive del cancro all’ovaio. Inoltre lo studio ha dimostrato che lo zenzero è in grado di evitare che le cellule diventino resistenti alla chemioterapia, come avviene a molte donne con cancro all’ovaio che presentano resistenza all’apoptosi delle cellule”.
E ancora: “In studi condotti sulle cavie è stato dimostrato che mangiare tutti i giorni zenzero inibisce la crescita e la progressione del cancro alla prostata nel 56% dei casi. L’aspetto più importante è che lo zenzero non presenta alcun elemento di tossicità nei tessuti normali che si dividono rapidamente, come l’intestino e il midollo osseo, contrariamente agli effetti della chemio. Inoltre, l’infuso di zenzero è utile per la prevenzione di vomito e nausee da chemioterapia“.
La Martinez propone anche un infuso di zenzero: “Fai bollire 1 litro di acqua minerale o filtrata e aggiungi 1 fettina di zenzero di 5 centimetri, 1 stecca di cannella e la buccia di mela (meglio se rossa). Lascia sobbollire il tutto per 5 minuti e lascia altri 5 minuti in infusione. Consuma l’infuso durante la giornata, caldo o freddo.
NUOVA CONFERMA DA UNO STUDIO EUROPEO: LE PERSONE CON GRUPPO SANGUIGNO 0 SONO MENO A RISCHIO CORONAVIRUS.
21-06-2020
Gli scienziati di tutto il mondo si stanno interrogando su una possibile connessione tra il gruppo sanguigno e il rischio di essere contagiati dal coronavirus e riportare sintomi più o meno gravi. Un nuovo studio europeo sembra fornire un’ulteriore conferma di questo legame. Secondo la nuova ricerca condotta dagli scienziati del Centro medico universitario Schleswig-Holstein (UKSH) e dell’Università di Kiel, rispettivamente in Norvegia e in Germania, il gruppo sanguigno di una persona e altri fattori genetici potrebbero essere collegati sia alla possibilità di essere contagiati che alla gravità dell’infezione da coronavirus. I ricercatori europei hanno condotto uno dei più grandi studi sui geni più a rischio, alla ricerca di nuovi indizi sul perché il Covid-19 colpisca alcune persone molto più duramente di altre. E i risultati sembrano confermare quanto ipotizzato da altre due ricerche condotte in Cina e negli Stati Uniti, due dei paesi più colpiti dalla pandemia.
I risultati, pubblicati su The New England Journal of Medicine, suggeriscono che le persone con gruppo sanguigno di tipo A hanno un rischio maggiore di essere infettate dal coronavirus e di sviluppare sintomi più gravi. Al culmine dell’epidemia in Europa, i ricercatori hanno analizzato i geni di oltre 4.000 persone per cercare le variazioni comuni in coloro che sono stati colpite dal coronavirus e hanno sviluppato una grave forma di infezione. Si tratta del primo ampio studio su tutto il genoma a livello mondiale sui geni a rischio. Secondo la ricerca, le persone con gruppo sanguigno A hanno un rischio di circa il 50% di contrarre una forma più grave rispetto a quelle con altri gruppi sanguigni. Al contrario, le persone con gruppi sanguigni di tipo 0 erano quasi il 50% più protette. Per la ricerca guidata dal biologo molecolare Prof. Franke e dall’internista norvegese Prof. Dr. Tom Karlsen, i medici di diversi ospedali situati negli epicentri del coronavirus nel Nord Italia e in Spagna, hanno inviato campioni di sangue appartenenti a 1.980 pazienti in terapia intensiva che dovevano essere trattati con ossigeno o collegati a un ventilatore. Per il gruppo di controllo, sono stati esaminati i dati di 2.205 donne e uomini selezionati casualmente dalla popolazione di questi paesi. Oltre alla significativa anomalia nel locus del gruppo sanguigno AB0, il locus genico con cui viene determinato il singolo gruppo sanguigno, i ricercatori hanno trovato un effetto ancora maggiore per una variazione genetica sul cromosoma 3. Tra i pazienti italiani e spagnoli che erano stati gravemente colpiti dal Covid-19 al punto da essere aiutati con ossigeno e ventilatore, un numero particolarmente elevato di essi era portatore di questa caratteristica genetica.
“I risultati sono stati molto eccitanti e sorprendenti per noi”, ha detto il prof. Franke. In particolare, la regione sul cromosoma 3 non era stata precedentemente associata dagli scienziati al Covid-19. Con il cromosoma 3 e il locus del gruppo sanguigno AB0 descriviamo le cause reali di un grave decorso di Covid-19”, afferma il prof. Franke. “I nostri risultati quindi creano una base eccellente per lo sviluppo di sostanze attive in grado di colpire i geni candidati trovati. È stato dimostrato che uno studio clinico in cui viene testato un farmaco ha il doppio del successo se sono già disponibili prove genetiche per i bersagli. I risultati potrebbero anche contribuire a una migliore valutazione del rischio per un decorso grave di Covid-19”.
Lo studio ha quindi confermato due precedenti ricerche internazionali che avevano già descritto una possibile correlazione tra le caratteristiche dei gruppi sanguigni e la malattia usando il sangue di pazienti Covid-19. Le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori europei infatti hanno fornito nuove prove a quanto sostenuto da una ricerca preliminare condotta a Wuhan e Shenzhen secondo cui i pazienti con il gruppo sanguigno A avevano un più alto tasso di infezione e tendevano ad avere sintomi più importanti, mentre quelli con il tipo 0 “avevano un rischio significativamente più basso”. Allora, i ricercatori cinesi affermarono che si trattava di uno studio preliminare e che era necessario ulteriore lavoro per confermare la loro ipotesi. Anche un secondo studio, questa volta condotto negli Stati Uniti su 750mila persone, era arrivato alla medesima conclusione. I risultati preliminari della ricerca, condotta dalla società californiana 23andMe, hanno evidenziato che il gruppo sanguigno 0 sembra essere protettivo nei confronti del coronavirus rispetto a tutti gli altri gruppi sanguigni e le persone con questo gruppo sanguigno hanno tra il 9-18% in meno di probabilità di essere positivi per Covid-19 rispetto agli individui con altri gruppi sanguigni. È emerso anche che la percentuale più alta di persone positive al coronavirus apparteneva al gruppo sanguigno AB. Anche se non è ancora possibile affermare con certezza che il gruppo sanguigno sia responsabile di una maggiore o minore possibilità di contrarre la malattia e della gravità con cui essa può presentarsi, i nuovi risultati sembrano andare in questa direzione.
PERCHE’ GLI AMISH NON HANNO BAMBINI AUTISTICI?
21-06-2020
L’autismo è una patologia difficile da gestire, poiché è caratterizzato da uno sviluppo anomalo o alterato dell’interazione e comunicazione sociale e da una notevole limitazione delle attività e degli interessi. E mentre il consenso scientifico afferma che la prevalenza dell’autismo è rimasta generalmente la stessa per millenni, ora siamo arrivati ad una percentuale di un caso ogni 166 bambini nati negli Stati Uniti. Di conseguenza, con questa devastante statistica in mente, un giornalista ha pensato di analizzare la percentuale di autismo fra le Comunità Amish perché forse questa ricerca avrebbe potuto rivelare vari indizi eziologici dell’autismo. Essendo stati per centinaia di anni non a contatto con la cultura americana e col progresso scientifico, gli Amish avrebbero potuto avere meno contatti con qualche nuovo fattore in grado di stimolare lo sviluppo dell’autismo nel resto della popolazione. Questo fattore scoperto erano i VACCINI! Viaggiando nel cuore della comunità olandese della Pennsylvania alla ricerca di bambini Amish autistici, il giornalista, basandosi sulle statistiche nazionali, avrebbe dovuto trovare almeno 200 bambini autistici nella Comunità - al contrario, ne ha trovati soltanto tre, con un’età massima di 9-10 anni:
• Il primo bambino Amish autistico era una ragazza che era giunta in adozione dalla Cina (la Cina, l’India e l’Indonesia sono fra i paesi che si stanno attivando più in fretta per programmi di vaccinazione di massa).
• Il secondo bambino Amish autistico era stato sottoposto a vaccinazione sviluppando subito dopo autismo.
• Il giornalista non ha potuto stabilire lo stato di vaccinazioni del terzo bambino.
In alcuni vaccini, si utilizza un preservante a base di mercurio denominato thimerosal perché impedisce che le fiale con dosi multiple vengano contaminate dalle ripetute perforazioni dell’ago. Quando i funzionari sanitari si sono resi conto della quantità di mercurio che neonati e bambini erano costretti a subìre attraverso i vaccini, la tossina è stata eliminata dai vaccini negli Stati Uniti a cominciare dal 1999. Tuttavia, per problemi di errori nelle etichette e altri, il thimerosal è ancora presente nei vaccini e sempre più bambini stanno soffrendo a causa di ciò.
C’è ancora qualcuno che ha bisogno di ulteriori prove del nesso fra vaccini e autismo? Evidentemente, quanto descritto precedentemente non è una prova scientifica controllata in doppio cieco e con placebo ma un’analisi basata sull’evidenza dei fatti che, per quanto mi riguarda, fornisce un collegamento irrefutabile fra uno stile di vita e, ancor più probabile, un collegamento fra vaccini contenenti mercurio e autismo. Non è necessario essere medico, avere una specialità in epidemiologia o insegnare genetica molecolare per capire questo collegamento. Quanto ovvio deve essere di più? Il collegamento fra l’autismo e i vaccini non è certamente un’idea nuova. Infatti, l’informazione parla di questo da almeno 15 anni. Nel 2005 uno studio ha rivisto i dati dei Centers for Disease Control and Prevention’s (CDC) Vaccine Data Link, concludendo che i bambini che ricevono vaccinazioni contenenti thimerosal hanno 27 volte più probabilità di sviluppare autismo rispetto ai bambini che non hanno subìto questa prassi. Ciò significa un aumento di rischio del 2.700 per cento. I numeri non mentono.
È impressionante come il giornalista abbia trovato solo tre bambini con autismo fra gli Amish. Uno era adottato e vaccinato precedentemente, un altro era uno dei pochi bambini Amish vaccinati ed il terzo ha avuto una storia poco chiara di vaccinazioni. Quindi, tutt’al più, solo un bambino autistico rispetto ai 200 previsti (dalle statistiche nazionali americane). Le probabilità che questa sia pura coincidenza sono praticamente impossibili. A causa della loro credenza religiosa, la Comunità Amish non somministra ai loro bambini nessun vaccino. Naturalmente, molti di voi non possono scegliere un metodo così radicale. Tuttavia, se dovessimo scegliere un vaccino, vi consiglierei di guardare le numerose informazioni che Internet fornisce sul vaccino dell’epatite B. La versione multidose di questo vaccino, che è somministrato tipicamente ai neonati prima che lascino l’ospedale, contiene ancora thimerosal. Ciò è la massima espressione di negligenza e irresponsabilità. Il sistema nervoso centrale immaturo di questi neonati indifesi è particolarmente suscettibile agli insulti tossici del thimerosal, il conservante a base di mercurio usato in questo vaccino che è uno dei peggiori. Sarebbe molto più facile da capire se il vaccino dell’epatite B avesse un certo valore, ma la maggior parte degli esperti di medicina naturale che studiano questo settore, sono convinti che quasi sempre sia un vaccino assolutamente inutile.
Ci sono soltanto circa 1.800 persone all’anno che sviluppano cancro al fegato, la complicazione più grave dell’infezione da epatite B. Ciò significa che stiamo immunizzando quattro milioni di neonati, provocando danni cerebrali che hanno indotto un’epidemia di autismo per proteggere il cancro al fegato in 1.800 adulti. E, molti di questi adulti hanno problemi sociali seri come abuso di droga con iniezione, alcolismo e nutrizione scadente che aumenta seriamente il rischio per questa malattia. Se siete giovani genitori che valutano i pro e contro dei vaccini, vi invito fortemente a informarvi circa la tossicità del thimerosal, che è ancora presente nei vaccini multidose per l’epatite B e in quasi tutti i vaccini antinfluenzali per bambini.
CIBI ANTIZANZARE: COSA MANGIARE PER NON FARSI PUNGERE.
11-06-2020
Ogni estate è la stessa storia. Milioni di zanzare si mettono di impegno per rovinarci la vita…o almeno qualche nottata. Sul mercato troviamo di tutto, zampironi, spray chimici, prodotti che possono provocarci allergie e che alla resa dei conti sono nocivi per l’ambiente. Dalla natura però ci arriva sempre un grande aiuto, che non costa nulla e che non danneggia il nostro ecosistema. Le zanzare le possiamo battere a tavola, mangiando determinanti alimenti che fungono da “deterrenti” per questi “malefici” insetti. Vediamo quali sono.
POMPELMO
Mangiato al naturale o sotto forma di spremuta, sembra essere un potente alleato nella lotta contro le zanzare, perché contiene il nootkatone, una sostanza naturale dal forte potere insetticida.
AGLIO
Funziona come un repellente naturale contro le zanzare, grazie al suo principale principio attivo, l’allicina, una sostanza che viene eliminata anche attraverso il sudore, conferendo alla pelle un odore acre che sembra risultare particolarmente sgradito agli insetti. Una bruschetta al pomodoro, aromatizzata all’aglio, oltre a deliziare il palato avrebbe lo stesso effetto di una spruzzata di spray repellente.
PEPERONCINO
In Messico si consiglia di mangiare tanto peperoncino per gli odori che si rilasciano attraverso il sudore. Questo perché le vitamine del gruppo B (B1 e B6) e la vitamina C aiutano a scacciare le zanzare, grazie alla produzione di un particolare odore prodotto nel sudore. Alcuni cibi sono più ricchi di queste sostanze, e tra questi appunto il peperoncino.
LIEVITO DI BIRRA
Le pastiglie di lievito di birra risultano molto efficaci per vincere la nostra quotidiana battaglia estiva. Mangiamone un pò ogni giorno oppure, se prendiamo quelle a scaglie, grattugiamone un pò sulla nostra pasta, tipo parmigiano. Danno al sudore un odore particolarmente sgradito per le zanzare.
BASILICO, MENTA E LAVANDA
L’ideale in estate sarebbe condire i piatti il più possibile con delle spezie, e inoltre ornarli con queste, con bei ciuffi di basilico, citronella, lavanda, menta, aggiungendo anche un piattino con una mezza cipolla e qualche chiodo di garofano. Per un bel pò non avvertirete nessun ronzio sospetto.
PERE NERO
Secondo una ricerca realizzata dall’università delle Florida, grazie alle acilpiperidine, sostanze contenute in natura negli ingredienti attivi del pepe, lo rendono una spezia estremamente efficace nel tenere lontane le zanzare.
I CIBI IN SCATOLA CHE SAREBBE MEGLIO EVITARE.
11-06-2020
I cibi in scatola ci aiutano a risparmiare tempo in cucina. Ma quanto sono sicuri e quali sono le alternative? Spesso i cibi in scatola - con riferimento alle lattine - contengono conservanti, sale e talvolta anche zucchero come ingredienti aggiuntivi. Il processo di realizzazione dei cibi in scatola riduce il loro valore nutrizionale e può aumentare il rischio di esposizione al BPA e al nichel (a seconda della composizione dei contenitori). Il loro gusto non è sempre eccellente. Può capitare di consumare cibi in scatola di tanto in tanto ma sarebbe bene non farne un'abitudine. Il Breast Cancer Fund suggerisce di ridurre l'esposizione al BPA per limitare il rischio di cancro al seno evitando il consumo di cibi in scatola che siano acidi, salati e/o grassi, perché queste caratteristiche facilitano il rilascio di questa sostanza dal contenitore al contenuto.
FAGIOLI
I fagioli conservati in scatola potrebbero presentare un contenuto di sodio eccessivo. Quando consumate fagioli in scatola, ricordate di risciacquarli molto bene prima di riscaldarli o utilizzarli per le vostre preparazioni. Uno studio condotto dall'USDA Nutrient Data Laboratory ha rivelato che scolare e risciacquare i fagioli in scatola riduce il contenuto di sodio dal 9 al 23 per cento. L'alternativa migliore ai fagioli in scatola sono i fagioli (e in generale i legumi) secchi. Il loro costo è contenuto e una volta cotti triplicano il loro volume. I tempi di cottura sono piuttosto lunghi ma i legumi cotti si possono conservare in frigorifero per qualche giorno senza problemi conditi con un filo d'olio.
POMODORI PELATI
Pomodori pelati, salse di pomodoro e altre preparazioni a base di pomodoro conservate in scatola potrebbero causare rilascio di BPA nel cibo a causa del loro grado di acidità che entra a contatto con il materiale di cui i contenitori sono composti. Il BPA è stato correlato ad effetti neurologici, problemi nella riproduzione, obesità infantile e altre malattie. Meglio scegliere pomodori freschi e passata di pomodoro conservata in bottiglie di vetro.
ANANAS
L'ananas può contenere circa 20 mg di vitamina C per 100 grammi di alimento quando è fresco e crudo, ma quando viene conservato in scatola il contenuto di vitamina C scende a circa 5 mg ogni 100 grammi. Se volete gustare un ananas, meglio sceglierlo fresco, anche perché di solito l'ananas in scatola presenta zuccheri aggiunti e conservanti indesiderati oppure autoprodurre la propria frutta sciroppata in barattoli di vetro.
TONNO IN SCATOLA
Le aziende produttrici di tonno in scatola non attuano politiche di pesca sostenibile efficaci. La cattura dei tonni porta alla morte immotivata di altri animali marini. Il tonno in scatola sarebbe da evitare in gravidanza per via dell'alto contenuto di mercurio. Chi consuma tonno potrebbe scegliere in alternativa ai prodotti in scatola del tonno conservato in barattoli di vetro, oppure tonno fresco. Se siete alla ricerca di fonti di omega-3, le alternative principali al tonno e al pesce in generale sono olio di lino, semi di lino e noci.
CARNE IN SCATOLA
Chi consuma la carne e ne ama il gusto perché dovrebbe optare per un sottoprodotto ricco di conservanti e composto da ingredienti di origine non sempre certa? Senza contare che le carni lavorate e conservate sono tra gli alimenti maggiormente sotto accusa per quanto riguarda il rischio di patologie cardiocircolatorie, di ipertensione, di obesità e di gran parte delle malattie del "benessere".
ZUPPE
Abbiamo davvero bisogno di acquistare delle zuppe in scatola? Le zuppe fanno bene alla salute soprattutto se sono preparate con ingredienti di cui conosciamo la provenienza. Non sappiamo quale sia il valore nutrizionale reale delle zuppe in scatola, ma di sicuro potrebbero contenere sodio in eccesso e conservanti indesiderati. Meglio preparare un buon minestrone di verdure fresche, una zuppa di legumi secchi, scegliere un mix di cereali e legumi da cuocere in pentola o, al limite di tanto in tanto, un prodotto surgelato senza strani ingredienti aggiuntivi.
PISELLI
I piselli in scatola di solito hanno un sapore che non ha nulla a che vedere con i piselli freschi. Rispetto ai piselli in scatola, probabilmente la loro versione surgelata ha un gusto leggermente migliore. Dunque, quando i piselli freschi non sono di stagione o comunque non si trovano in vendita, meglio optare piuttosto per i piselli surgelati, dato che in ogni caso cuociono in fretta e non contengono sale, zuccheri e conservanti aggiunti a differenza dei prodotti in scatola.
ASTRAGALOSIDE IV: PANACEA DEL FUTURO?
11-06-2020
L'astragaloside IV è presente in quantità infinitesimale nella radice dell'astragalo (Astragalus membranaceus), una pianta che ha un ruolo particolarmente importante nella medicina tradizionale cinese. La radice di astragalo è prescritta da centinaia di anni come tonico e per curare una vasta gamma di malattie, per prevenire l'indebolimento dei malati e proteggere contro le infezioni. La radice di astragalo contiene, tra l'altro, una serie di sostanze denominati astragalosidi I-VII. L'Astragaloside IV è quello studiato più approfonditamente nei centri di ricerca in Cina e in Europa. Queste ricerche hanno indicato che l'estratto della radice di astragalo e l'astragaloside IV hanno proprietà:
• Immunostimolanti: la loro azione è esercitata per vie diverse, e in particolare:
- aumentando il numero di cellule staminali nel midollo spinale e nei tessuti linfatici e promuovendo il loro sviluppo in cellule immunitarie attive;
- stimolando la produzione di immunoglobuline e macrofagi;
- favorendo l'attivazione dei linfociti T e delle cellule killer naturali.
• Antinfiammatorie: questo effetto è stato dimostrato in alcuni modelli animali. Nei topi, è stata individuata la capacità dell'astragaloside IV di attenuare la progressione dell'infiammazione delle vie aeree nell'asma cronico.
• Antibatteriche: sono state dimostrate in vitro su Shigella dysenteriae, Streptococcus haemolyticus, Diplococcus pneumoniae e Staphylococcus aureus.
• Antivirali: inibiscono la riproduzione di alcuni virus come la coxsackie, responsabile delle miocarditi. Negli animali e nell'uomo, inducono la produzione endogena di interferone e potenziano la sua attività sulle infezioni virali.
• Antiossidanti: in vitro, l'astragalo ha inibito del 40% la perossidazione lipidica. Questa proprietà spiega in parte gli effetti cardioprotettivi e neuroprotettivi dell'astragalo e dell'astragaloside IV.
• Cardioprotettive: studi hanno evidenziato gli effetti benefici su pazienti affetti da insufficienza cardiaca congestizia o angina pectoris. Gli estratti di astragalo hanno un'attività cardiotonica.
• Neuroprotettive: la medicina tradizionale cinese utilizza l'estratto di radice di astragalo per trattare le malattie neurodegenerative. Uno studio ha dimostrato la capacità dell'astragaloside IV di proteggere i neuroni dopaminergici (la progressiva degenerazione dei neuroni dopaminergici è la causa dello sviluppo del morbo di Parkinson).
• Protettive contro la tossicità della chemioterapia: l'estratto di astragalo rafforza la resistenza agli effetti immunosoppressivi dei farmaci chemioterapici inducendo i macrofagi a produrre interleuchine 6 e fattori di necrosi tumorale.
• Inibitrici della formazione di AGE (prodotti finali della glicazione avanzata) coinvolti nelle complicanze neuropatiche del diabete.
L'astragaloside, grazie alle sue molte proprietà e in particolare alle sue capacità immunostimolanti, antinfiammatorie, antiossidanti e antiglicazione, è un integratore antinvecchiamento essenziale. Queste proprietà uniche sono dovute ad una capacità molto particolare dell'astragaloside: quella di attivare la telomerasi e quindi di rallentare l'accorciamento dei telomeri, allungando in questo modo la durata della vita cellulare. L'accorciamento dei telomeri è infatti collegato all'invecchiamento delle cellule e all'insorgenza di malattie che accompagnano l'invecchiamento. I telomeri più corti sono stati osservati negli ottantenni. Inoltre, nelle persone con età pari o superiore a 60 anni, la probabilità di morire di una malattia infettiva o un attacco cardiaco sembra essere molto più elevata tra quelle con i telomeri più corti. D'altra parte, alcuni studi hanno dimostrato che, stimolando la telomerasi, è possibile aumentare notevolmente la vita delle cellule.
LAVANDA E GINKGO BILOBA COMBATTONO IL MAL DI TESTA.
11-06-2020
Una ricerca, pubblicata sull'European Neurology, sostiene che potrebbe essere l'olio essenziale di lavanda a salvarci dalle emicranie. La ricerca, condotta dagli studiosi tedeschi dell'Università di Monaco e iraniani dell'Università di Mashhad, dimostra come l'essenza di lavanda possegga proprietà antiemicraniche con un effetto superiore al 71,3%: su 129 pazienti che l'hanno inalata per quindici minuti, 92 hanno risposto del tutto o in parte al trattamento, mentre tra i 68 che inalavano paraffina usata come confronto di controllo solo in 32 hanno presentato un effetto placebo.
Altro segreto si cela nel ginkgo biloba, una pianta già nota per le sue proprietà antinfiammatorie. In una indagine resa pubblica su Neurological Sciences, i ricercatori della Seconda Università di Napoli sostengono l'efficacia dell'estratto ginkgolide B nell'emicrania con aura nei bambini. Il ginkgolide agirebbe su due punti: innanzitutto, sarebbe in grado di controllare le crisi di mal di testa agendo sul fattore di attivazione piastrinica (in sigla PAF) che interviene nella cascata di eventi che portano all'eccitazione dei neuroni del sistema trigeminale, e che causa l'emicrania. In più, il ginkgolide agisce sul glutammato, un neurotrasmettitore del sistema nervoso centrale che causa la "spreading depression", ossia l'onda di depolarizzazione elettrica che attraversa il cervello quando arriva l'attacco di emicrania.
L’OLIO DI KRILL È UN’OTTIMA FONTE DI ACIDI GRASSI ESSENZIALI PER L’ORGANISMO.
11-06-2020
Krill è il termine generico dei piccoli gamberi presenti nelle acque fredde dell’Antartico, composti principalmente di acidi grassi omega-3 a lunga catena, come EPA e DHA, le cui virtù benefiche e pluripotenti sono già state dimostrate. Krill, in norvegese, significa “cibo per balena”, anche se è consumato da pinguini, foche, uccelli marini e salmoni. L’olio di krill e costituito principalmente da acidi grassi polinsaturi, EPA e DHA. Un grammo di olio di krill fornisce circa 150 mg di EPA e 90 mg di DHA, e partecipa cosi alle raccomandazioni alimentari internazionali relative a questi due acidi grassi a catena lunga, che sono dell’ordine di 500 mg al giorno. Tuttavia, ciò che distingue l’olio di krill dagli oli di pesce è il suo alto contenuto di antiossidanti e fosfolipidi. Questi composti rendono l’olio più stabile, conservano l’integrità dei fragili acidi grassi e migliorano la loro biodisponibilità. Infatti, sono i fosfolipidi (almeno il 40% nell’olio di krill), e solo loro, ad assicurare il trasporto degli acidi grassi a destinazione, cioè nelle membrane cellulari, e svolgono un ruolo essenziale nella protezione dei neuroni del cervello. Il valore ORAC dell’olio di krill e 378 unità per grammo, cioè approssimativamente quello del kiwi. Il principale antiossidante presente è l’astaxantina (1,5 mg/g), un composto della famiglia dei carotenoidi. L’astaxantina è un potente antiossidante specifico della vista e della pelle, entrambe sottoposte ai raggi UV del sole. E’ anche comunemente consigliato in casi di affaticamento della vista o degenerazione maculare senile, in quanto aumenta il flusso sanguigno nella retina e protegge i tessuti del cristallino dagli effetti dannosi dei radicali liberi.
PERCHE’ CONSUMARE OLIO DI KRILL?
- Per le sue azioni sull’infiammazione cronica: L’infiammazione cronica spiana la strada alle malattie “della civiltà”: malattie cardiovascolari, artrite ecc. Secondo numerosi studi, l’olio di krill riduce l’infiammazione del cuore e del sistema vascolare. Nel valutare le indicazioni sulla salute, l’EFSA l’ha anche riconosciuto come sostanza protettiva contro il rischio di malattie cardiovascolari. È quindi utile dopo un infarto del miocardio o semplicemente per prevenire il rischio cardiovascolare associato all’infiammazione cronica. La seconda componente dell’infiammazione cronica è il suo impatto diretto sulle articolazioni, in particolare sui sintomi di artrite e poliartrite reumatoide. L’assunzione di krill per un mese consente di ridurre del 30% il tasso di proteina C-reattiva (PCR), un marker fisiologico dei processi infiammatori. Quindi, assunto per alcune settimane, l’olio di krill riduce il dolore e la rigidità delle articolazioni artritiche e consente una riduzione del consumo di farmaci antiinfiammatori.
- Per combattere ipertrigliceridemia e ipercolesterolemia: Secondo i risultati di uno studio, l’olio di krill avrebbe la capacità di sopprimere nei ratti la steatosi epatica (fegato grasso) indotta da un eccessivo consumo di grassi cattivi. Inoltre, secondo altre ricerche, il suo uso per tre mesi può ridurre significativamente il colesterolo LDL (meno 18%) e i trigliceridi (meno 27%) con un’assunzione di 2-3 g al giorno. Questi risultati dimostrano chiaramente i benefici dell’olio di krill sull’accumulo di grasso nel corpo e sulla riduzione delle ricadute e del rischio di morte dopo infarto miocardico.
- Per alleviare la sindrome premestruale: Durante un test effettuato su 70 donne in Quebec, i ricercatori hanno scoperto che l’uso quotidiano di olio di krill ha migliorato significativamente i sintomi premestruali e il dolore durante le mestruazioni (dismenorrea), con un’assunzione di 2 g al giorno.
- Per il suo effetto benefico sul piano emozionale: I ricercatori hanno previsto l’uso di olio di krill nel trattamento di alcuni disturbi mentali (depressione, disturbo bipolare ecc.). Questi effetti benefici sulle manifestazioni emotive sono state collegate ai fosfolipidi, che permetterebbero agli omega-3 di attraversare la barriera naturale che impedisce normalmente loro di entrare nei neuroni del sistema nervoso centrale. Tuttavia, per ampliare e consolidare questi risultati, sono necessari studi ulteriori.
PUNTURE DI VESPA: 10 RIMEDI NATURALI.
11-06-2020
Cosa fare in caso di punture di vespa? Innanzitutto, è necessario verificare che il pungiglione non sia presente. Altrimenti, dovrete rimuoverlo con delicatezza, utilizzando un ago sterilizzato o una pinzetta. Eliminare il pungiglione è fondamentale per evitare un ulteriore rilascio di veleno. Solo a questo punto potrete applicare uno dei rimedi naturali che vi suggeriamo per alleviare rossore, gonfiore e dolore. Se siete allergici o si manifesta una reazione mai avuta in precedenza, si consiglia di andare immediatamente al pronto soccorso, soprattutto in presenza di sintomi gravi e generalizzati come difficoltà a respirare o senso di mancamento. Se, invece si manifesta una reazione locale estesa, si consiglia di recarsi dal medico curante. Nei casi meno gravi, invece, questi rimedi naturali possono essere d'aiuto per placare il fastidio.
1. BICARBONATO DI SODIO
Il bicarbonato di sodio è un rimedio multiuso, utile anche per le punture di vespa. Dovrete mescolarne un cucchiaino con un pò d'acqua fino ad ottenere un composto dalla consistenza spalmabile. Applicatelo sulla puntura per alcuni minuti, prima di risciacquare con acqua fredda.
2. GHIACCIO
Applicate sulla puntura di vespa una borsa del ghiaccio e lasciatela agire per 20 minuti. Il ghiaccio aiuterà ad alleviare il dolore e a ridurre il gonfiore. Se utilizzate dei cubetti di ghiaccio, avvolgeteli con un fazzoletto o con un asciugamano sottile.
3. ACETO
L'aceto è un rimedio naturale molto utile per le punture di vespa. La sua applicazione sulla zona colpita neutralizza il veleno. Imbevete di aceto un fazzolettino o un batuffolo di cotone e applicatelo sulla pelle. E' possibile versare un paio di gocce d'aceto anche direttamente sulla puntura.
4. LIMONE
Applicare una fettina di limone sulle punture di vespa neutralizza il veleno e contribuisce ad alleviare il dolore e il gonfiore. Potrete utilizzare anche del succo di limone. Applicatene alcune gocce direttamente sulla puntura, oppure su di un fazzolettino di cotone, che appoggerete con delicatezza sulla pelle.
5. CIPOLLA
La cipolla è un rimedio naturale dalle spiccate proprietà medicinali, utilissimo per le punture di vespa. Vi basterà affettare una cipolla, o dividerla a metà, e applicarla sulla zona arrossata fino a quando i fastidi non saranno scomparsi.
6. AGLIO
Un altro ottimo rimedio naturale è l'aglio. Vi basterà tritarne finemente uno o due spicchi. Applicate l'aglio sminuzzato sulla puntura di vespa e lasciate agire fino alla scomparsa di dolore e rossore. Potrete avvolgere la zona interessata con un fazzoletto.
7. BASILICO
Il basilico è ricco di oli essenziali benefici, che ci aiutano ad alleviare il fastidio causato dalle punture di vespa. Non vi resterà che tritare finemente una o due foglie di basilico fresco, in modo che rilascino le loro sostanze preziose. Applicatele sulla pelle e lasciate agire il più a lungo possibile.
8. PATATE
Le fettine o le bucce di patata sono un rimedio naturale utilizzato soprattutto per le scottature solari. Risultano però molto utili anche nel caso delle punture di vespa. Il loro contenuto di amido lenisce la pelle arrossata e irritata. Applicatele sulla pelle con delicatezza e senza strofinare.
9. ALOE
Il gel d'aloe è uno dei migliori sostituti delle comuni pomate dopo-puntura. Potrete estrarre il gel d'aloe direttamente dalle foglie della pianta o acquistare il prodotto già pronto in erboristeria. Basterà applicarne una piccola quantità sulla puntura per ottenere un immediato effetto lenitivo.
10. MELISSA
La melissa è una pianta officinale dalle spiccate proprietà calmanti e lenitive. In caso di punture di vespa, potrete applicare sulla pelle una o due foglie fresche di melissa, dopo averle tritate. Potrete inoltre preparare un normale infuso, con due cucchiaini di melissa essiccata per tazza (o con una bustina di tisana). Applicate l'infuso freddo sulla puntura di vespa con un batuffolo di cotone o con un fazzolettino.
LO ZINCO CONTRASTA IL RAFFREDDORE.
04-06-2020
Per quanto riguarda i singoli aspetti del raffreddore, lo zinco sembra ridurre del 34 per cento la durata del naso che cola, del 37 la congestione nasale, del 33 la gola irritata, del 46 la tosse, del 22 gli starnuti e infine del 54 per cento i dolori muscolari. A schematizzare tali effetti ci ha pensato uno studio dell'Università di Helsinki pubblicato su BMC Family Practice. La ricerca ha analizzato tre studi randomizzati che hanno esaminato la durata dei diversi sintomi respiratori e sistemici. Intanto, un gruppo di studiosi australiani mette in discussione la tesi secondo la quale è opportuno assumere molti liquidi quando si ha un comune raffreddore, febbre o bronchite. Quello di bere molto è uno dei consigli tradizionali dei medici per i loro pazienti in caso di malattie da raffreddamento, dettato dall'idea che occorra sostituire l'acqua persa dal corpo con la febbre, per compensare la minore assunzione di liquidi dovuta alla ridotta alimentazione e contribuire a diluire le mucose. I medici dell’University of Queensland, in Australia, la pensano diversamente e ritengono, anzi, che un'eccessiva assunzione di liquidi possa essere dannosa, mentre i supposti benefici sono soltanto teorici. In un articolo pubblicato sul British Medical Journal i medici sostengono che, sulla base dell’esperienza avuta trattando pazienti con infezioni respiratorie, è stato osservato che il corpo rilascia grandi quantità di un ormone che è in grado di conservare l’acqua. I medici suggeriscono che consumare acqua più del necessario potrebbe portare ad un sovraccarico di liquidi e alla successiva perdita dei sali di cui il corpo ha bisogno. I medici australiani fanno notare che non sono riusciti a trovare uno studio che dimostri l’utilità derivante da un’elevata assunzione di liquidi durante le malattie respiratorie. Essi sottolineano tuttavia che il loro articolo non vuole essere un suggerimento nei confronti dei pazienti a bere meno acqua, almeno fino al momento in cui ricerche scientifiche non abbiano confermato la loro tesi con certezza.
https://bmcfampract.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12875-015-0237-6